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sabato 31 maggio 2014
venerdì 30 maggio 2014
BLACK STONE CHERRY - MAGIC MOUNTAIN
Se si dovesse giudicare un disco solo dalla cover, il
nuovo album dei Black Stone Cherry con molta probabilità non si meriterebbe
nemmeno un voto, finendo di filato nel truciolato degli scarti
inclassificabili. Non che i quattro ragazzi provenienti da Edmonton, Kentucky,
abbiano mai avuto fiuto in fatto di copertine, visto che nemmeno quelle che
contenevano i tre precedenti full lenght brillavano per sobrietà, ma di
sicuro questo Magic Mountain non poteva avere peggior confezione, tanto che, a
non conoscere storia e discografia della band, ci si terrebbe a debita distanza
dal disco. E sarebbe un piccolo peccato (piccolo, non esageriamo), perchè i
BSC, tutto sommato, sono un'onesta band di mestieranti che tiene alto il
volume degli amplificatori e talvolta azzecca anche qualche buona canzone. Lo stick
impresso sulla custodia del cd (ma così anche le indicazioni date da buona
parte della critica a stelle e strisce) parla, un pò genericamente, di
southern rock, tanto che spesso si sprecano paragoni con grandi band del
passato quali i Lynyrd Skynyrd e i Black Crowes. Tuttavia è sufficiente
dare anche un fugace ascolto al disco, per rendersi conto che i Black Stone
Cherry hanno ben poco a che vedere con quelle sonorità, nate dalla
fusione del blues, del country e del rock, tanto in voga negli anni '70. Il
combo capitanato dal cantante e chitarrista Chris Robertson, infatti, tiene il
piede pigiato sull'acceleratore, punta a un hard rock spiccio e muscolare, alza
il volume al massimo e imposta i brani su riffoni di chitarra ruvidi e
pesantissimi. In realtà però è quasi sempre uno specchietto per le allodole,
visto che anche le canzoni che partono più rumorose si sciolgono
poi, quasi sempre, in aperture melodiche dal grande appeal
radiofonico. In fin dei conti, più che ai mitici gruppi citati poc'anzi, i
Black Stone Cherry guardano semmai ai Nickelback (con cui hanno diviso il palco
durante un tour del 2009) e agli Alter Bridge, che richiamano soprattutto
in quei momenti perfettamente riusciti di heavy metal nerboruto ma orecchiabile
(Holding On...To Letting Go). Magic Mountain guarda ben poco alla tradizione
sudista e non presenta momenti di stupefacente originalità; tuttavia, è un
disco che tira via coerente per la sua strada, ben suonato, con alcune buone
intuizioni compositive soprattutto nella prima parte, e divertente quanto basta
per farsi riascoltare ancora. Niente di che, ma ha volume esagerato fa il suo
bel effetto.
