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martedì 9 settembre 2025

Street Fighting Man - The Rolling Stones (Decca, 1968)

 


Sesta traccia da Beggars Banquet (1968), settimo album in studio dei Rolling Stones, "Street Fighting Man" è una canzone che parla dei disordini civili verificatisi in Europa e America, durante il 1968. In quell’anno, ci furono numerose rivolte studentesche a Londra, Parigi e negli Stati Uniti contro la guerra del Vietnam.

L'evento specifico che spinse Mick Jagger a scrivere il testo del brano fu una manifestazione avvenuta a Grosvenor Square, a Londra, il 17 marzo 1968. Jagger (insieme a Vanessa Redgrave), si unì a circa venticinquemila dimostranti per condannare il conflitto nel sud est asiatico. I dimostranti marciarono verso l'ambasciata americana, dove la protesta divenne violenta. La polizia a cavallo caricò la folla, che rispose lanciando pietre e fumogeni. Circa 200 persone furono portate in ospedale e altre 246 arrestate.

Jagger, però, non arrivò fino all'ambasciata: prima che la protesta diventasse violenta, la abbandonò, tornando a casa sua nella vicina Cheyne Walk, sostenendo, in seguito, che la sua celebrità, l’essere fermato e riconosciuto ogni dieci metri, era un ostacolo alla manifestazione, poiché la sua presenza distoglieva l’attenzione dei manifestanti dal vero obbiettivo.

"Street Fighting Man" è stata la prima canzone degli Stones a prendere una precisa posizione politica, sebbene il testo lamenti una certa rassegnazione di fondo. Jagger, infatti, apre la canzone cantando "perché l'estate è arrivata ed è il momento è giusto per combattere in strada", ma subito dopo sembra quasi mollare il colpo, quando il testo recita "Ma cosa può fare un povero ragazzo, se non cantare in una rock and roll band, Perché nella sonnolenta Londra non c'è posto per un combattente di strada". 

Questo senso di frustrazione, l’idea sottesa che comunque tutto è inutile e che nulla potrà mai cambiare le cose, potrebbe essere il motivo per cui i Rolling Stones sono diventati nel tempo apolitici, concentrando le loro liriche su temi diametralmente opposti alla militanza. Decisamente più probabile, però, è che la fama, la ricchezza, l’essere amati trasversalmente da destra e sinistra, abbia spinto la band a non esporsi per non indispettire una parte dei fan. Non è un caso che "Street Fighting Man", non appena pubblicata, scatenò numerose polemiche.  

Negli Stati Uniti, la canzone uscì come singolo il 31 agosto 1968, solo pochi giorni dopo la Democratic National Convention, che si era tenuta dal 26 al 29 agosto. La convention venne funestata da numerosi atti di violenza, culminati con feroci cariche della polizia di Chicago nei confronti dei manifestanti. Quando la canzone venne pubblicata, tutte le stazioni radio di Chicago (e la maggior parte nel resto del paese) si rifiutarono di trasmetterla per paura che avrebbe rinfocolato l’odio e istigato altri disordini. Negli Stati Uniti o a Chicago non ci fu alcun divieto ufficiale di trasmette il brano, ma le stazioni radio sapevano che era nel loro interesse evitare di passare canzone, il che spiega il motivo per cui "Street Fighting Man" si attestò a una misera posizione in classifica (si fermò al numero 48).  Tra l'altro, negli States, il singolo fu pubblicato originariamente con un'immagine sulla copertina della polizia che picchiava i manifestanti a Los Angeles. Questo singolo fu rapidamente ritirato dalla casa discografica, ed è ora un raro oggetto da collezione.

Se il testo fu scritto da Jagger, Keith Richards si dedicò alla composizione del brano a partire dalla fine del 1966, e fu un lavoro davvero impegnativo, perché non riusciva a farlo suonare come avrebbe voluto. La svolta arrivò quando acquistò un registratore a cassette Philips e si rese conto che poteva ottenere un suono asciutto e nitido suonandoci la sua chitarra acustica (una Gibson Hummingbird), che poteva poi distorcere riproducendola attraverso un altoparlante e in un registratore da studio. E così fece. Tra l’altro, l'unico strumento elettrico dell'intera canzone è il basso, e anche la batteria di Charlie Watts consisteva in un piccolo kit da batterista risalente agli anni ‘30.

