Difficile
 comprendere le logiche che regolano una bizzarria come quella attuata 
dai Big Thief, e cioè far uscire un disco a soli pochi mesi dall’altro. A
 maggio, infatti, vedeva la luce U.F.O.F., album celebratissimo
 dalla critica musicale e della cui bellezza ancora non si è spenta 
l’eco, mentre l’undici di ottobre, davvero inaspettatamente, la band 
newyorkese pubblica un secondo full lenght dal titolo Two Hnads.
Cosa
 può aver spinto il quartetto a questa operazione lontana da ogni logica
 commerciale, potrebbe essere oggetto di varie speculazioni, la prima 
delle quali, la più cinica, potrebbe essere che questo nuovo disco sia 
composto degli scarti residuati dalla precedente sessione di 
registrazione. In realtà, ovviamente, non è così, dal momento che fin 
dal primo ascolto ci si accorge di quanto queste nuove canzoni siano 
decisamente buone. Appare, quindi, di tutta evidenza che vi fosse da 
parte della band una certa urgenza creativa, la consapevolezza di vivere
 un momento particolarmente ispirato e la volontà, quindi, di sfruttarlo
 fino all’ultima nota. Battere il chiodo finché è caldo, soprattutto se 
il livello qualitativo delle composizioni è quello contenuto in questi 
due dischi, che potremmo definire quasi gemelli.
U.F.O.F. e Two Hands
 sono, in fin dei conti, i due rovesci della stessa medaglia, due lavori
 tra loro speculari, uno il contraltare dell’altro e, proprio per 
questo, mi permetto un’ulteriore riflessione, se avessero trovato posto 
in un doppio album, si sarebbe forse potuto apprezzare di più i legami e
 le differenze fra le due opere e il filo creativo che le lega.
Se
 è vero che la matrice folk è comune a entrambi dischi, appaiono fin dal
 primo ascolto tutte le differenze che ne marcano i diversi mood. U.F.O.F
 era un disco ostico e celebrale, privo di ganci melodici immediatamente
 assimilabili, attraversato a tratti da un inquietudine ultraterrena e 
adombrato da un lirismo quasi crepuscolare. Per converso, Two Hands,
 è invece un disco più terreno e concreto, meno astratto e 
intellettuale, più centrato da un punto di vista melodico e segnato da 
un elemento contemplativo quasi bucolico.
L’approccio
 resta scarno, essenziale, e le canzoni sono attraversate da 
un’immediatezza lo-fi e sostenute da arrangiamenti improntati alla 
regola “less is more”. Eppure, nonostante un tiro più diretto e
 un’ossatura più semplice, i dieci brani in scaletta non perdono un 
briciolo della fascinazione che animava il loro predecessore.
L’evanescenza cantilenante di Rock And Sing apre il disco tra morbidi languori che evaporano nel mid tempo caracollante della successiva Forgotten Eye,
 la voce tremante di Adrianne Lenker, la straniante melodia del 
ritornello, Dylan sottotraccia e moderni abiti indie, a dimostrazione di
 come una materia antica posso essere riletta con un inusitato spirito 
innovativo.
Se è vero, poi, che in scaletta prevalgono le ballate (le nebbie ipnagogiche della conclusiva Cut My Hair, la lenta e trasognata The Toy, il folk in purezza dell’acustica Wolf),
 il disco possiede però anche un cuore elettrico che pulsa a metà 
dell’album, con le atmosfere ruvide e graffianti della trascinante Shoulders e con la splendida Not,
 dalla cadenzata melodia trasfigurata di rabbia in un vibrante crescendo
 e presa a sportellate noise da un drammatico assolo di chitarra che 
incendia il finale di canzone.
Two Hands,
 dunque, non è solo l’ennesimo capitolo di una discografia senza pecche e
 la scommessa vinta da parte di una band capace di sfornare due grandi 
dischi nel giro di pochissimi mesi; ciò che davvero è rilevante, quando 
si parla di Big Thief, è soprattutto la capacità della band di rileggere
 il passato con lo sguardo rivolto al futuro e di raccontare vecchie 
storie rendendole nuovamente affascinanti. In circolazione, c’è poca 
gente capace di tanta ispirata intelligenza e un po' fa male sapere che 
questo gioiellino sarà, come sempre, patrimonio di pochi appassionati. 
Perché, non me ne vogliano i puristi, il destino di sopravvivenza di un 
certo suono americano passa anche, e forse soprattutto, da queste parti.
VOTO: 8
Blackswan, mecoledì 06/11/2019

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