RICEVO DALLA NOSTRA FREELANCE CLEOPATRA E INTEGRALMENTE PUBBLICO :
Il grado di civiltà di un paese si misura osservando la condizione delle sue
carceri " diceva il filosofo francese Voltaire e,in effetti, analizzando la
situazione italiana l'impressione che si ricava è quella di uno stato retrogrado.
carceri " diceva il filosofo francese Voltaire e,in effetti, analizzando la
situazione italiana l'impressione che si ricava è quella di uno stato retrogrado.
La condanna che la Corte Europea di Strasburgo ha recentemente inflitto
all'Italia per trattamenti inumani e degradanti ai danni di un detenuto presso
il carcere di Parma non è altro che l'ennesima conferma.
Il caso riguarda la reclusione di Nicola Cara Damiani costretto sulla sedia a
rotelle e impossibilitato a muoversi all'interno della struttura carceraria a
causa della presenza di barriere architettoniche.
La sentenza,oltre ad avere condannato lo stato italiano al riconoscimento di
un risarcimento alla parte lesa, sottolinea e ribadisce la necessità di
assicurare ai carcerati la compatibilità delle condizioni detentive con il
rispetto della dignità umana.
L'articolo 27 della Costituzione sancisce che le pene non possono consistere
in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione
del condannato. Parole che restano sulla carta, se si pensa alla piaga del
sovraffollamento, della scarsità delle condizioni igieniche e della mancanza di
personale.
Mi rendo conto di quanto impopolare sia l'argomento soprattutto in un un
momento in cui tutti invocano una maggiore certezza della pena. Eppure una giustizia
severa ma veramente giusta non può e non deve coniugare il carcere ad una discarica
sociale. Personalmente, sono una convinta sostenitrice di una pena intransigente
con finalità rieducative.
Spesso (e a torto), si ritiene che questo pezzo di mondo non appartenga al
nostro quotidiano e magari cambiamo canale quando un rappresentante di qualche
associazione segnala il proccupante numero di detenuti rispetto alla capienza
delle carceri rimanendo, talvolta, indifferenti nei confronti dell'emergenza
suicidi (che coinvolge anche il personale carcerario).
Quante volte di fronte alla notizia di un delitto efferato si è pensato di
chiudere l'autore del fatto in una cella,buttando via la chiave? Riflettendo
bene, l'universo carcerario comprende non solo chi ha infranto la legge (a cui si
aggiungono anche gli innocenti), ma anche i c.d. "reclusi di professione" come
gli agenti penitenziari, i direttori delle strutture, i cappellani, i sanitari, gli
assistenti sociali che vivono e lavorano in una dimensione di totale abbandono
e degrado e in cui il refrain della mancanza di fondi sembra essere l'unica e
comoda giustificazione a cui si fa supinamente ricorso.
Se facciamo un viaggio all'interno delle strutture carcerarie ciò che salta
agli occhi è il numero impressionante di detenuti stipati in celle anguste e
molto spesso fatiscenti.
Dall'unità di Italia ad oggi,non se ne sono mai registrati così tanti : si
calcola che 1/3 sono stranieri (nord africani,in testa colpevoli di reati
legati allo spaccio di stupefacenti e all'immigrazione) e 2/3 italiani. Di
questi, solo il 10% lavora mentre il resto vegeta in un ozio pericolosissimo.
Sorprendentemente, sono i c.d." pesci piccoli " a ingolfare il circuito
carcerario attraverso il sistema delle " porte girevoli " (ossia dell'entra ed
esci ) che punisce con la detenzione i reati più lievi : sono circa 32 mila i
nuovi rei che entrano in carcere per la prima volta.
Proprio con riguardo ai reati legati alla tossicodipendenza, l'Italia detiene
il triste primato di essere il paese che ricorre sempre meno a misure
alternative alla detenzione - come la permenenza in strutture socio-
riabilitative - sebbene il risparmio in termini economici sia ragguardevole. Un
esempio deplorevole è dato dal carcere di S.Sebastiano a Sassari in cui l'80%
dei detenuti è tossicodipendente.
Come si spiega che in uno stato di diritto come l'Italia le condizioni
detentive siano tanto incivili e disumane?
Da una parte,con il fallimento del Piano Carceri ideato dall'ex ministro
Angelino Alfano nel 2009 che si proponeva di risolvere l'emergenza
sovraffollamento ( rimasto, ovviamente, sulla carta ) , dall'altra con gli sprechi
che negli anni si sono aggiunti e moltiplicati.