VOTO: 6,5
Blackswan, venerdì 30/05/2014
giovedì 29 maggio 2014
SHARON VAN ETTEN - ARE WE THERE
Non è un caso che Sharon Van Etten sia cresciuta
musicalmente sotto l'ala protettrice dei The National, combo newyorkese che è
stato determinante nel consolidare il percorso artistico della
giovane cantante proveniente dal New Jersey (Tramp, il precedente full
lenght, datato 2012, era stato registrato interamente nello studio garage di
Aaron Dessner). Così, fin dalla (bellissima) copertina di questo nuovo Are We
There e fin dalle prime note del disco (Afraid Of Nothing) che indugiano,
sospese a mezz'aria, per ondeggiare poi in un dolcissimo valzer, si
intuisce il mood di una scaletta che svaria fra molteplici soundscapes
generati dalla malinconia e dall'introspezione. Un susseguirsi di emozioni che
scavano nel profondo dei nostri pensieri, attraverso un songwriting lineare
dalla prima all'ultima canzone, eppure in grado di susseguenti scarti
stilistici che, pur nell'omogeneità comunicativa, rendono l'ascolto quanto mai
vario e diversificato. Ecco allora che tanto Taking Changes quanto
Your Love Is Killing Me (sei minuti praticamente perfetti) puntano sulla
seduzione emotiva, ma lo fanno sviluppando linguaggi diversi: la
prima rievocando certa new wave anni '80 e puntando tutto sul ricordo che nasce
dalla contemplazione; la seconda, invece, costruendo un pathos quasi
post rock che richiama, soprattutto nel cantato, Tim Buckley e Patti
Smith, ed eccitando l'animo come il vento lo schianto delle onde. Suonato
meravigliosamente, in un dialogo quasi sommesso fra gli strumenti, che non disdegna
però momenti di elegante coralità (Break Me, Every Time The Sun Comes Up)
e altri di soliloquio intimista (il lirismo pop per piano e voce di I Know
ricorda le cose migliori della migliore Regina Spektor), Are We There è un
sontuoso affresco di alternative folk-rock senza velleità da classifica, ma
volto semmai a compiacere gli struggimenti interiori, grazie a una scrittura
tanto sincera quanto controllata e a una voce che raggiunge vertici di
cristallina tristezza. Meno chitarristico del predecessore e più incentrato
sull'uso delle tastiere, questo nuovo full lenght dimostra che Sharon Van Etten
non solo è una delle realtà più convincenti della scena alternativa
statunitense ma possiede anche un talento melodico che l'avvicina
al meglio del songwriting di genere. Come una PJ Harvey che ha
consumato la rabbia nel pianto e oggi sa ricordare il dolore trascorso senza
risentimento alcuno.
VOTO: 7,5
Blackswan, giovedì 29/05/2014
mercoledì 28 maggio 2014
EMMYLOU HARRIS - WRECKING BALL (DELUXE EDITION)
Nel 1995, alla soglia dei cinquant'anni, Emmylou
Harris è una stella del firmamento country, un'artista che non deve più
dimostrare nulla a nessuno. Gli esordi battezzati dal pigmalione artistico con
Gram Parsons, le svariate collaborazioni con musicisti del calibro di Bob
Dylan, Neil Young, Linda Ronstadt, ventitre album pubblicati da solista a
partire dal 1969 l'hanno resa una delle donne più influenti del panorama
musicale a stelle e strisce. Eppure, nonostante tanto meritato successo, la
Harris non ha mai perso il desiderio di mettersi in gioco, di provare altre
strade, di contaminare la propria idea di country sconfinando verso altri
generi, rock in primis.Wrecking Ball è in tal senso il suo album più
sperimentale, nato dalla collaborazione con il produttore canadese Daniel
Lanois, che già aveva messo mano con successo, tra gli altri, a dischi
degli U2 (Unforgettable Fire,The Joshua Tree) e Bob Dylan (Oh Mercy). Il
risultato è un album insolito e coraggioso, dalle atmosfere crepuscolari e
impreziosito da arrangiamenti che danno un nuovo volto, forse mai così sincero,
alle interpretazioni della Harris. Dodici canzoni, prevalentemente covers,
alcuni brani di Lanois e due pezzi cofirmati dalla Harris, che nel
1996 varranno alla cantautrice dell'Alabama un Grammy Award come miglior
disco di folk contemporaneo. Where Will I Be, brano di apertura a firma
Lanois, è indicativo di quanto importante sia stato il lavoro del
canadese, che rielabora sonorità pop alterandole con l'inserimento di un
tempo leggermente in levare e di una chitarra che ci investe con
reminiscenze frutto della collaborazione con gli U2. Un connubio, quello con il
gruppo irlandese, che porta Larry Mullen Jr. a suonare la batteria in ben
nove brani dell'album, come nella riuscita cover di Every Grain Of Sand,
pescata dal repertorio di Bob Dylan, o nella splendida, dolente ed
evocativa title track, brano a firma Neil Young, che peraltro compare
anche alle armonie vocali. A fianco della Harris, in ben tre canzoni,
compare anche la chitarra acustica di Steve Earle, la cui Goodbye, seconda
traccia in scaletta, è probabilmente il punto più alto di Wrecking Ball, un
disco tanto bello che in molti hanno parlato di vertice della discografia della
Harris e di uno dei migliori album del decennio. L'edizione deluxe di cui alla
presente recensione è ricchissima di materiale che farà la gioia di fans e
completisti: oltre al disco originale, perfettamente remixato, per una ventina
di euro vi portate a casa un booklet suntuoso, introdotto dalle parole
di Gillian Welch, un dvd sul making of del disco, e soprattutto un secondo
cd composto da tredici outtakes dalle sessioni di registrazioni, di cui
quattro inedite. Tra le gemme, due straordinarie covers di Stranger Song di
Leonard Cohen e How Will I Ever Be Simple Again dell'ex Fairport Convention,
Richard Thompson. In poche parole, una meraviglia.
