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venerdì 25 settembre 2020

BIFFY CLYRO - A CELEBRATION OF ENDINGS (14th Floor/Warner, 2020)

 


 

La storia dei Biffy Clyro è quella di una band che non è quasi mia riuscita a esprimere al meglio il proprio potenziale. Se da un lato, infatti, sono innegabili l’appeal commerciale del gruppo capitanato da Simon Neil (quanto meno in patria e in terra d’Albione) e la straordinaria potenza live del terzetto, è altrettanto innegabile che la discografia dei Biffy Clyro sia povera di lasciti memorabili. Si si eccettuano Puzzle (2007) e Only Revolutions (2009), non ricordo altri dischi che si distinguano per caratura artistica. D’altra parte, non stiamo parlando di una band, la cui musica è destinata a cambiare le sorti della storia; tuttavia, quando il meccanismo è oliato a dovere, Simon Neil è capace di canzoni divertenti e di vibrante intensità.

E’ quello che succede in questo A Celebration Of Endings, ultimo lavoro della band, che arriva a quattro dal precedente (e deludente) Ellipsis (2016). Le traiettorie su cui si muove la scrittura di Neil sono sempre le stesse: impeto rock, ritmiche battenti e melodie a presa immediata, un tocco di alternative e due tocchi di mainstream. Se talvolta il piatto della casa era risultato un po' sciapo o stracotto, in questa nuova fatica le cose funzionano (prevalentemente) bene, la scrittura è fluida e la messa in opera convinta e pimpante.

Certo, il taglio, prevalentemente radiofonico, a volte, toglie un po' di freschezza alle composizioni, e certi arrangiamenti appesantiscono canzoni che altrimenti potrebbero trovare forme espressive più dirette ed efficaci. Per dire: un singolo come Space possiede una discreta melodia ma l’allestimento, così gonfio d’archi e di suoni artefatti, finisce per imbolsire la canzone e trasmette quell’abboccato dolciastro che può mettere a repentaglio il lavoro del vostro dentista, così come l’esuberanza innodica di un brano come Tiny Indoor Fireworks suona fin troppo grossolana e adolescenziale.

Insomma, difetti ce ne sono e sono ricorrenti; qui, però, non mancano anche i pregi, che in un bilancio complessivo han di gran lunga maggior peso. L’iniziale North Of No South è un gioiellino per equilibrio strutturale e melodia, irresistibile e non prevedibile, The Pink Limit è una randellata ben assestata, incalzante e vibrante, The Champ allinea potenza muscolare e deliziosi coretti, e la conclusiva Cop Syrup stritola in una morsa noise un malinconico crescendo orchestrale dagli esiti quasi prog.

I dischi “importanti” sono altri, certo; A celebration Of Endings, tuttavia, ha il merito di divertire con leggerezza e suggerire reiterati ascolti, sempre, tutti, piacevoli. A volte, può bastare così.

VOTO: 7

 


 

 

Blackswan, venerdì 25/09/2020

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