L'elenco delle strutture fantasma adibite a istituti di pena rimaste
inutilizzate è, davvero, imbarazzante : se ne calcolano circa 40 dislocate nel
territorio nazionale soppresse,incompiute,molto spesso arredate e mai entrate
in funzione.
Se vi capita di leggere la relazione dell'Associazione Antigone,redatta nel
giugno del 2011, rimarrete certamente sconcertati. Tanto per fare un esempio,nel
carcere di Poggio Reale a Napoli in una cella di pochi metri quadrati si sta in
9 e si fanno i turni per stare in piedi con i servizi igienici attaccati ad una
sorta di angolo cottura. In quello di Mantova i detenuti sono alloggiati nella
sala colloqui e nessuna attività sportiva o culturale è prevista per la
mancanza di personale.
Ma in questo girone infernale ci sono coloro che oltre a non avere l'acqua
calda, i servizi igienici o il riscaldamento non hanno garantite neppure le cure
mediche ,come a Bergamo dove un detenuto in attesa di giudizio ha atteso
inutilmente le opportune terapie per curare un cancro divenuto successivamente
inoperabile o come a Siracusa, dove un detenuto non ha potuto sottoporsi a
dialisi perchè mancava il carburante per trasportarlo in ospedale.
Poi ci sono i casi di violenza come quello avvenuto nel carcere genovese di Marassi
dove uno psicologo è indagato per concussione e violenza sessuale ai danni di
alcuni detenuti a lui affidati o come il caso di due agenti di polizia
penitenziaria che a San Vittore (Milano) sono stati accusati di violenza
aggravata ai danni di un internato transessuale.
Ma a questa lista nera si affianca un elenco che ci fa ben sperare. Nel carcere
di Padova, ad esempio, i detenuti pasticceri sono stati premiati per la
produzione del panettone che è stato annoverato nella top ten del Gambero Rosso.
In quello di Torino è stato dato il via ad un call center che impiega circa 15
detenuti. Un cenno va, infine, dedicato ai detenuti del carcere di Bollate che,
insieme a quello di Rebibbia, hanno dato vita ad uno spazio giornalistico e
informativo in cui si raccontano, commentano le notizie carcerarie, la
quotidianità nella struttura, le disfunzioni del sistema.
Terminato questo excursus è lecito domandarsi quali iniziative intenda
assumere il governo in proposito.
Una persona dotata di un minimo di buon senso penserebbe ad un drastico taglio
degli sperperi e a stanziare dei fondi per attivare tutte quelle strutture
rimaste inattive. E invece no. Opta per la soluzione "project financing" ( art.44
del Decreto sulle Liberalizzazioni ) che prevede l'affidamento della
costruzione e della relizzazione di infrastrutture carcerarie a imprenditori
privati con l'esclusione della custodia.
A parte l'aspetto aberrante di un business costruito sui detenuti ( più ce ne
saranno, maggiore sarà il profitto) riuscite ad immaginare cosa comporterebbe
questo progetto in un paese ad alta densità mafiosa come il nostro? E che dire
del recente decreto svuota- carceri? L'immagine è la solita, quella di un paese
inadeguato che preferisce la scorciatoia piuttosto che affrontare seriamente il
problema.
Concludo citando il letterato illuminista Cesare Beccaria che sul trattato "
Dei delitti e delle pene " (scritto nel 1764) sostiene che il fine di queste
ultime non è quello di tormentare ed affliggere un essere ma quello di impedire al reo di commettere nuovi danni e di evitare agli altri di farne uguali,
cosicchè faranno un'impressione più efficace e più durevole sugli animi degli
uomini.
Un pensiero di grande attualità e un esempio di saggezza da cui ripartire.
all'Italia per trattamenti inumani e degradanti ai danni di un detenuto presso
il carcere di Parma non è altro che l'ennesima conferma.
Il caso riguarda la reclusione di Nicola Cara Damiani costretto sulla sedia a
rotelle e impossibilitato a muoversi all'interno della struttura carceraria a
causa della presenza di barriere architettoniche.
La sentenza,oltre ad avere condannato lo stato italiano al riconoscimento di
un risarcimento alla parte lesa, sottolinea e ribadisce la necessità di
assicurare ai carcerati la compatibilità delle condizioni detentive con il
rispetto della dignità umana.