Curiosità. Prima della sua versione definitiva e politicizzata, la canzone si sarebbe dovuta intitolare "Did Everybody Pay Their Dues?" e il testo avrebbe dovuto raccontare la storia di un capo indiano e della sua famiglia. Ma pensa te!




Blackswan, martedì 09/09/2025

martedì 2 settembre 2025

Isn't It a Pity- George Harrison (Emi, 1970)

 


"Non è un peccato?

Ora non è una vergogna

Come ci spezziamo il cuore a vicenda

E ci causiamo dolore a vicenda?

Come ci prendiamo l'amore a vicenda

Senza pensarci più

Dimenticando di restituire"

 

"Isn’t It a Pity" è una grande canzone, non ci sono dubbi, ma quello che colpisce di più è il testo, così ispirato, così profondo, così ricco di riflessioni decisive. George Harrison era un uomo molto attento ai temi della compassione e della comprensione, principi che ha cercato di seguire per tutta la sua esistenza. In "Isn't It A Pity", il chitarrista si lamenta della nostra tendenza a dare molti aspetti della vita per scontati (amore, amicizie, ogni tipo di rapporto interpersonale) e a ferire gli altri, spesso senza nemmeno pensarci, a causa di un intrinseco egoismo e, soprattutto per la nostra mancanza di empatia, l'incapacità a vestire i panni delle persone che ci stanno accanto.

 

"E a causa di tutte le loro lacrime

I loro occhi non possono sperare di vedere

La bellezza che li circonda"

 

Troppo spesso ci concentriamo solo su noi stessi, sulle nostre sfortune, sul nostro dolore, e così facendo, non comprendiamo che anche gli altri vivono gli stessi disagi e le stesse sventure, che tutti, in fin dei conti, siamo uguali, stiamo tutti stipati sulla stessa barca alla deriva. Le lacrime che velano gli occhi offuscano il giudizio, impediscono di osservare la bellezza del mondo, di accorgerci dei buoni sentimenti di chi ci circonda, di renderci conto della tristezza e della solitudine altrui.

Harrison non è stato certo il primo a raccontare questi sentimenti attraverso la musica, ma di sicuro è uno degli artisti che lo ha trasformato in uno scopo di vita, attraverso gli studi delle filosofie orientali e l’esercizio del giardinaggio come strumento di pacificazione interiore e ricerca del proprio zen. 

"Isn't It A Pity" fu composta nel 1966, e quando Harrison la presentò per la prima volta agli altri tre Beatles, ottenne, come spesso accadde, un netto rifiuto. D’altra parte, pur essendo un eccellente songwriter, le canzoni di John Lennon e Paul McCartney di solito avevano la priorità, mentre quelle scritte da Harrison trovavano nelle scalette dei dischi uno spazio limitato rispetto al materiale proposto. Quando i Beatles si sciolsero, il chitarrista si ritrovò, quindi, con un bel po’ di canzoni già pronte all’uso, che vennero poi inserite nel suo triplo album del 1970, All Things Must Pass

A quei tempi, Harrison aveva la possibilità di scegliere i migliori talenti in circolazione perché collaborassero al suo album: d’altra pare, chi non avrebbe voluto suonare nel disco di un ex Beatles? Pertanto, scelse Phil Spector per essere coadiuvato nella produzione, e Spector, che era una vera e propria potenza dello show business, si servì di tutti i grandi musicisti che riuscì a contattare, per dar vita così al suo iconico “wall of sound”. In "Isn’t a Pity", che è presente nel disco in due versioni (la prima è sul lato 1, disco 1, dura 7:10; la seconda è sul lato 2, disco 2 e dura 4:45), compaiono pezzi da novanta quali Ringo Starr alla batteria, Pete Ham alla chitarra, Billy Preston al piano (nella prima versione), Eric Clapton alla chitarra e Bobby Whitlock all'organo (questi due nella seconda versione). 

Nel 2023, "Isn't It A Pity" è stata utilizzata in un cortometraggio natalizio commissionato da Apple per promuovere il loro iPhone e MacBook Air come strumenti per la produzione video. Nel film, una donna gira un film in stop-motion per vendicarsi del suo capo che, nella realtà di tutti i giorni, la vessa, trattandola con sufficienza e maleducazione. Quando, però, la ragazza lo vede mangiare da solo in un ristorante, comincia a riflettere sulla solitudine dell’uomo, cambia opinione su di lui e rielabora il suo film in modo che il capo trovi un cane sotto l’albero di Natale e riscopra la felicità di vivere. Si chiama empatia: guardare gli altri da una prospettiva diversa, cercare di comprenderli, donargli la nostra umanità. Guardate la clip, è da brividi.

