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venerdì 18 marzo 2011

Il tempo del massacro

Ieri sera su La 7 D ho rivisto per la trecentesima volta Novecento, di Bernardo Bertolucci.
Era l'atto secondo, quello che si svolge durante la parabola discendente del regime fascista.
Ho ritrovato intatta la potenza lugubre della scena in cui il capo dei fascisti, Attila Melanchini (un superbo Donald Sutherland) si vendica di un affronto fattogli dai contadini e li porta all'interno di un recinto per il bestiame, accompagnato dai suoi sgherri, per poi freddarli uno per uno a colpi di pistola.
La scena di questi uomini e donne, che fischiettano Bandiera Rossa e si fanno beffe del boia mentre lui spara, vestito di nero sotto la pioggia battente e con gli occhi allucinati, ancora oggi mi mette i brividi.
In tutte le guerre, militari e ancor più civili, c'è sempre stata ampia presenza della categoria dei macellai, cioè quei figuri che godono del sangue, della carne pesta e delle anime piegate e piagate.
Ho la netta sensazione che in Libia questa mostruosità stia per fare sfoggio di sè.
Fino a qualche giorno fa Gheddafi diceva che non avrebbe infierito, e che non avrebbe precluso ai rivoltosi la via di fuga verso l'Egitto, dove loro stessi avevano detto di volersi dirigere in caso di sconfitta.
Oggi, alla vigilia dell'attacco finale, dice che non avrà pietà.
Nello scenario nordafricano, già aspro di suo, è fin troppo facile prevedere che cosa succederà.
Stendiamo un velo pietoso sulle poderose risoluzioni dell'ONU, che decreta la no-fly zone quando i territori tuttora in mano ai ribelli sono già a tiro di artiglieria delle truppe governative.
Ciò che conta è che Attila Melanchini sta riscaldando i muscoli, come a Sabra e Chatila, come nel Kurdistan iracheno sotto Saddam, come nella ex Yugoslavia e nell'Africa nera.
Prepariamoci quindi alla tristemente nota sequenza di teste infilzate su pali di legno, di donne squartate e di bambini bruciati vivi.
Prepariamoci ai caroselli di jeep Toyota cariche di gente che spara in aria dopo avere legato al paraurti posteriore i corpi dei nemici.
Ricordiamoci di Achille, inviso agli dei perchè viola il corpo di Ettore anzichè rendere onore al nemico caduto, e rendiamoci conto che non abbiamo imparato nulla.
La bestia peggiore del creato siamo noi, con la nostra ferocia mai sopita e solo parzialmente coperta da secoli di faticosa civiltà.
E' giusto avere paura dei cataclismi naturali, così come di quelli autoprodotti come le centrali nucleari piazzate in zone ad elevato rischio sismico, ma è importante ricordare che la prima fonte di pericolo per il genere umano siamo noi stessi.
I volti di tanti poveri cristi che si vedono in tv in questi giorni hanno lo stesso carico di dolore che si può vedere in una tela del Mantegna.
Curiosamente, anche i tratti dei carnefici deformati dall'odio ed eccitati dal sangue sono molto simili a quelli rappresentati dai grandi artisti.
La continuità è impressionante.
Cambiano le epoche, i contesti, i pretesti e le armi ma la vocazione a sopprimere è sempre la stessa.
Spero tanto di sbagliarmi ma c'è odore di sangue nell'aria.

Ezzelino da Romano

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