L'articolo 27 della Costituzione sancisce che le pene non possono consistere
in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione
del condannato. Parole che restano sulla carta, se si pensa alla piaga del
sovraffollamento, della scarsità delle condizioni igieniche e della mancanza di
personale.
Mi rendo conto di quanto impopolare sia l'argomento soprattutto in un un
momento in cui tutti invocano una maggiore certezza della pena. Eppure una giustizia
severa ma veramente giusta non può e non deve coniugare il carcere ad una discarica
sociale. Personalmente, sono una convinta sostenitrice di una pena intransigente
con finalità rieducative.
Spesso (e a torto), si ritiene che questo pezzo di mondo non appartenga al
nostro quotidiano e magari cambiamo canale quando un rappresentante di qualche
associazione segnala il proccupante numero di detenuti rispetto alla capienza
delle carceri rimanendo, talvolta, indifferenti nei confronti dell'emergenza
suicidi (che coinvolge anche il personale carcerario).
Quante volte di fronte alla notizia di un delitto efferato si è pensato di
chiudere l'autore del fatto in una cella,buttando via la chiave? Riflettendo
bene, l'universo carcerario comprende non solo chi ha infranto la legge (a cui si
aggiungono anche gli innocenti), ma anche i c.d. "reclusi di professione" come
gli agenti penitenziari, i direttori delle strutture, i cappellani, i sanitari, gli
assistenti sociali che vivono e lavorano in una dimensione di totale abbandono
e degrado e in cui il refrain della mancanza di fondi sembra essere l'unica e
comoda giustificazione a cui si fa supinamente ricorso.
Se facciamo un viaggio all'interno delle strutture carcerarie ciò che salta
agli occhi è il numero impressionante di detenuti stipati in celle anguste e
molto spesso fatiscenti.
Dall'unità di Italia ad oggi,non se ne sono mai registrati così tanti : si
calcola che 1/3 sono stranieri (nord africani,in testa colpevoli di reati
legati allo spaccio di stupefacenti e all'immigrazione) e 2/3 italiani. Di
questi, solo il 10% lavora mentre il resto vegeta in un ozio pericolosissimo.
Sorprendentemente, sono i c.d." pesci piccoli " a ingolfare il circuito
carcerario attraverso il sistema delle " porte girevoli " (ossia dell'entra ed
esci ) che punisce con la detenzione i reati più lievi : sono circa 32 mila i
nuovi rei che entrano in carcere per la prima volta.
Proprio con riguardo ai reati legati alla tossicodipendenza, l'Italia detiene
il triste primato di essere il paese che ricorre sempre meno a misure
alternative alla detenzione - come la permenenza in strutture socio-
riabilitative - sebbene il risparmio in termini economici sia ragguardevole. Un
esempio deplorevole è dato dal carcere di S.Sebastiano a Sassari in cui l'80%
dei detenuti è tossicodipendente.
Come si spiega che in uno stato di diritto come l'Italia le condizioni
detentive siano tanto incivili e disumane?
Da una parte,con il fallimento del Piano Carceri ideato dall'ex ministro
Angelino Alfano nel 2009 che si proponeva di risolvere l'emergenza
sovraffollamento ( rimasto, ovviamente, sulla carta ) , dall'altra con gli sprechi
che negli anni si sono aggiunti e moltiplicati.
L'elenco delle strutture fantasma adibite a istituti di pena rimaste
inutilizzate è, davvero, imbarazzante : se ne calcolano circa 40 dislocate nel
territorio nazionale soppresse,incompiute,molto spesso arredate e mai entrate
in funzione.
Se vi capita di leggere la relazione dell'Associazione Antigone,redatta nel
giugno del 2011, rimarrete certamente sconcertati. Tanto per fare un esempio,nel
carcere di Poggio Reale a Napoli in una cella di pochi metri quadrati si sta in
9 e si fanno i turni per stare in piedi con i servizi igienici attaccati ad una
sorta di angolo cottura. In quello di Mantova i detenuti sono alloggiati nella
sala colloqui e nessuna attività sportiva o culturale è prevista per la
mancanza di personale.