VOTO: 9
Blackswan, mercoledì 28/05/2014
martedì 27 maggio 2014
IL MEGLIO DEL PEGGIO - 31^ puntata
Riceviamo dalla nostra freelance Cleopatra e integralmente
pubblichiamo.
Renzi: "In futuro, pagheremo le tasse con un sms". Berlusconi: "Io non ho campo". (Spinoza)
Cari amici, non so voi, ma cominciavo ad averne abbastanza di questa campagna elettorale. Ingiurie, colpi bassi e menzogne, serviti sul piatto in ogni ora del giorno. Si è detto e sentito di tutto. Da assassino a pregiudicato, da distruttore a sciacallo. A ciascuno il suo (insulto). Matteo Renzi. Uno stucchevole repertorio di fregnacce. A parte il tormentone degli 80 euro in busta paga, che come entrano, così escono, l'onnisciente Matteuccio, da vera star mediatica qual è, ci ha stupito anche con effetti speciali. Memorabile la performance in calzoncini e maglietta sulla cyclette. Altro che Vladimir Putin, immortalato mentre sparava ad una tigre siberiana. Ci mancava solo vederlo in veste di goleador alla " Partita del Cuore". Benedetta par condicio. Eppure, questo paffuto enfant prodige dall'aria rassicurante, ha vinto e convinto un nutrito gregge di pecoroni, ahimè. E' prevalsa la strategia della comunicazione. Dopo Berlusconi, gli italiani sentivano il bisogno di un altro spregiudicato venditore di pentole. Ha pure la stampa dalla sua parte. Mettiamoci il cuore in pace per vent'anni, dunque. Silvio Berlusconi. Ormai, gli rimane solo Dudù a cui raccontare le solite farneticazioni sul comunismo, sui giudici cattivi, sui quattro colpi di stato e su quel "satanasso" di Grillo. "Grillo è un esperto sul non entrare in prigione perchè con colpa ha ucciso tre amici. E' stato condannato per omicidio plurimo colposo a 14 mesi e, quindi, è un pregiudicato e un assassino", ha dichiarato alla trasmissione "L'aria che tira". Da quale pulpito, viene da dire. La spudoratezza non ha limite. Durante la campagna elettorale, Silvietto è apparso, spesso, un capodoglio spiaggiato ma, nonostante il biascicamento in alcune interviste, ha assestato dei colpi mortali a Beppe Grillo aiutando Renzi a conquistare il trono. Il teatro dell'assurdo : non solo continua a tenere il pallino del gioco politico ma il suo partito non ha subìto quel contraccolpo che si pronosticava. Infine, Beppe Grillo. Grande verve in piazza, ma nel salotto di "Porta a porta" ha fatto cilecca. Poca incisività e grande nervosismo. Un'occasione persa. Eppure Grillo ha speso energie, ci ha creduto fortissimamente ma il parossismo di certe affermazioni lo ha penalizzato. Quel "Sono oltre Hitler" ha fatto storcere un po' il naso ai benpensanti e impaurito la gente. Ora, non ci resta che piangere.
