Subterranean Homesick Blues, brano con cui
si apre Bringing It All Back Home, è senza ombra di dubbio una delle canzoni
più importanti mai scritte dal menestrello di Duluth. Uscita come singolo nell’aprile
del 1965, il brano anticipa quella svolta elettrica (per alcuni un vero e
proprio tradimento) che verrà sancita definitivamente qualche mese più tardi
con l’esibizione di Dylan al folk festival di Newport e con il rilascio di
quell’altro disco epocale che porta il titolo di Highway 61 Revisited. Dylan riesce
nell’intento, all’apparenza impossibile, frutto delle sue visioni artistiche: parlare
una nuova lingua musicale che contenga contemporaneamente il verbo del rock e
la tradizione del folk e del blues. Così Subterranean Homesick Blues (accompagnata
da un innovativo video clip che compare nel film documentario Don’t Look Back a
firma A.D.Pennebaker, il regista di Monterey Pop, per intenderci ) fonde Chuck
Berry e Woody Guthrie, si ispira alla poetica della Beat Generation, contiene
espressioni surreali e nichiliste. Ma soprattutto introduce una clamorosa
innovazione nel cantato che, non è un azzardo affermarlo, anticipa di almeno vent’anni
la nascita del rap: una cadenzata raffica di parole in un crescendo quasi
sferragliante, in cui vengono abolite regole grammaticali e simmetrie, per dare
vita a un linguaggio energico, ricco di metafore e di termini gergali. Una
critica feroce alla società contemporanea, in cui però manca l’ardore della
militanza, che viene sostituita semmai da uno sguardo sulle cose distante, ironico
e sprezzante, Un nichilismo di fondo che fece sdegnare anche Joan Baez, che a
proposito della canzone, in un’intervista, arrivò a dire : “…ho
paura che il messaggio che esce da Dylan nel 1965 sia solo: Andiamo tutti a
casa a farci delle gran canne, perché tanto non c'è nient'altro da fare”. Eppure, nonostante le piccate parole della
Baez, non tutti interpretarono allo stesso modo il testo di Subterranean Homesick
Blues.
Il simbolo dell'organizzazione Weather Underground |
Ci fu infatti chi, qualche anno
dopo, e precisamente a partire dal 1969, ne fece un manifesto di lotta e di
rivoluzione : erano i Weathermen, gruppo di militanti della sinistra radicale, il
cui nome derivava proprio da un verso della canzone di Dylan (You don't need
a weatherman to know which way the wind blows -non serve un meteorologo per capire da che parte tira il vento). Il
Weather Underground (questo il nome del movimento a cui appartenevano i
weathermen) era un’organizzazione comunista, legata a doppio filo con il movimento delle Black
Panthers, che fu particolarmente attiva durante gli anni della contestazione
giovanile. I suoi appartenenti furono accusati ingiustamente di terrorismo,
mentre, in realtà, come nel caso delle Pantere Nere, le azioni messe in atto dai
weathermen erano prevalentemente non violente e dimostrative (la rocambolesca
evasione del padre dell’LSD, Timothy Leary) e comunque sempre effettuate in risposta a quelli che venivano ritenuti atti
violenti o guerrafondai del governo statunitense (l’invasione del Laos, il
golpe cileno del 1973). Per chi volesse approfondire la storia del Weather
Underground, consiglio la visione di La Regola Del Silenzio, bel film datato
2012, per la regia di Robert Redford.
Blackswan, domenica 25/08/2013
Non potevo iniziare questa domenica in un modo migliore... Grazie Blackswan
RispondiEliminaBringing It All Back Home l'album che lo contiene ed Hihgway 61 revisited sono due album storici di Dylan a mio parere, quelli che meglio lo rappresentano.Sono d'accordo su uno degli aspetti innovativi di Subterrain..,il modo di schiacciare la melodia fino ad annullarla, riducendola ad una sequenza di parole e di frasi con cadenza ossessiva, senza pausa, legate metricamente e ritmicamente,
RispondiEliminaproprio come fanno i rappers. Questo approccio è diventato una costante caratteristica nello stile di Bob Dylan..
... memorabili quegli anni.
RispondiEliminaDivino Bob!
RispondiEliminahttp://vimeo.com/44024588
RispondiElimina:)
@ Domenico : grazie a te, Dome :)
RispondiElimina@ Mr Hyde : due dischi meravigliosi, indispensabili come l'aria che respiriamo. Quel che ha inventato Dylan in quegli anni non ha paragoni.
@ Alli : anni di fermenti e sperimentazioni che non torneranno piu' purtroppo...
@ Euterpe : e cosi' sia ;)
@Anonimo : grazie mille :)))
Grande pezzo di storia della musica e di storia politica e sociale degli USA, il tuo, al quale, pur appassionato di Dylan e di Guthrie e esaltato da tante letture su quel periodo, non mi permetto di aggiungere altro!
RispondiEliminaGran pezzo e grande recensione. Ed il video è uno dei più citati e scopiazzati della storia, credo.
RispondiEliminaStupendo!
@ Adriano : Ricordati pero' che puoi aggiungere sempre tutto quello che ti va. :)
RispondiElimina@ El Gae : direi proprio di si. Assolutamente geniale!
recensione stupenda. l'ammirazione che ho per Dylan mi porta quasi ad ascoltarlo con timore. lui è troppo: un poeta sublime, un intellettuale dal gusto veramente alternativo, un musicista che padroneggia mille linguaggi. mi ci vorrà una vita per capire il 20% della sua grandezza
RispondiElimina@ Alessandro : Ti ringrazio. Credo che per afferrare la grandezza di certi artisti, davvero non basti il tempo di una vita.Non resta altro che goderci le emozioni che riescono a trasmetterci.
RispondiEliminaPosso dirti, con tutta l'ammirazione, il piacere che ho nell'ascoltare "quel"Dylan, che oggi, lo trovo insopportabile?
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