Ma in questo girone infernale ci sono coloro che oltre a non avere l'acqua
calda, i servizi igienici o il riscaldamento non hanno garantite neppure le cure
mediche ,come a Bergamo dove un detenuto in attesa di giudizio ha atteso
inutilmente le opportune terapie per curare un cancro divenuto successivamente
inoperabile o come a Siracusa, dove un detenuto non ha potuto sottoporsi a
dialisi perchè mancava il carburante per trasportarlo in ospedale.
Poi ci sono i casi di violenza come quello avvenuto nel carcere genovese di Marassi
dove uno psicologo è indagato per concussione e violenza sessuale ai danni di
alcuni detenuti a lui affidati o come il caso di due agenti di polizia
penitenziaria che a San Vittore (Milano) sono stati accusati di violenza
aggravata ai danni di un internato transessuale.
Ma a questa lista nera si affianca un elenco che ci fa ben sperare. Nel carcere
di Padova, ad esempio, i detenuti pasticceri sono stati premiati per la
produzione del panettone che è stato annoverato nella top ten del Gambero Rosso.
In quello di Torino è stato dato il via ad un call center che impiega circa 15
detenuti. Un cenno va, infine, dedicato ai detenuti del carcere di Bollate che,
insieme a quello di Rebibbia, hanno dato vita ad uno spazio giornalistico e
informativo in cui si raccontano, commentano le notizie carcerarie, la
quotidianità nella struttura, le disfunzioni del sistema.
Terminato questo excursus è lecito domandarsi quali iniziative intenda
assumere il governo in proposito.
Una persona dotata di un minimo di buon senso penserebbe ad un drastico taglio
degli sperperi e a stanziare dei fondi per attivare tutte quelle strutture
rimaste inattive. E invece no. Opta per la soluzione "project financing" ( art.44
del Decreto sulle Liberalizzazioni ) che prevede l'affidamento della
costruzione e della relizzazione di infrastrutture carcerarie a imprenditori
privati con l'esclusione della custodia.
A parte l'aspetto aberrante di un business costruito sui detenuti ( più ce ne
saranno, maggiore sarà il profitto) riuscite ad immaginare cosa comporterebbe
questo progetto in un paese ad alta densità mafiosa come il nostro? E che dire
del recente decreto svuota- carceri? L'immagine è la solita, quella di un paese
inadeguato che preferisce la scorciatoia piuttosto che affrontare seriamente il
problema.
Concludo citando il letterato illuminista Cesare Beccaria che sul trattato "
Dei delitti e delle pene " (scritto nel 1764) sostiene che il fine di queste
ultime non è quello di tormentare ed affliggere un essere ma quello di impedire al reo di commettere nuovi danni e di evitare agli altri di farne uguali,
cosicchè faranno un'impressione più efficace e più durevole sugli animi degli
uomini.
Un pensiero di grande attualità e un esempio di saggezza da cui ripartire.
Cleopatra.
15 commenti:
... ed è di oggi la notizia dell'ennesimo suicidio in carcere, simbolo di un "paese civile" come il nostro.
Questo post è un bell'esempio di impegno sociale, anche ben scritto, in maniera diretta e documentata..
Hai fatto bene ad ospitarlo amico black!
Questo articolo mi ha lasciato l'amaro in bocca. Sono molto attenta alla tematica delle carceri, e credo che dovremmo esserlo tutti per dovere sociale.
Le carceri vengono utlizzate come ripostiglio sociale, come strumento per l'emarginazione. Le carceri, così come sono oggi ( tranne rarissime eccezioni ) rappresentano il modo migliore per annientare un essere umano. Possibile che non si capisca che i detenuti dovrebbero, in primis, essere riabilitati, e messi in
condizione di vivere una vita normale una volta fuori dal carcere? Io sono dell'idea che questi uomini e queste donne dovrebbero essere impiegati per svolgere tutta una serie di mansioni e attività , attività utili alla collettività, attività che magari servano anche ad alleggerire i costi per mantenere le carceri stesse, si, perchè mantenere le carceri costa molto !
E' giusto che chi ha commesso un reato paghi il proprio debito con la SOCIETà, ma è un dovere sociale sostenere queste persone e indirizzarle verso un cambiamento concreto, offrendo loro gli strumenti di supporto più idonei.
Invece, purtroppo, per molte di queste persone la detenzione diventa l'inizio della fine...l'inizio dell'umiliazione, l'inizio di una lunga serie di violenze. Beccaria aveva capito ciò che ancora oggi non siamo in grado di comprendere, o facciamo finta di non comprendere..anche qui gli interessi economici di certe lobby si giocano sulla pelle dei più deboli. Che tristezza.
