mercoledì 3 dicembre 2025

Rocket - R Is For Rocket (Transgressive, 2025)

 


La musica ai tempi dei social imbocca strade su cui si corre velocemente verso la notorietà. Che sia un bene o un male, non sta a noi giudicare. Sta di fatto che i Rocket, quattro ventenni di Los Angeles, che hanno iniziato a fare musica nel 2021, si sono trovati a gestire in breve tempo un hype in crescendo, tanto che nel biennio tra la loro formazione e l’EP di debutto Versions Of You, dopo una gavetta in piccoli locali della zona, si sono trovati ad aprire i concerti di quelle band che adoravano durante l’adolescenza, come Ride e Smashing Pumpkins. E questo, uscendo indenni dalla crisi pandemica e senza aver pubblicato un album completo.

Un specie di miracolo artistico che li ha portati alla pubblicazione di R Is For Rocket, esordio sulla lunga distanza, che ha ulteriormente rafforzato la loro immagine agli occhi della critica e di una fanbase sempre più numerosa.

Che la band abbia talento è abbastanza chiaro fin da un primo ascolto dell’album, ma è altrettanto vero che le dieci canzoni in scaletta si allineano a uno stiloso revival dell’alt rock anni ’90, che fonde con intelligenza shoegaze, noise, dream pop e schegge di grunge, in un connubio equilibrato di chitarre propulsive e melodie eteree.

R Is for Rocket è, tuttavia, un album di debutto insolitamente sicuro, che dimostra come quest'ondata di nostalgia per l'apogeo dell'alternative possa essere riletta con consapevolezza ed evidente devozione, a volte fin troppa, per band seminali come i citati Ride e Smashing Pumpkins, oltre che Breeders e Sonic Youth.

L’iniziale "The Choice" apre il disco con scintillanti tessiture di chitarra e si sviluppa su un crescendo che lentamente divampa, mentre nella successiva "Act Your Title" il basso ronza accompagnato da un drumming quadrato, che scalda l’atmosfera senza saturare eccessivamente il mix. Una chitarra squillante e leggermente distorta crea scintillio e spazio, mentre la voce di Alithea Tuttle entra non come una rivelazione, morbida, intima, composta.

C'è una certa audacia nel modo in cui la frontwoman si appropria dei brani. La sua voce si insinua negli arrangiamenti con una chiarezza che risulta ipnotizzante, è lei a dettare il ritmo della band, permettendo alle dinamiche di emergere in modo naturale e, così facendo, inquadra l'architettura emotiva della scaletta con inarrivabile precisione.

L’elemento distintivo dei Rocket è dunque il pop-rock teso e trascinante che li avrebbe portati a riempire le arene tre decenni fa: "One Million" accosta un riff irresistibile a una melodia che aleggia, coinvolgendo emotivamente l’ascoltatore, mentre "Pretending" flirta, rumorosa ma acchiappona, con lo shoegaze.

I Rocket portano le loro influenze ben impresse nella memoria e ci sono momenti, in particolare nella seconda metà dell'album, in cui la devozione al suono fa virare i brani verso una pericolosa prevedibilità, finchè la title track, con il suo crescendo rumoroso, chiude il cerchio palesando un indiscutibile talento.

In definitiva, R Is For Rocket mette in scena una band che sta testando i propri limiti, esplicitando, però, anche tutte quelle qualità atte a superarli. Non è, dunque, un disco impeccabile, ma finisce per essere comunque avvincente: in tre parole, derivativo, interessante, promettente.

Voto: 7

Genere: Indie Rock 




Blackswan, mercoledì 03/12/2025

martedì 2 dicembre 2025

Laura Cox - Trouble Coming (ear@music, 2025)

 


Dal debutto datato 2019 e intitolato Burning Bright (in realtà, era già stato pubblicato precedentemente un disco come Laura Cox Band), la cantante e chitarrista francese ha iniziato a ritagliarsi uno spazio sempre più ampio nel novero delle migliori interpreti femminili del genere rock blues. Il successivo e bellissimo Head Above Water del 2023, ne ha confermato la caratura e il talento, non solo conquistando la critica, ma allargando sensibilmente il bacino della sua fanbase.

Questo nuovo Trouble Coming vede la Cox ancora più consapevole dei suoi mezzi e perfettamente a suo agio con una backing band diversa dalla precedente, che ha saputo assecondare la nuova visione della chitarrista, alle prese con un approccio più libero e molto meno legato al passato.

Il risultato è un disco che, senza rinnegare la propria comfort zone, vede la Cox cercare un suono più rotondo e meno prevedibile, più moderno e meno ancorato ai consueti tropi rock blues. Decisamente più radiofonico, anche, senza che però questo aspetto abbia sminuito un songwriting sempre solido e ispirato.

"No Need To Try Harder" è l’inizio che ci saremmo aspettato e riprende il discorso interrotto con Head Above Water: un rock blues che alterna momenti muscolari ad altri più introspettivi, in un connubio in cui la musicista francese esibisce la propria tecnica eccelsa con misura e senza inutili sbrodolamenti.

"A Way Home" si apre con un bel riff schiaccia sassi, ma l’andamento del brano è ben poco lineare, accostando momenti innodici ad altri di stasi melodica, impacchettati da un paio di assoli brevi ma ficcanti.

La title track apre al blues più classico, ma l’atmosfera è abbastanza cupa, nonostante la tessitura melodica ben congegnata.

"Inside The Storm" è lo specchio di un nuovo modo di concepire le canzoni, il rock non manca, ma la declinazione è decisamente più indie, il ritornello è folgorante, il mood vagamente malinconico, gli arrangiamenti decisamente più accurati. Un passo di lato rispetto al passato, e decisamente riuscito.

