martedì 7 ottobre 2025

Maneater - Hall & Oates (RCA, 1982)


 

"…è seduta con te, ma i suoi occhi sono sulla porta

Così tanti hanno pagato per vedere

Quello che pensi di ottenere gratis

La donna è selvaggia, una gatta addomesticata dalle fusa di un giaguaro

I soldi sono la questione

Se ci sei dentro per amore, non andrai troppo lontano"

 

Brano di apertura di H2O (1982), undicesimo album in studio della premiata ditta Hall & Oates, "Maneater" parla di una donna molto seducente, che sfrutta gli uomini per soddisfare i propri gusti dispendiosi (“i soldi sono la questione”).  

La canzone è rimasta per quattro settimane al primo posto in America, diventando il più grande successo statunitense degli anni '80 a presentare un assolo di sassofono (a opera di “Mr.Casual” DeChant). "Maneater" sfrutta nel testo lo stesso escamotage utilizzato dagli Eagles in "Hotel California", che nel verso “Her mind is Tiffany twisted" citavano un marchio di lusso per fotografare la personalità della protagonista del brano. Per Hall & Oates, la maneater è, invece, come "una gatta domata dalle fusa di una Jaguar", riferimento esplicito a un automobile di lusso, perfetta citazione per descrivere le brame di una donna, sensibile solo al denaro e agli status symbol.

"Maneater" è una delle numerose canzoni di Hall & Oates alla cui stesura ha contribuito la fidanzata di lunga data di Daryl Hall, Sara Allen, che viene accreditata nella traccia insieme al duo. L’apporto di Allen fu decisivo nello sforbiciare il testo del ritornello, originariamente molto più lungo e musicalmente molto meno allettante.

Il video che accompagna il brano non è certo quello che può essere definito un capolavoro. D’altra parte, MTV era agli albori, e Hall e Oates, dei clip, interessava poco o niente. Tant’è che, alla resa dei conti, i due si trovarono a eseguire pedissequamente quello che gli veniva chiesto durante le riprese, costituite per lo più da inquadrature ravvicinate della band che si esibisce in un locale dopo l'orario di chiusura, e da quelle occasionali di una ragazza accostata a una pantera. Una vera pantera, che appare nel video per pochi secondi, al costo folle di 10.000 dollari. Leggenda vuole che l’animale “mangia uomini” fosse saldamente legato al pavimento, ma che a un certo punto, non si sa come, riuscì a liberarsi, scatenando un fuggi fuggi generale, di cui, ancora oggi, Daryl Hall si ricorda con molta apprensione.

La canzone è considerata oggi un evergreen che fa battere il cuore ai tanti nostalgici degli anni ’80, un brano che avuto molta fortuna anche al cinema, comparendo nella colonna sonora di Se Scappi Ti Sposo, commedia romantica interpretata da Julia Roberts e Richard Gere, di The Secret Life of Walter Mitty, con Ben Stiller e Kristen Wiig (nella versione, però, di Grace Mitchell) e in quella di Fidanzata In Affitto, il cui protagonista, Andrew Barth Feldman (affiancato da una conturbante Jennifer Lawrence) ne esegue una struggente cover al pianoforte.

Una curiosità. Nel 2011, due fan hanno creato una linea telefonica chiamata "Callin' Oates", attraverso la quale, chi ha un disperato bisogno di ascoltare una canzone di Hall & Oates, viene immediatamente esaudito: per ascoltare "Maneater", si doveva digitare il 719-26-OATES e premere 3.

 


 

 

Blackswan, martedì 07/10/2025

lunedì 6 ottobre 2025

John Fogerty - Legacy (Concord, 2025)

 


In contro tendenza con la nouvelle vague a stelle e strisce, incarnata dalle derive lisergiche e psichedeliche di band innovative come Jefferson Airplane e Greateful Dead, i californiani Creedence Clearwater Revival recuperano le radici del rock’n’roll, guardano ai fifties invece che al futuro, seguendo la scia leggendaria tracciata dai grandi classici (Chuck Berry, Little Richard, Eddie Cochran). Traghettano un suono ormai superato oltre il guado degli anni ’60, consegnandolo, rimesso a nuovo, nelle mani di altri grandi eroi della musica americana, come Bruce Springsteen e Bob Seger.  