Cara Cleopatra, come ho già detto una volta, trattare le persone come pecore stipate in un ovile equivale a convincerle di essere bestie, una volta uscite (vive) dal carcere, come si comporteranno? Evidentemente è molto più comodo trattare i detenuti come bestie, le bestie infatti non hanno bisogno di molto: poco cibo, poco spazio, soprattutto nessuna necessità mentale, mentre al contrario l'impegno (ri)educativo richiederebbe non solo denaro (speso per le bestie??) ma anche che i progetti e i singoli detenuti vengano seguiti nel loro percorso di riabilitazione sociale (ma si meritano quest'impegno??). Mi stupisce a questo punto che a nessuno sia venuto in mente di usare i detenuti almeno come bestie da soma, fargli fare qualcosa insomma!! Quindi nemmeno bestie: sono considerati oggetti venuti male, sarebbero da buttar via, se le cose stanno così è un inutile spreco di soldi anche avere il carcere anziché la pena di morte.
Ho sempre l’impressione che in Italia manchi una mentalità volta a dare fiducia al prossimo (sconosciuto), anche a chi ha sbagliato, anche a chi continua a sbagliare. Io non so come funzionino queste cose viste dall’alto, da chi deve decidere, gli interessi in gioco sono sicuramente tanti, ma io mi stupisco che a nessuno interessi aiutare e “salvare” queste persone: è come dare uno schiaffo ad uno scolaro per punirlo di un compito sbagliato, senza spiegargli in cosa ha sbagliato e come può evitare di sbagliare ancora, non è un metodo di insegnamento; così come non è un metodo socialmente rieducativo ammucchiare i detenuti “per punizione”, però è evidente che dare un futuro, dare un’istruzione, dare uno scopo, dare un mestiere, dare interesse per la vita ai detenuti (e per di più “pesci piccoli”) non è considerata una giusta punizione per un tossico o un extracomunitario o un tossico extracomunitario o un ladruncolo qualsiasi; ma spesso se queste persone finiscono in prigione è proprio perché non hanno un’istruzione, un mestiere, un posto nel mondo, un futuro: dargli l’occasione di costruirselo sarebbe non solo il minimo, ma anche la soluzione più semplice e veloce ed economica al problema (anziché acuire la loro rabbia e il loro rancore nei confronti della società).
Elle mi ha letteralmente anticipato togliendomi gran parte delle cose da dire,potevi lasciarmene un pò da scrivere anche a me :) scherzo.
Comunque, come in tantissimi altri problemi del nostro paese, è la mentalità sbagliata della massa a permettere ciò.
Purtroppo ci sono luoghi comuni che per quanto insignificanti possano sembrare, influiscono moltissimo sull' affrontare il problema.
Se si prova a fare una indagine sul problema carceri scoprirete che molti vi risponderanno "beh hanno sbagliato, giusto che paghino e che non vengano trattati bene.." o cose di questo genere non rendendosi conto che basta poco per trovarsi al loro posto.
Nelle carceri c'è l' assassino ok, ma c'è anche chi ha rubato per fame , per bisogno c'è chi non ha potuto permettersi un avvocato da milioni di euro.
Ma questo al gente non lo capisce.
Si dovrebbe usufruire di più ancora dei servizi sociali, renderli persone utili alla comunità (che però sia chiaro loro dovrebbero rendersi ben conto dell' opportunità che gli viene concessa)invece di mandarli in quell inferno. dove molti entrano agnelli ed escono lupi.
Cara Cleopatra, grazie per il post davvero ben scritto e ben curato.e grazie soprattutto per aver affrontato con serietà un tema tanto ostico e ricco di implicazioni.Tante le vergogne del nostro paese, nel quale gli sperperi non ci consentono mai di affrontare e risolvere problemi reali, di gravità inaudita come questo.D'altra parte,i detenuti non sono considerati nemmeno cittadini di serie B.Non si spende per la " feccia " dell'umanità, non si investe in civiltà.Poi, in Parlamento, siedono cento fra inquisiti,condannati e pregiudicati, a cui se per caso va male, si faranno solo qualche mese ai domiciliari.Un obbrobrio.
vorrei segnalare anche un' altro esempio positivo ed e' quello del carcere femminile di Pozzuoli in provincia di Napoli, dove le detenute hanno creato una torrefazione di caffè, quindi non solo rieducazione attraverso il lavoro, ma anche una capacita' imprenditoriale che raccoglie oramai da due anni notevoli successi.
