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lunedì 27 maggio 2024

Vampire Weekend - Only God Was Above Us (Columbia, 2024)

 


L’omonimo esordio datato 2008 e il successivo Contra (2010) attirarono sui newyorkesi Vampire Weekend un turbinoso polverone mediatico e il plauso di critica e pubblico, che vedevano in quelle, apparentemente innocue canzonette, l’essenza di un suono indie caratterizzato da un surplus di freschezza e da idee melodiche da capogiro.

La band, in seguito, si è mantenuta su livelli ottimi (dischi d’oro, Grammy, posizioni alte in classifica), ma quell’uno due da ko ha creato continue aspettative ed è anche stato il pungolo per uscire dalla fruttuosa comfort zone. Non è quindi un caso che il pop sbarazzino dei primi due album e l’immagine di vivaci universitari laureatisi con una tesi su Graceland di Paul Simon siano ornai quasi un retaggio del passato, un ricordo di una band che si è evoluta e che oggi possiede caratteristiche molto diverse.  

Only God Was Above Us, il loro primo album in quasi cinque anni e il secondo nell'ultimo decennio, vede, infatti, i Vampire Weekend riadattare il proprio pedigree musicale per creare un suono più vario e ancora più eclettico. Un suono che oggi è un'insolita fusione di grandeur barocca, pop zuccherino e una certa urgenza punk, mai esibita in modo diretto, ma fremente semmai sottotraccia.

Ad ascoltare l’iniziale "Ice Cream Piano", cartina di tornasole per quello che seguirà, tutto questo è immediatamente chiaro: un quartetto d'archi suona come contrappunto a una chitarra stridente e comicamente distorta, tra arrangiamenti bizzarri e una melodia cristallina. Una canzone che suona ancora famigliare, e che ci fa capire che questi sono i Vampire Weekend.

Eppure, qualcosa è decisamente cambiato: la band è diventata sempre più la creatura del cantautore-chitarrista Ezra Koenig (soprattutto da quando il cofondatore Rostam Batmanglij se n'è andato nel 2016), e le canzoni sono tutte costruite attorno alle sue melodie appiccicose e di facile presa e alla sua voce ingannevolmente lamentosa. Anche il contesto è cambiato. Laddove il precedente Father of the Bride (2018) si estendeva su 18 brani per circa un'ora di durata, Only God Was Above Us è più breve (solo dieci canzoni) e più serrato.

La collaborazione tra Koenig e il suo coproduttore Ariel Rechtshaid (Haim, Adele, Solange, Madonna, Charli XCX), che si è sviluppata negli ultimi tre album della band, ha prodotto evidenti cambiamenti in termini di complessità espositiva e sofisticatezza, e quel mood sbarazzino degli esordi, che ha fatto un paio di apparizioni in Father of the Bride, qui non si trova da nessuna parte. Inoltre, se le canzoni di quell’album erano in gran parte basate sulla chitarra, sembra che Koenig abbia trascorso gran parte della pandemia ad affinare il suo modo di suonare il pianoforte, strumento che appare predominante in molti brani di questo nuovo lavoro.

Only God Was Above Us è in definitiva un disco dei Vampire Weekend diventati adulti: è divertente, vario, bizzarro, tracima di euforia e idee melodiche di ampio respiro, ma è al contempo più ragionato, più elegante e limato con intelligenza e certosina pazienza. L’ascolto ripetuto fa emergere sempre nuovi particolari goduriosi, ed è come muoversi in un giardino botanico che, a ogni angolo, riserva continue sorprese: colori accessi, forme inaspettate e seducenti profumi (la sezione fiati in "Surfer", i cori inquietanti di "Mary Boone", le orchestrazioni della conclusiva "Hope").

Ciò che, però, soprattutto, conta in questo bellissimo spettacolo sono il raffinato senso della melodia e la voce distintiva e versatile di Koenig, uno che conosce la sua arte e ama il suo mestiere, e sa perfettamente quando lasciare sospesa una linea e quando abbellirla con un'armonia o un controcanto giocoso. E se a volte tutto sembra un po’ troppo intelligente e sofisticato, poco importa: basta lasciarsi andare all’ascolto usando il cuore e non la testa. Vi divertirete.

Voto: 7,5

Genere: Indie Pop, Indie Rock 




Blackswan, lunedì 27/05/2024

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