"What Do You Know?" è una ballata cadenzata e avvolta in spire crepuscolari, le trame sotterranee sono bluesy, lo svolgimento denso di pathos.

Il basso distorto e pulsante che apre "Dancing Around the Truth" stuzzica fantasie quasi new wave, mettendo l’accento sulla versatilità del disco, così come "The Broken", pervasa a tratti da un’urgenza quasi punk.

Più in linea con l’antico spirito, l’intensa ballata "Out Of The Blue", in cui la Cox si cimenta al banjo, donando al brano un tocco molto americano, e il rock blues pesante e stazzonato di "Rise Together".

Chiudono il disco il ringhio ribelle di "Do I Have Your Attention?" una sorta di chiamata alle armi di tutti i suoi fan (e che assolo!) e la conclusiva "Strangers Today", che alterna strofe scarne e ispide a un ritornello avvolgente e sensuale.

Con Trouble Coming la Cox ha rifinito il suo suono, spaziando fra i generi e rendendolo appetibile per un pubblico più vasto, grazie ad arrangiamenti decisamente moderni. Non si è snaturata, grazie a Dio, e le radici rock blues sono ancora ben presenti, ma in un contesto forse più malinconico e cupo, e volutamente più libero e coraggioso.

Voto: 7,5

Genere: Rock, Blues

 


 


Blackswan, maredì 02/12/2025

lunedì 1 dicembre 2025

Sunny Afternoon - The Kinks (Pye, 1966)

 


Nonostante il titolo, questa non è una canzone estiva spensierata e allegra. Il protagonista è figlio di un élite benestante, un giovane rampollo la cui villa è stata svuotata dal fisco, che gli ha persino sequestrato lo yacht. Anche la fidanzata l’ha lasciato, portandosi via la macchina. Non ha più nulla e tutto ciò che gli resta è godersi un pomeriggio soleggiato, sorseggiando birra ghiacciata.

La canzone è stata scritta dal frontman dei Kinks, Ray Davies, che stava attraversando un periodo molto difficile. I Kinks erano nel mezzo di un'improvvisa ascesa alla fama, ma le tensioni del gruppo, le cause legali, un carico di lavoro irrealistico e un management vile li rendeva infelici. Davies stava anche affrontando la paternità e si prese una pausa dal gruppo per dedicarsi alla figlioletta.

Il cantante scrisse "Sunny Afternoon" proprio durante questo periodo di stasi, prima componendo la musica e poi le liriche, attraverso le quali creò un alter ego per esprimere, filtrandoli, i propri sentimenti. E L'unico modo per poterlo fare, era quello di inventarsi la figura di un aristocratico polveroso e decaduto che proveniva da una famiglia ricca, e che ben esprimeva lo stato d’animo apatico del songwriter, la cui agiatezza, però, era stata raggiunta con il duro lavoro di musicista.

Tuttavia, temendo che gli ascoltatori potessero simpatizzare con questo triste, annoiato e decadente riccastro, Davies lo trasformò in un mascalzone che malmenava la sua ragazza dopo una notte di ubriachezza (“In estate, La mia ragazza è scappata con la mia macchina, Ed è tornata dai suoi genitori, Raccontando storie di ubriachezza e crudeltà”).

A proposito della genesi del brano, Davies disse: “Vivevo in una casa arredata in perfetto stile anni '60. Le pareti erano arancioni e i mobili verdi. Mia figlia di un anno gattonava sul pavimento e io scrissi il riff iniziale. Lo ricordo vividamente. Indossavo un maglione a collo alto." All’epoca, inoltre, il leader dei Kinks, che come detto viveva un momento di profonda apatia, non ascoltava musica, ad eccezione di Frank Sinatra, Bob Dylan e Bach, che riproduceva in loop dal giradischi di casa e che, disse, siano state le sue uniche fonti d’ispirazione.

Il giorno della registrazione, Davies aveva un forte raffreddore, che gli alterava la voce. Quando a fine giornata fu il turno di registrare "Sunny Afternoon", il cantante era molto sofferente, ma ci provò lo stesso. Il risultato, a suo dire, fu pessimo e chiese di poterla provare un’altra volta. Tuttavia, il tempo della sessione era finito e non si potè far altro che tener buona quella traccia, a proposito della quale il musicista, qualche tempo dopo, disse: “avevo 22 anni, ma la mia voce sembrava quella di uno sui 40, che ha passato momenti difficili”.  

Pubblicata come singolo a giugno del 1966 (e poi confluita nella scaletta di Face To Face, uscito a ottobre dello stesso anno), "Sunny Afternoon" fu il terzo (e ultimo) successo numero 1 nel Regno Unito per i Kinks, dopo "You Really Got Me" e "Tired of Waiting for You". Gli americani, invece, non apprezzarono i Kinks come fecero con i Beatles e i Rolling Stones, e dal 1965 al 1969 una disputa sindacale impedì alla band di andare in tournée in quel paese e riuscire, quindi, a fare nuovi proseliti. Ciononostante, i loro primi singoli andarono abbastanza bene anche negli States, tanto che "Sunny Afternoon" raggiunse la posizione numero 14.

Un’ultima annotazione. Il verso” Salvami da questa stretta, Ho una mamma grande e grassa che cerca di spezzarmi” non si riferisce solo alla mamma di Davies, che era un donnone, ma contiene soprattutto una velata critica politica. La mamma grassa, infatti, non è altro che il governo britannico che, con le sue politiche, cerca di spezzare la vita dei propri cittadini.

 


 

 

Blackswan, lunedì 01/12/2025