Dopo un disco più sperimentale come Tusk e il successo commerciale di Bella Donna (1981), primo album solista della cantante Stevie Nicks, i Fleetwood Mac, guidati dal produttore Ken Caillat, se ne vanno in Francia, per registrare presso gli studi Le Château di Hérouville, quello che sarà il loro tredicesimo album in studio. L’idea è di rinverdire i fasti commerciali di Rumours (1977), percorrendone le stesse coordinate sonore, ed evitando l’approccio più cerebrale e complesso del disco precedente. Il livello di ispirazione non è più lo stesso, però, e Nicks e Buckingham vivono apertamente una rivalità, anche artistica, che li porta spesso a litigare e a fare i capricci come bambini viziati, perché negli studi, dove soggiornano, viene servito cibo che ritengono inadeguato e manca la televisione.
In questo clima non proprio idilliaco, viene concepito Mirage,
un disco meno centrato dei due predecessori, ma capace comunque di
lanciare sul mercato un filotto di singoli ("Hold Me", "Gipsy", "Oh
Diane", "Love In Store" e "Can’t Go Back") che fanno dell’album il
quarto multi platino consecutivo della band e il loro terzo numero uno
negli States, non raggiungendo, tuttavia, gli stessi risultati in
Inghilterra, dove mancano la prima piazza, arrestandosi alla quinta
posizione.
Nel settembre 1982, a supporto di Mirage, i Fleetwood Mac intrapresero un tour di trentuno date attraverso diverse città degli Stati Uniti, tra cui due (entrambe sold out) al Forum di Los Angeles (21 e 22 ottobre), le cui migliori esecuzioni sono racchiuse in questo live per creare un’unica, e riuscitissima, esperienza di concerto.
Questa collezione live, composta da ventidue tracce, presenta sei registrazioni inedite dello spettacolo del 21 ottobre 1982, tra cui classici come "Landslide", "Don't Stop" e "Never Going Back Again". Le altre canzoni sono state registrate durante lo spettacolo del 22 ottobre e sono apparse in varie uscite nel corso degli anni, tra cui Live Super Deluxe Edition (2021), Mirage Super Deluxe Edition (2016) e il video del concerto del 1983 Mirage Live.
Se in studio la convivenza tra i cinque era spesso burrascosa, è altrettanto vero che la band dal vivo viaggia ad altezze vertiginose. Erano anni in cui Mick Fleetwood, John McVie, Christine McVie, Lindsey Buckingham e Stevie Nicks vivevano all'apice della loro potenza collettiva, e in questo live è del tutto evidente la carica travolgente dei Fleetwood Mac nell’affrontare vecchi e nuovi successi.
Il disco inizia con un filotto di canzoni da far girare la testa: "Second Hands News", una scorbutica e ringhiante "The Chain", l’innodica "Don’t Stop" e l’oscura e sensuale "Dreams", in cui la Nicks dà vita alla consueta prova vocale da brividi.
La successiva "Oh Well" è un omaggio ai Fleetwood Mac di Peter Green, e i quattro minuti della canzone sono interpretati con una furia elettrica dagli effluvi acidi che lascia senza fiato. E non è da meno "Rhiannon", spogliata di ogni delicatezza pop e resa in una versione ruvida, graffiante, in cui la Nicks strattona il testo con un’interpretazione in crescendo roca e collerica, che trova perfetto contrappunto nella chitarra acuminata di Buckingham.
Splendide anche la malinconica "Brown Eyes" da Tusk, che vede la McVie sugli scudi, i due gioiellini melodici tratti dal nuovo Mirage ("Gipsy" e "Love In Store") e una torrenziale "Not That Funny" (da Tusk), rock acido e metropolitano, chiuso da una lunga coda strumentale.
Non è da meno il secondo disco, che si apre con l’allegrezza acustica di "Never Going Back Again" e con un gioiello senza tempo come "Landslide", cantata dalla Nicks con un’intensità che sbriciola il cuore. Non posso mancare, ovviamente, hit come la delicata "Sara", la travolgente "Go Your Own Way", una chilometrica e sferragliante "Sisters of The Moon" (ennesima, intensa interpretazione della Nicks) e la chiosa, lasciata come di consueto, ai tre minuti struggenti di "Songbird", immenso lascito della compianta Christine McVie.
Mirage Tour 1982 è l’ennesimo live dei Fleetwood Mac che merita di essere inserito fra le cose migliori della band, e che, come era successo con il precedente Rumours Live (2023), svela l’anima rock di una band che in quegli anni, dal vivo, era una vera e propria macchina da guerra. Sono in tal senso chiarissime le note di copertina del giornalista musicale Bill DeMain che definisce la raccolta "un ascolto avvincente e il ricordo di un'epoca in cui gli spettacoli rock erano piattaforme per espandere e reinventare canzoni per il palco, per lasciarle respirare, per scatenare lati diversi e più selvaggi di una band".
Voto: 8
Genere: Live, Rock, Pop
Blackswan, martedì 07/01/2025