Fondati da John Fogerty con il fratello maggiore Tom e due amici del liceo, Stu Cook e Doug Clifford, i Creedence Clearwater Revival, emersi dalla fertile scena della Bay Area dei primi anni '60, si trasformarono, in poco tempo, da gruppo locale animato di belle speranze in una delle rock band più rappresentative d'America (e non solo). Merito della forza compositiva e della voce ruvida e arrabbiata del suo leader (e padre padrone), capace di sfornare nel giro di qualche anno un filotto di singoli divenuti leggendari, grazie alla capacità di risvegliare, con arrangiamenti secchi e decisi, le istanze veraci e urgenti del rock’n’roll. Tra il 1968 e il 1972, infatti, i Creedence Clearwater Revival pubblicarono ben sette album in studio che parlavano direttamente e senza filtri a una generazione irrequieta. Solo nel 1969, per dire, gli album pubblicati furono tre, e quattro singoli entrarono nella Top 10 negli Stati Uniti, superando in vendite, per un certo periodo, perfino i Beatles.

E poi, quasi con la stessa rapidità, tutto finì. Spaccature interne e controversie contrattuali dilaniarono la band. Fogerty tagliò i ponti con la Fantasy Records e il suo proprietario Saul Zaentz, rifiutandosi per anni di suonare dal vivo le sue canzoni dei Creedence per protestare contro un contratto firmato quando era troppo giovane per capire meglio. Così, per oltre mezzo secolo, John Fogerty ha vissuto in un paradosso surreale e paralizzante: è sempre stato considerato uno dei cantautori più distintivi e influenti del rock, eppure non possedeva i diritti della musica che lo aveva reso famoso. La voce dietro "Proud Mary", "Bad Moon Rising", "Have You Ever Seen The Rain" e "Fortunate Son" era stata di fatto esclusa dalla sua stessa eredità.

Seguirono decenni di contenziosi, amarezza e silenzio, che gettarono un'ombra su una delle più straordinarie vene compositive del secolo scorso. In disaccordo con Zaentz, il cui spietato controllo sulla musica dei CCR gli aveva spezzato lo spirito, Fogerty entrò in un lungo e doloroso periodo di esilio creativo. Non ci fu alcuna reunion della band, anche perché suo fratello morì nel 1990. A quel punto, però, Fogerty aveva già iniziato il lento processo di ricostruzione come artista solista, sebbene la controversia sulle canzoni del suo passato si protrasse per decenni. Decenni di battaglie legali, che si sono concluse dopo l'acquisto nel 2004 della Fantasy da parte di Concord, che finalmente ha onorato la restituzione dei diritti al legittimo proprietario nel 2023.

Legacy è quindi una resa dei conti sia personale che artistica, che vede Fogerty rivisitare e ri-registrare una selezione accurata di brani che un tempo definirono un decennio di rivolta, contro cultura e ribellione. Ma questa volta, le performance hanno una nuova risonanza, perché l’ottantenne chitarrista è affiancato in studio dai figli Shane e Tyler, trasformando così Legacy in qualcosa di più di un semplice album di cover.

Con la produzione esecutiva della moglie Julie, questo progetto familiare diviene una rivendicazione spirituale e una gioiosa affermazione di proprietà. Rimanendo per lo più fedeli agli originali senza tempo, queste nuove registrazioni trasmettono un calore rilassato e un senso di trionfo, non sono un semplice remake, ma una sorta di rinascita in limine vitae. Si ha la sensazione che non si tratti solo di preservare l'eredità dei Creedence, bensì di ridefinirla, estendendola al futuro attraverso un passaggio di testimone.

Venti canzoni in scaletta, più un bonus live di "Who’ll Stop The Rain", sono il contenuto di un disco imperdibile per i fan, ma utilissimo anche a tutti coloro che vogliono accostarsi per la prima volta a una delle icone della storia americana, portandosi a casa con un solo colpo un filotto di canzoni memorabile.

Il contenuto sarebbe da 10, ma trattandosi di una rilettura, per quanto ben fatta, ci fermiamo a 7,5.

Voto: 7,5

Gnere: Classic Rock 




Blackswan, lunedì 06/10/2025

venerdì 3 ottobre 2025

Paul Weller - Find El Dorado (Parlophone, 2025)

 


Find El Dorado, secondo album di cover di Paul Weller, dopo Studio 150 del 2004, è un disco fortemente voluto dal modfather per omaggiare artisti che hanno contribuito a influenzare la sua parabola artistica. Weller ha optato per una scelta saggia, individuando brani per la maggior parte poco noti al grande pubblico. Il risultato è un album che suona, quindi, molto meno ovvio di quanto un album di cover potrebbe suonare Alla scaletta dà lustro lo storico collaboratore di Weller e chitarrista solista degli Ocean Colour Scene, Steve Cradock, che ha prodotto e arrangiato le canzoni (a parte gli archi curati da Hannah Peel), oltre a comparire in tutti i brani, alle prese con diversi strumenti.