Antonio Razzi (FI) a "La Zanzara": "Berlusconi sarebbe sicuramente bravo a fare il Papa. E' uno molto pacato e potrebbe tranquillizzare tutta la società...Siccome ha studiato nei Salesiani e avrebbe ancora andato avanti a studiare sulla cosa, poteva fare tranquillamente anche il Papa".
Silvio Berlusconi intervistato a "Bersaglio Mobile" cade in un lapsus: "La povertà ufficiale in questo Paese è quella di una famiglia di tre persone, padre, madre e un flglio che devono vivere con meno di 1.000 euro al giorno".
Silvio Berlusconi alla trasmissione "Omnibus": "Sabato, tornerò finalmente a Cesano Boscone, in quell'oasi di pace dove sono adorato dalle mie vecchiette e magari farmi dare una camera e restare lì a lungo".
Giovanni Toti (FI) al comizio di chiusura della campagna elettorale, si rivolge a Francesca Pascale: "Beppe Grillo dice di tutto anche di squartare il povero Dudù, cara Francesca".
Il Meglio Del
Peggio si prende una piccola vacanza e tornerà il 9 giugno.
Cleopatra, martedì 27/05/2014
lunedì 26 maggio 2014
L'ITALIA S'E' DESTRA (DEGLI 80 EURO S'E' CINTA LA TESTA)
Mentre in Europa soffia forte il vento del cambiamento
(vedere i risultati elettorali di Francia, Inghilterra, Grecia) il popolo
italiano, in linea con la tanto vituperata Germania, sceglie
prepotentemente la conservazione, premiando l'asse delle destre che
complessivamente arriva ad assorbire quasi il 65% dei voti. I numeri parlano
chiaro e non ammettono repliche: Renzi stravince sfondando la soglia del 40%;
Berlusconi, ormai putrefatto, tiene con un 16 % (che sembra poco
e invece è tantissimo) e si riconferma ago della bilancia della
politica italiana; il resto delle frattaglie (Ncd e Scelta Europea),
racimolano un complessivo 5% e consolidano la linea Maginot dell'inciucio
tanto caro a Napolitano. In definitiva, il paese si risveglia più democristiano
del solito, scegliendo in modo inequivocabile una politica economica improntata
ai diktat della Germania (vedi fiscal compact), alla precarizzazione (vedi
decreto lavoro) e al consolidamento dell'intangibilità della casta (lo scandalo dell'Expo e il
favore alle mafie sul voto di scambio non hanno spostato un voto, anzi).
Al netto della marchetta elettorale degli 80,00 Euro (pecunia non olet),
decisiva ma non sufficiente di per sè a giustificare un tale successo, hanno
contato come al solito stampa e televisione. Da un lato, le trombette del
potere irreggimentate in litanie pro sindaco e in crescendo
rossiniani contro Grillo, e dall'altro l'eloquio piacione e mellifluo di Renzi,
uno che ha imparato comunicazione in casa Mediaset, hanno avuto presa su un
elettorato facile alle suggestioni della disinformazione. A questo punto, per
tutti coloro che sognavano un Italia migliore, non resta che raggiungere i
nostri giovani all'estero (in Grecia, magari, dove la sinistra ha stravinto)
oppure attendere le prossime politiche (con questi risultati, una delle
possibilità, a mio avviso abbastanza concreta, è andare a votare in autunno). A
tal proposito, mi sento di suggerire a Grillo per il futuro altre strategie
elettorali: evitare i toni accesi, puntualmente strumentalizzati dalla stampa,
omettere nei propri discorsi parole quali onestà e legalità perchè spaventano
l'elettorato, e defilarsi in favore di un ragazzo preparato e colto come Di
Battista, che in un confronto dialettico e concettuale con uno qualsiasi degli
esponenti del Pd, svelerebbe anche alle orecchie più pigre il wannamarchismo
che è l'anima del successo democratico.
Nel frattempo, continuiamo a morire democristiani. tanto ci siamo abituati.
Blackswan, lunedì 26/05/2014