Dunque…
 The Soft Cavalry. Che cos’è? Un felice incidente? Una storia di amanti?
 Un crisi di fede? In realtà, si tratta di tutte queste cose.
Per
 Steve Clarke, l’album di debutto omonimo di The Soft Cavalry è 
ugualmente un’opera d’amore e il primo disco che lui ha ideato 
dall’inizio alla fine, coi contributi inestimabili della moglie Rachel 
Goswell degli Slowdive, voce e guida spirituale/pratica, e il fratello 
di Steve, Michael, che ha prodotto il disco.
La
 musica della band è di stampo particolarmente British e come un intenso
 dramma cinematografico. Melodico e senza tempo, l’album viaggia nelle 
dimensioni atmosferiche tra Pink Floyd, Talk Talk e REM. Un disco da cui
 irradia la crisi di mezza età ma anche un’enorme euforia; una spirale 
di paura e speranza, che si strugge per una risoluzione. Un disco che 
Steve, come sottolinea egli stesso, aveva “bisogno” di fare.
L’album
 è anche un modo per riscrivere la storia di un uomo e la prova che 
anche se non si è troppo giovani (Steve aveva quasi quarant’anni) è 
possibile realizzare i propri sogni.
Nel
 2014, Steve era completamente bloccato. Divorziato dal 2011, i tre anni
 intercorsi furono una “nebbia”, come ammette lui stesso. Sin dalla fine
 degli anni Novanta aveva suonato il basso e cantato come seconda voce 
in gruppi e come session man, mentre lavorava anche come tour manager. I
 suoi nuovi assegnatari furono gli appena riformati Slowdive.
“Stavo
 smaltendo i postumi di una sbornia nel retro del mio furgone e cercando
 di capire come poter fare entrare tutta l’attrezzatura del gruppo in 
questo spazio ristretto, perché c’era ancora tutta la mia roba 
proveniente dal concerto che avevo fatto la sera prima a Londra,” 
ricorda. “Il secondo di due sold-out all’Hammersmith Apollo con David 
Brent!”
Quello
 fu il giorno in cui Steve fu presentato a Rachel… Un anno dopo, 
vivevano assieme a Devon, prima di sposarsi nel 2018. Rachel non solo 
“mise il mio mondo sottosopra” fornì involontariamente “il 
catalizzatore” per The Soft Cavalry. “Avevo sempre avuto idee ma non 
avevo mai pensato che qualsiasi cosa avessi da dire fosse degna 
dell’attenzione di qualcuno,” dice. “Vorrei aver fatto tutto questo 
quindici anni fa ma la verità è che semplicemente non avrei potuto. Non 
sono uno che si crogiola troppo.”
The Soft Cavalry
 è un esercizio di terapia creativa e personale. Le prime canzoni 
scritte da Steve per l’album erano meno sulla confusione che su eulogie 
ispirate da Rachel su destino, amore e nuovi inizi: “Passerby” (“Waters 
break and we are born restlessly into the arms of this unknown”), con la
 splendida voce di Rachel a sottolineare l’arrangiamento etero molto 
vicino agli Slowdive (“strand of woven thread / Could be the start of 
something beautiful?”), una ballata da brividi. Ma mentre Steve si 
apriva, il passato cominciava a filtrare: anni di frustrazione, ansia e 
confusione.
Se
 l’album ha un tema, riconosce Steve, “si tratta di guarigione contro 
nuovi dubbi. Io sto lì, nel mezzo. La parola che continuava a tornare a 
me era ‘resilienza’. Con la mentalità giusta e le giuste persone 
attorno, in special modo la famiglia, possiamo farcela e trovare un 
nuovo livello di speranza.”
The Soft Cavalry
 divenne una specie di conversazione, persino una terapia di coppia. 
“Steve,” dice Rachel, “scrive sempre, la sua testa è sempre piena di 
parole.” “Rachel,” dice Steve, “tiene la briglia quando divento 
ossessionato. È un buon editor. Dice che le mie canzoni possono 
funzionare anche con meno parole, che lasciare un po’ di spazio è OK”.
Mentre
 Steve assemblava le canzoni, i suoi amici – il tastierista Jesse 
Chandler (Mercury Rev, Midlake), il chitarrista Tom Livermore, il 
batterista Stuart Wilkinson e il polistrumentista/produttore Michael – 
contribuivano a plasmare le sonorità mozzafiato del disco. Dice Steve: 
“Sono cresciuto in guitar bands e non volevo che fosse un disco 
eccessivamente chitarristico. Abbiamo provato nuove idee. Abbiamo 
costruito le musiche, poi le abbiamo spogliate e costruite di nuovo.”
Durante
 la lavorazione dell’album, Rachel forma i Minor Victories nel 2016, 
durante una pausa degli Slowdive, insieme a membri degli Editors e dei 
Mogwai, per un album omonimo; a questo progetto contribuì anche Steve. 
Dopo che lui e Rachel terminarono l’album, Steve trovò un titolo, così 
dal nulla: The Soft Cavalry. “Non posso spiegare il suo significato 
letterale,” dice. “Semplicemente aveva senso.” La cavalleria potrebbe 
essere la stessa Rachel? “Forse! Sarebbe qualcosa di inconscio, ma anche
 questo avrebbe senso, stranamente.”
E
 dunque, questo felice incidente, storia d’amore, crisi di fiducia, e 
terapia - è destinato a continuare. Steve ha già scritto la prossima 
puntata dal titolo The Lost Decade. Il perduto contro il ritrovato. 
Recupero contro insicurezza. The Soft Cavalry sono arrivati.
Blackswan, venerdì 03/05/2019 

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