Fatta questa doverosa premessa, il disco inanella una serie di chicche davvero interessanti, canzoni interpretate con il consueto gusto e personalità, tanto da sembrare un progetto nuovo di pacca dello stesso Weller.

Il primo estratto dall’album è stata la straordinaria reinterpretazione del brano del 1969 dei Guerrillas, "Lawdy Rolla". La voce solista in chiave soul di Weller è fantastica, Cradock offre un ottimo lavoro alla chitarra acustica e l'intervento di sax contralto di Kevin Hayes è sublime.

La versione di "Handouts in the Rain" di Richie Havens del 2002 è delicata e fascinosa, nobilitata dal duetto che vede al confronto Weller con il cantautore irlandese Declan O'Rourke.

Non sono da meno la cover di "El Dorado", originariamente scritta da Eamon Friel per un film di metà anni '80 intitolato The Best Man, con Noel Gallagher e Cradock  che si esibiscono in modo impressionante alla chitarra acustica, e  quella di "White Line Fever", un brano del 1971 dei Flying Burrito Brothers, scritto da Merle Haggard, e riletto da Weller attraverso una deliziosa atmosfera country-rock, che vanta alla pedal steel guitar la presenza di Chris Hillman (solo omonimo di Chris Hillman dei Byrds e dei Flying Burrito Brothers).

Robert Plant è ospite nella splendida versione del brano del 1971 di Hamish Imlach, "Clive's Song". Plant condivide parte della voce solista con Weller e si cimenta anche in un impressionante break blues con l'armonica.

Ray Davies scrisse nel 1971 "Nobody's Fool" per l'album Muswell Hillbillies dei Kinks Un demo del brano fu registrato, ma non apparve su quell'album. Weller, che è un grande fan del lavoro di Davies, la recupera e le rende giustizia con la sua fantastica voce e un avvolgente arrangiamento archi, punteggiato dall’ottima prova di Cradock al pianoforte. Splendida è anche l’interpretazione del brano del 1975 "One Last Cold Kiss" della cantautrice irlandese Christy Moore, che vede Weller duettare alla voce solista con Amelia Coburn.  Da citare anche la cover di "I Started a Joke" dei Bee Gees, anno domini del 1968, probabilmente il brano più noto dell'album, reso ancora più vellutato dalla voce rilassata di Weller, e quella di "Pinball", brano del 1974 a firma Brian Protheroe, in cui in primo piano emerge la splendida linea di basso di Cradock e un bel tocco di sax a opera di Jacko Peake, membro della backing band di Weller.

Se per molti artisti, un album di cover è solo un intermezzo, un ripiego (da far fruttare economicamente), tra opere originali, per Weller si tratta, invece, di riscoprire e dare nuova linfa vitale a canzoni che sarebbero rimaste a fluttuare nell’oblio. Il risultato è un album intrigante dal punto di vista del lavoro filologico e di grandissima piacevolezza all’ascolto.

Voto: 7

Genere: Rock, Pop, Folk

 


 

 

Blackswan, venerdì 03/10/2025

mercoledì 1 ottobre 2025

Lisa Ridzen - Quando Le Gru Volano a Sud (Neri Pozza, 2025)

 


Passano da me quattro volte al giorno, gli assistenti domiciliari. La prima volta che Hans ha accennato al discorso, sei mesi circa dopo che tu eri stata trasferita, l’ho trovato ridicolo. Gli ho riso in faccia, e dopo me ne sono un po’ vergognato. Lui era solo animato da buone intenzioni. Era l’epoca in cui avevo ancora potere sulla mia vita.”

Bo ha ottantanove anni e vive da solo, in compagnia del fedele cane Sixten, nella casa davanti al bosco che condivideva con la moglie Fredrika, ricoverata da tempo in una struttura per anziani affetti da demenza senile. Ad accudirlo, ci pensano il figlio Hans, manager che trova nel lavoro una via di fuga alla solitudine, dopo la separazione dalla moglie, l’amata nipote Ellinor, esuberante studentessa universitaria, e quattro assistenti sociali, che si danno il cambio quotidianamente, provvedendo ai fabbisogni dell’anziano.

Le giornate di Bo scorrono una identica all’altra, il deperimento fisico lo costringe a vivere quasi esclusivamente su una panca di legno che tiene in cucina, e i suoi unici momenti di svago sono rappresentati dalle sporadiche passeggiate con Sixten e dalle telefonate con l’amico di sempre, Ture, anche lui anziano, anche lui accudito dai servizi sociali. Un’esistenza accettabile, per quanto di piccolissimo cabotaggio che, però, precipita, quando Hans, preoccupato per le condizioni di salute del padre, decide di affidare a dei vicini il cane...

