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lunedì 15 febbraio 2021

RUSSIANS - STING (A&M, 1985)

 


Chiusa l’avventura Police, Sting ritorna in scena dalla porta principale, pubblicando un disco d’esordio, The Dream Of The Blue Turtle, da molti considerato anche il vertice di quella che sarà una lunga e ricca carriera solista. Affiancato dal gotha del new jazz afroamericano (Brandford Marsalis, Kenny Kirkland, Darryl Jones, Omar Hakim), il cantante e bassista inglese inanella un filotto di canzoni che piace a tutti: ai nostalgici dei Police, che ritrovano uno dei loro beniamini in perfetta forma, al grande pubblico, ammaliato da melodie irresistibili (il R&B elettrico del tormentone If You Love Somebody, Set Them Free) e alla critica, affascinata dal nuovo corso che fotografa un artista al top per classe, ispirazione e competenza strumentale.

Un disco sorprendente e convincente, che oltre alla citata hit, sfoggia prelibatezze reggae (Love Is The Seventh Wave), ballatone notturne in stile New Orleans (Moon Over Bourbon Street), scorribande “poliziesche” in sgargianti abiti jazzy, e persino una nuova Wrapped Around Your Fingers (la suntuosa Fortress Around Your Heart).

In questo repertorio di canzoni scintillanti, spunta anche il pop sinfonico di Russians, quarto singolo estratto dall’album e brano destinato ad accendere qualche polemica. La canzone, scritta da Sting, ispirandosi a un’aria di Sergej Sergeevic Prokof’ev (Lieutenant Kije Suite, Op. 60) affronta, infatti, il tema scottante dei rapporti fra Russia e Stati Uniti, in un momento assai particolare, quando cioè Gorbacev divenne Segretario Generale del PCUS e si stava preparando quel percorso che portò, dopo qualche anno, alla dissoluzione dell’Unione Sovietica.

Russians, a voler azzardare una definizione, è una sorta di colonna sonora della glasnost e della perestrojka, una partitura orchestrale in chiave pop che suggerisce un percorso di distensione e pacificazione. Sting resta equidistante e non si schiera ("there's no monopoly on common sense / On either side of the political fence" - "non c'è monopolio sul buon senso / da entrambi i lati della barricata politica"), ma fotografa molto bene l’insensatezza di una situazione politica (e di una ingiustificata percezione del popolo russo) che avrebbe potuto innescare addirittura la tanto temuta guerra nucleare (“In Europe and America there's a growing feeling of hysteria”).

I riferimenti al conflitto atomico sono espliciti: il brano si apre, infatti, con il ticchettio di un orologio (l’orologio dell’apocalisse), che incombe minaccioso come il timer di una bomba, e dall’esplicitazione di considerazioni apertamente pacifiste ("there's no such thing as a winnable war / It's a lie we don't believe anymore" - "non esistono guerre che possono essere vinte / è una bugia a cui non crediamo più").

Una canzone “pensante”, dunque, che ha una svolta improvvisa con lo splendido verso: “Believe me when I say to you, I hope the Russians love their children too, We share the same biology, regardless of ideology, But what might save us, me and you, Is if the Russians love their children too”. La prospettiva cambia, non è più solo una riflessione politica, perché il baricentro della narrazione si sposta sull’uomo e sulla sua umanità: non c’è differenza fra il mondo occidentale e la Russia, siamo biologicamente identici, ma soprattutto anche i russi amano i loro bambini. E chi è quel folle che metterebbe a repentaglio la vita dei propri figli?

La canzone, oltre a un notevole successo commerciale, innescò, come detto, anche una polemica al vetriolo tra Sting e il nostro Antonello Venditti, che trovava il testo del brano assai superficiale e qualunquista. Il cantautore romano (che sbertucciò l’ex Police nella sua Rocky, Rambo e Sting, contenuta in Venditti e Segreti del 1986) definì gli intenti pacifisti della canzone come “la pace degli slogan” e criticò Sting per una lettura filoamericana della questione politica, suggerendo come titolo alternativo al brano “Americans”. La risposta del songwriter inglese non si fece, comunque, attendere: “Non so quanto questo signor Venditti abbia capito di 'Russian', che è una canzone ambigua e ironica al tempo stesso. La mia impressione è che lui abbia una conoscenza della lingua inglese pari a quella di un bambino di cinque anni: e allora il mio consiglio spassionato è che ritorni a scuola al più presto e che impari le lingue”.

Alla faccia del pacifismo.

 


 

 

Blackswan, lunedì 15/02/2021

3 commenti:

  1. L'album lo avevo comprato ed era molto bello, ma secondo me sul punto specifico aveva ragione Venditti.

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  2. Credo di si, anche se forse gli intenti di Sting erano onesti.

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  3. Mi lasciavano perplesso le formule dubitative nel testo.
    I hope the Russians, if the Russians.
    Come dire che gli occidentali sicuramente amano i loro figli, i russi forse, speriamo di sì così stiamo tranquilli tutti.
    Sting non era stato proprio equidistante, Venditti lo ha sgamato e lui ha fatto la popstar isterica.

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