La cosa che invece non e' stata evidenziata nella drammaticità della situazione carceraria, in questo caso femminile, e ' che in queste strutture ci vivono anche bambini che per legge fino al terzo anno del bambino possono stare con la madre, e che naturalmente vivono in strutture assolutamente inadeguate all' infazia...
Un quadro ancora più impressionante di quanto già non supponessi!
Voltaire aveva più che ragione!
Purtroppo credo che difficilmente si arrivi ad una vera soluzione.
Il punto è che la politica continua a trattare il problema delle carceri a spot... serve una riforma vera e propria. Poi altra cosa ancora è il fatto che basta avere un po' di soldi, un buon avvocato e si esce dal carcere poi ci sono persone che non vengono neanche ascoltate e li dentro si ammazzano,
non è da paese civile.
Da piccolo avevo il terrore di finire in galera e spesso me lo sognavo.
Ora credo proprio che non sopravviverei e andrei ad allungare la lista dei suicidi.
Cleopatra e chi mi ha anticipato hanno usato le parole giuste per dimostrare che le nostre carceri sono veri e propri gironi infernali e che non c'è nessuna volontà di risolvere questo problema: mica si guadagnano voti a fare queste battaglie.
Si può solo sperare nell'intervento di personalità di spicco o di iniziative clamorose.
Una verità innegabile e io ci aggiungerei anche le condizioni degli ospedali.
Cristiana
...un post veramente bello e ben scritto! e brava Cleopatra...
L'effetto criminogeno delle carceri è un fenomeno su cui c'è una letteratura imponente.
La nostra dissennata normativa fa entrare in carcere gente che non dovrebbe entrarci, responsabile di reati che ormai non vengono percepiti come tali neppure dalla sensibilità comune.
Purtroppo gli ultimi sono quelli più a rischio, perchè già di loro fanno una vita borderline, e poi sono male assistiti.
Per dirla tutta, ho qualche perplessità sull'idea che il carcere debba dare ai detenuti un futuro, un'istruzione, uno scopo ed un mestiere.
In fondo, ferma restando la funzione rieducativa della pena, il carcere non è una scuola nè un istituto professionale.
Però, certamente, i detenuti possono quanto meno essere adibiti a funzioni utili per loro e per gli altri, e ci sono molti esempi in tal senso.
In ogni caso, la dignità è dovuta a chiunque, e stare in sei in una cella da due cagando in un secchio sotto gli occhi degli altri cinque non è dignitoso.
Ma come è stato ben detto, nessuno se ne occuperà mai perchè il tema non da consenso.
A meno di una rivolta sanguinosa, che ovviamente non mi auguro ma che sarebbe forse l'unico modo per dare autentica visibilità al problema.
A proposito, avete mai sentito parlare della "squadretta"?
Se un detenuto da fastidio alle guardie, queste ultime non agiscono in proprio, ma sovente impartiscono direttive ad un gruppo di loro scherani, detenuti con pene lunghe e quindi senza alcuna aspettativa per il futuro, e questi (la squadretta, appunto) nottetempo raggiungono il reprobo, la cui cella casualmente resta aperta, e giù mazzate.
In cambio, piccoli benefici, zone di impunità, commerci endocarcerari, e via discorrendo.
Succedeva anche a San Vittore, Milano, non più tardi di una decina di anni fa.
Esaltante, vero?
Ezzelino, nemmeno la scuola dà agli studenti un futuro, a dirla tutta, ce lo dobbiamo costruire noi riuscendo a far fruttare le conoscenze acquisite e sperando di non beccare la crisi del secolo, ma quelli che si laureano mentre sono dentro da dove se lo prendono il titolo di studio? Evadono ogni giorno per essere a lezione o per dare esami? Ok, di queste cose non so nulla, forse funziona così solo per chi ha i soldi o è minorenne, non per i tossici. E hai ragione che prima di tutto viene la dignità, effettivamente il futuro sarebbe l'ultima cosa da dare a un carcerato, perché a volte il presente sarà l'ultimo tempo che vivrà, soprattutto se gli capita di aver a che fare con la squadretta.
Ma le funzioni utili quali dovrebbero essere se uno non parla italiano o non ha mai imparato un mestiere? La soma? Avevo ragione allora..
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