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lunedì 30 maggio 2011

In ricordo di Srebrenica

Il post di Blackswan mi ha riportato alla mente quei giorni terribili.
A pochi chilometri dai nostri confini popoli fratelli fino al giorno prima (almeno così sembrava) si scannavano come nei secoli bui.
Allora ho voluto saperne di più e mi sono documentato leggendo un bellissimo libro che consiglio a tutti.
Si tratta di "Maschere per un massacro", l'autore è Paolo Rumiz, oggi slavista di Repubblica ma allora in forza al Piccolo di Trieste.
Leggetelo, se vi capita, perchè è un ottimo manuale su come si possa facilmente scatenare una guerra soffiando su vecchie braci mai sopite.
E qui vengo al nodo.
Premessa n.1: Ratko Mladic è certamente un macellaio merdoso, un sadico che si eccita all'odore del sangue come purtroppo sempre accade in guerra.
Premessa n.2: altrettanto certamente Borghezio è un povero scemo che straparla, ormai talmente bollito che non conta più nulla nemmeno nella Lega, e proprio perchè è scemo usa a capocchia un termine come "patriota" che già di per sè nel mio personale vocabolario non ha diritto di cittadinanza.
Ferme le due premesse, Mladic non è un alieno ma un figlio della sua terra tormentata, in cui hanno forzatamente convissuto gruppi etnico religiosi tenuti insieme solo dal pugno di ferro di Tito.
Il cosmopolitismo di Belgrado riguardava solo Belgrado, e anche lì non era tutto oro quel che luccicava.
Appena fuori dai grandi centri, la gente si guardava con sospetto e rancore.
Mladic è il responsabile principale di Srebrenica, ma quello che ha fatto lui lo hanno fatto, su scale diverse, tutte indistintamente le fazioni in gioco.
Lo hanno fatto i serbi, i croati, i bosniaci, i montenegrini, i kosovari stessi non appena ne hanno avuto l'occasione.
Per dare il via alla prima grande contrapposizione, quella tra serbi e croati, fu sufficiente ai leader ex titini aizzare le tifoserie della Stella Rossa Belgrado (uno dei capi era Arkan, allora rapinatore di banche e spacciatore) e della Dinamo Zagabria.
Per scatenare la caccia ai musulmani bastò ancora meno: Milosevic cominciò a rinfocolare una vecchia tradizione serba che celebrava (per la verità in modo ormai piuttosto blando) la battaglia di Kosovo Polje, la Piana dei Merli, in cui l'esercito serbo fu sbaragliato da quello ottomano nel 1389.
Nel dopo Tito la gente aveva poco cibo e poco denaro, e fu facile indirizzare l'odio dei serbi verso chi, seicento anni prima, aveva invaso le loro terre e non se n'era più andato.
Ma il vero problema è che nello scenario della ex Jugoslavia è davvero difficile tracciare la consueta linea divisoria tra buoni e cattivi.
Laddove questa linea è più chiara, le atrocità note sono sempre e quasi solo quelle commesse dagli sconfitti.
Il che, per inciso, non giustifica marchette editoriali alla Giampaolo Pansa ma dovrebbe comunque stimolare ad approfondire in tutte le direzioni e non solo in quelle che piacciono di più.
Nel caso della ex Jugoslavia, dire che Mladic sia un criminale è scontato al punto da apparire banale.
Ma si è trattato di eventi bellici che hanno visto le tristi gesta di decine, forse centinaia, di Ratko Mladic, dei quali invece non si saprà mai nulla.
Quello che oggi si trascina davanti al Tribunale dell'Aja non è un alieno.
E' il figlio di una terra unita a forza sebbene dovesse essere e rimanere divisa.
E' quindi anche uno strumento della storia, o del destino.
Lo si può dire, dato che le separazioni decise dai suoi referenti politici e da lui attuate con i cannoni sono divenute definitive.
Però è stato certamente un macellaio, ed era su questo che si sarebbe dovuto intervenire.
Oggi, per dare una chance ai ribelli libici, aerei a tutto spiano contro le forze di Gheddafi.
Qualcuno dei meno giovani ricorda i caschi blu olandesi a Srebrenica?
Quattrocento sbarbati, con armi leggere, messi a presidiare la sede della più massiccia offensiva serba.
Gli uomini di Mladic li hanno praticamente sequestrati, messi in un recinto, e sbeffeggiati invitandoli ad intervenire.
Le guardie serbe tiravano addosso ai caschi blu mozziconi di sigaretta e bucce di mela, mentre i loro compari nei boschi circostanti massacravano la popolazione inerme.
L'occidente che oggi giudica Mladic è lo stesso occidente che allora si rese protagonista di quella tragica farsa.
L'orco serbo è colpevole, ma nessuno è davvero innocente.

Ezzelino da Romano

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