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giovedì 13 febbraio 2020

GREEN DAY - FATHER OF ALL MOTHERFUCKERS (Reprise.2020)

Basta un solo, fugace ascolto di Father Of All Motherfuckers, per rendersi conto che siamo di fronte a un disco dannatamente buono. I Green Day sono tornati con un lavoro inusuale, spiazzante, se vogliamo, e di gran lunga migliore del precedente, innocuo e prevedibile, Revolution Radio (2016).
Un disco che forse non farà impazzire i fan duri e puri dei Green Day, ma che probabilmente piacerà a quanti, come il sottoscritto, non hanno mai amato particolarmente il gruppo capitanato da Billie Joe Armstrong. Siamo ben lontani dalla grandeur di American Idiot e 21 Century Breakdown e dalla fiacca riproposizioni di stilemi ormai frusti, come avveniva nel capitolo precedente.
Father Of All Motherfuckers è semmai imparentato al progetto parallelo Foxboro Hot Tubs e a quel Stop Drop And Roll!!!, che nel 2007 portò i Green Day in incognito a scalare le classifiche di mezzo mondo.
Si potrebbe parlare di un disco minore, perchè privo delle consuete hit e di quel messaggio politico, che da sempre Armstrong veicola attraverso le sue liriche, se non fosse che in questo caso l’ispirazione è davvero alta e la voglia di divertirsi è fisicamente palpabile. La scaletta è rapidissima: poco meno di mezz’ora per dieci canzoni che non superano i tre minuti di lunghezza. Un disco breve e per questo estremamente efficace, che tira fuori il meglio di un gruppo che ha solo voglia di far casino, pompare decibel e divertirsi.
Inusuale, dicevamo, perché il trio abbandona la strada del pop punk melodico a facilissima presa, e intraprende, invece, quella di un punk’n’roll con vista garage, scalpitante e rumoroso. Se è vero che manca la super hit da mandare a memoria e cantare a squarciagola ai prossimi concerti, è altrettanto vero che in questo caso si apprezza la coerenza di una scaletta senza filler e il tiro assassino di canzoni costruite su riff grezzi, coretti in falsetto, handclapping, ed echi sixties.
Una corsa a perdifiato che comincia con il furore selvaggio della title track (brano che figurerebbe meravigliosamente in un disco degli Hellacopters), e che prosegue con un filotto irresistibile di piccoli gioielli: il r’n’b festaiolo di Meet Me On The Roof, il garage rock cialtrone di Fire, Ready, Aim, il graffio punk di Sugar Youth su tutte.
Se cercavate la prova che i Green Day godono ancora di ottima salute, con Father Of All Motherfuckers l’avete trovata. Non un disco epocale, ovviamente, ma un lavoro finalmente ispirato, tutto muscoli, sudore e rock’n’roll.

VOTO: 7,5





Blackswan, giovedì 13/02/2020

1 commento:

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