Non sono pochi quattro album in studio, eppure gli
Alter Bridge sono ancora alla ricerca di una propria definitiva identità. Il
fatto è che la band vive da sempre di contraddizioni, dovute probabilmente alla
consanguineità quasi totale con i Creed
(di cui Mark Tremonti, Brian Marshall e Scott Philips facevano/fanno parte) e
con quel post grunge, sottogenere radio friendly del sound di Seattle,
buono per le vendite ma dai contenuti risicati assai. Mainstream, ma non
abbastanza da fare il grande botto commerciale (a differenza dei citati
Creed), tecnicamente eccelsi, ma non così arditi da mettersi in gioco
fuori dai consueti stilemi, gli Alter Bridge continuano a proporre un heavy
metal solido ma al contempo decisamente melodico. Il che non è un difetto, per
carità, solo che l’ascoltatore è costretto a muoversi sulla linea di confine,
indeciso se poggiare il piede da una parte o dall’altra della frontiera. In
Fortress, tutto risulta ben suonato, ben confezionato, ben prodotto. Eppure,
anche dopo ripetuti ascolti, resta quel senso di confusione, ispirato così bene
dalla copertina dell'album : il titolo Fortress, ovvero fortezza,
contrapposto alla foto di un rudere su cui incombe una tempesta. Potenza e
fragilità, la promessa di un suono roccioso e nel contempo l’immagine di una
costruzione che può sgretolarsi da un momento all’altro. Cosa sono dunque gli
Alter Bridge ? Se si dovessero giudicare queste dodici canzone dalla perizia
tecnica con cui vengono eseguite, la standing ovation sarebbe d'obbligo.
D'altra parte, Mark Tremonti è uno tra i migliori chitarristi del circuito
metal (e lo è, a mio avviso, soprattutto per gusto e misura) e Myles Kennedy
non ha certo bisogno di grandi presentazioni, basta andare ad ascoltarlo su
uno dei dischi di Slash per rendersi conto di quali eclettiche capacità
vocali sia dotato. Tuttavia, l'impressione è che queste canzoni manchino di
cuore, siano frutto di un accurato lavoro a tavolino che miscela con sapienza
post grunge, heavy classico e una buona dose di prog con il consueto appeal da
FM, senza però quel dispendio di sudore da cui nascono le emozioni. Insomma,
sembra davvero esagerato tanto consumo di decibel e una potenza di suono così rumorosa,
per un disco che si limita a minacciare senza mai passare alle vie di fatto. Un
pò come prendere a mazzate qualcuno con una di quelle clave di gomma che si
usano per i travestimenti di carnevale. Così, non stupisce assolutamente
trovare il meglio di questo album nei brani in cui i tempi rallentano,
lasciando il passo alla ballata o a composizioni più strutturate quali Lover, All
Ends Well e la title track (la migliore del lotto anche per il grande lavoro
alla chitarra di Tremonti), in cui Kennedy dispiega tutto il proprio
armamentario da vocalist sopraffino. In definitiva, Fortress è un lavoro che
non dispiace (la litote è d’obbligo) ma che lascerà un po’ di amaro in bocca a
tutti coloro che si attendevano una sana dose di cattiveria. Troppo rumore per
nulla.
VOTO : 6,5
Blackswan, mercoledì 30/10/2013
il primo disco, uscito da pochissimo, lo comprai ordinandolo nel negozio di dischi che ahimè ormai ha chiuso da qualche anno, quindi posso dire che dal primo momento li ho seguiti. Recensione fantastica perchè coglie il problema di tutta la loro discografia: non c'è passione ed alla fine il gioco si svela facilmente ed alla lunga stufa anche.
RispondiEliminaP.S. che ne pensi della mia proposta di suonare nel 2014 all'Orablù?
E' interessante la chiave di lettura
RispondiEliminache proponi a proposito della band.
Bella rece.
ma che recensione è ??? parli di cuore... passione... ma tu hai letto i testi? hai davvero ascoltato tutta la discografia??????? ma mi faccia il piacere !
RispondiEliminaA me loro piacciono da molto tempo. Mi piacciono da prima che nascesse il sodalizio musicale tra Slash e Miles. Mi piacciono perché sono uno dei pochi gruppi "new generation" (espressione orrenda, ma tant'è) che ancora propone del sano heavy metal. Sono in totale accordo con te quando parli di quella confusione perché ti rendi conto che ascolti heavy metal eppure troppo melodico per l'etichetta standard. Ma secondo me la confusione arriva all'ascoltatore. Perché la loro idea è proprio quella di fondere l'asprezza heavy alla melodia, per dimostrare che si, si può fare. Il cuore... eh, dipende dalla "pelle" dell'ascoltatore. Io ne ho sentito tanto, a dirti la verità.
RispondiEliminaMeritano eccome!
Bisogna seguire la band un po ' di più per poter fare una recensione, magari
RispondiEliminaNon li conosco, ma mi ripropongo di fare una ricerca su Youtube. Ciaoooo
RispondiElimina@ Ale : siamo in minoranza, temo, ma la penso proprio come te.
RispondiEliminaPS : scrivimi sulla mia mail privata,così vediamo se la cosa, come spero, sia fattibile :)
@ Monty : Grazie :)
@ Alessio : a parte la mancanza di argomentazioni, complimenti per la chiarezza espositiva.
@ Harley : la mia è un'opinione, cara Harley, non la verità assoluta.Un pò come l'altro giorno, quando si disquisiva dei Suicidal Tendencies :) Ti ringrazio per il tuo commento, come sempre puntuale e ragionato. E che, peraltro,almeno in parte, condivido( anche perchè io parlavo proprio di ascoltatore,e non di fan).
Alla prossima. :)
@ Anonimo : magari, se ti firmi sarebbe più bello risponderti.Mi spiace deluderti, ma i dischi degli AB li ho tutti, perchè mi piacciono parecchio. Ma se scrivo una recensione, scrivo la verità, non quello che mi piacerebbe fosse la verità.
@ Alla Base : un ascolto vale la pena farlo. Se non hai pretese, di belle canzoni ne troverai parecchie.:)
E infatti la mia non era una critica, ma un punto di vista, non da fan (sono fan solo e soltanto di una manciata di gruppi south rock e metal vecchia scuola) ma da appassionata ed estimatrice.
RispondiEliminaUn saluto :)
Trovati ed ascoltato qualcosa, direi piacevoli! :-)
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