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lunedì 24 agosto 2015

CHARLIE BARNES - MORE STATELY MANSIONS



Inglese di Leeds, cantante, polistrumentista, Charlie Barnes è l'ennesimo giovane cantautore che riversa nella propria musica pene d'amore e mood malinconico. Il verbo è quello di un pop rock di classe, stilisticamente molto elegante, che ha i propri riferimenti in un passato recente, che guarda agli anni '90 e '00. Non ci vorrà molto all'ascoltatore più attento ritrovare infatti nelle canzoni di More Stately Mansions numerosi echi che riportano ai primi Muse (la voce di Barnes ricorda parecchio quella di Matt Bellamy), ai Radiohead, agli Ours e, perchè no, anche a Jeff Buckley. Ora, capisco che raccontato così non produca troppe suggestioni: eppure l'esordio di questo ragazzo è tutt'altro che disprezzabile. Le idee, infatti, ci sono, e le canzoni pure, così come un indiscusso talento interpretativo che produce considerevoli dosi di pathos. Quello che manca a Barnes, è semmai la misura. Certi brani soffrono di un eccesso di spettacolarizzazione, di arrangiamenti un pò troppo pieni e pretenziosi, di un'emotività spinta ai limiti del melodramma (MachbethMachbethMachbeth). In certi momenti, il mood si fa decisamente radio frendly (Sing To God), in altri invece si incupisce improvvisamente (Hammers), procurando un sali e scendi sonoro che da l'impressione di essere fuori controllo. Eppure, quando il ragazzo asciuga le canzoni e mette a fuoco l'obbiettivo, i risultati sono assai convincenti, come in Dresden, la migliore del lotto, o nella citata Hammers. Non abbastanza per poter parlare a proposito di Barnes come della next big thing o della new sensation, nel modo in cui piace tanto fare alla stampa britannica, ma nemmeno così poco da archiviare il disco fra le quisquilie. Da tenere d'occhio in prospettiva futura.

VOTO: 6,5






Blackswan, lunedì 24/08/2015

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