Quando Le Gru Volano a Sud è l’esordio della scrittrice svedese Lisa Ridzén, che ha trovato lo spunto per la trama del romanzo, leggendo gli appunti che l’equipe di cura di suo nonno, ha consegnato alla famiglia dopo la morte dell’anziano. Con una prosa asciutta, quasi chirurgica, a cui, però, basta una riga per tratteggiare momenti di struggente lirismo, la Ridzén racconta la fine di una vita, riflettendo con profondità sulla morte, sul senso dell’esistenza, sull’amicizia e, soprattutto, sul rapporto conflittuale tra padre e figli, tema che anima buona parte del romanzo.

Bo vive in una bolla tutta sua, fatta di ricordi e di rimpianti, trascorre le giornate dormendo molto, accarezzando l’amato cane, distraendosi solo con un po’ di televisione, qualche programma radio, i dialoghi brevi e smozzicati con chi viene a trovarlo.

Ripensa al passato, al rapporto con il proprio padre violento, dittatoriale e anaffettivo, da cui fugge, appena maggiorenne, quando trova un’occasione di lavoro in un’altra cittadina. Un rapporto intrecciato di paura e violenza, di sopraffazione e frustrazione, che scava lentamente un fossato fra i due, instillando nel piccolo Bo sentimenti di rabbia che non riuscirà mai a sopire.

Mi sentivo falso, lì davanti alla bara. Mi sentivo falso al pensiero che la gente alle mie spalle fosse convinta che lo piangessi. Le parole del pastore mi avevano indisposto: quelle frasi rispettose dimostravano che non conosceva affatto l’uomo che era stato mio padre.”

Bo pensa anche al rapporto con Hans, un figlio amatissimo quando era bambino e con il quale i rapporti si sono progressivamente sfilacciati. Ma laddove erano la prevaricazione e il rancore a determinare le dinamiche tra Bo e suo padre, con Hans prevale, invece, come un muro invalicabile, il non detto, l’amore taciuto per troppo tempo, la necessità di comprensione reciproca, ora che il rapporto si è ribaltato: Hans accudisce il padre, prigioniero in un corpo che non risponde più ai comandi, come Bo faceva con lui quando era piccolo. E come per tutti i bambini, certe scelte del genitore sono incomprensibili, anche se dettate da sincero affetto e desiderio di protezione.

Bo racconta tutto alla moglie, in un monologo immaginario dal quale trova conforto, nel tentativo velleitario di rendere presente e reale una figura amata, che ora vive a chilometri da lui, in un ospizio, incapace di riconoscerlo, incosciente della realtà che la circonda. Un monologo interrotto solo dai biglietti, spesso asettici, che gli operatori sociali si scambiano a ogni cambio turno e che intervallano la narrazione principale. Che si sofferma anche sull’amicizia fra Bo e Ture, lunga una vita, traboccante di sincero affetto, nonostante le voci ricorrenti circa l’omosessualità di quest’ultimo. Voci a cui Bo non ha mai dato importanza, anche se, in un passaggio toccante del libro, quando scopre che l’amico aveva una relazione con un altro uomo, si sente in qualche modo tradito. Non per l’omosessualità, ma perché il suo migliore amico non è stato completamente sincero, non si è aperto totalmente, tenendo celata una parte importante della sua vita.

Ogni pagina di Quando Le Gru Volano Al Sud racchiude una verità, ogni pagina impone una riflessione, anche se leggere e pensare fa dannatamente male. Perché questa storia riguarda ciascuno di noi, quello che abbiamo vissuto o vivremo coi nostri genitori, quello che vivremo personalmente, il giorno in cui non avremo più alcun potere sulla nostra vita, sulle nostre scelte, sui nostri desideri.

In qualche modo, però, questo straordinario romanzo è anche consolatorio e fa bene all’anima. Perché tratteggia personaggi di grande umanità (Ture), altri animati da sincera pietas (la dolce assistente sociale Ingrid) e indica chiaramente la strada che dà il senso ultimo alle nostre esistenze: il perdono.

E quando nelle ultime, struggenti pagine, la morte bussa alla porta, il corpo si dissolve, l’anima diventa più leggera, e la natura e l’amore di chi ci circonda trasformano l’estremo passo nel momento culminante della vita.

Il suo naso umido mi si infila sotto la mano e lui preme contro di me. Tutto si fa di una chiarezza cristallina. Una finestra si apre e io sento le gru riunirsi per volare a sud.”

 

Blackswan, mercoledì 01/10/2025