 


 

 

Blackswan, martedì 02/09/2025

mercoledì 13 agosto 2025

Blind - Korn (Epic/Immortal, 1994)

 


L’omonimo album d’esordio dei Korn (1994) è un’opera seminale, una sorta di Bibbia del nascente movimento nu metal, un disco per molti versi sperimentale (i riff atonali, l’uso dello scat, il suono delle cornamuse, etc.) eppure feroce come pochi. Un disco che si distingue per la furia incontaminata (e di portata intergenerazionale, visto che è uno dei dischi metal più amati dai Millennial) e per la cruda espressività vocale del suo leader, Jonathan Davis, un ragazzo irrequieto e tormentato, capace di mettere a nudo, senza filtri, la sua depressione cronica, il dolore per i reiterati soprusi e maltrattamenti subiti durante l’infanzia, e il suo rapporto pericoloso con droghe e alcool.

"Blind", la traccia che apre il disco, tratta proprio dei problemi di Davis con la dipendenza da sostanze psicotrope (soprattutto anfetamine) e di come si sentisse spaesato quando era sotto l'effetto di queste sostanze. Una canzone che Davis dice essere stata facile da scrivere perché aveva tutta la sua esperienza di vita da cui attingere (e fa sorridere che la sua esperienza di vita si limitasse ai 22 anni). Un testo contraddittorio, in cui il giovane singer comprende benissimo i danni della droga, sente la paura di poter morire, e vede l’abisso che si apre d’innanzi ai suoi piedi. Se da un lato, però, si percepisce la volontà del cantante di reagire, dall’altro, si respira l’odore acre di una rassegnazione senza speranza.

 

"Quanto in profondità posso andare nel terreno in cui giaccio

Se non trovo un modo per setacciare il grigio che annebbia la mia mente

Questa volta guardo per vedere cosa c'è tra le righe

Vedo, vedo, sto diventando cieco

Sono cieco!"

 

Passerà del tempo, poi, prima che Davis riuscirà a uscire dall’incubo della dipendenza (andrà anche in riabilitazione per abuso di Xanax), e questo avverrà solo nel 1998, quando il figlio primogenito Nathan si spaventerà a morte dopo averlo visto barcollare a causa dell’alcool.

"Blind", nel tempo, è diventata una delle canzoni più amate dai fan dei Korn, e quando uscì, essendo stata pubblicata come primo singolo, contribuì al successo dell’album, che vendette oltre due milioni di copie solo negli Stati Uniti.

La canzone fu concepita qualche anno prima, quando Jonathan Davis militava in una band chiamata SexArt. Successivamente, durante le registrazioni dell’esordio dei Korn, l’ha recuperata, ne ha modificate alcune parti, ma ha mantenuto invariati molti degli elementi, tra cui il celebre incipit "Are you ready?", uno dei più iconici della storia del metal. Dopo che i Korn hanno pubblicato il loro album, due dei compagni di band di Davis nei SexArt, Ryan Shuck e Dennis Shinn, hanno intentato un'azione legale nei confronti della band, sostenendo di aver contribuito a scrivere buona parte di "Blind". Di conseguenza, vennero aggiunti alla traccia come autori insieme ai cinque membri dei Korn. I rapporti tra i due musicisti e Davis rimasero, comunque, buoni, tanto che, nel 1997, la band di Shuck, gli Orgy, è diventata la prima in assoluto a firmare per la casa discografica fondata dai Korn, la Elementree Records, ottenendo un buon successo con la loro cover di "Blue Monday" dei New Order.

 

 


Blackswan, mercoledì 13/08/2025

venerdì 8 agosto 2025

Cop Killer - Body Count (Warner, 1992)

 


Multimilionaria star del rap e acclamato attore, tanto cinematografico quanto televisivo, il sessantaseienne Ice-T potrebbe godersi una ricca pensione sotto il sole della sua Los Angeles. E invece, questo ragazzaccio, che ha più polemiche alle spalle che capelli in testa, continua a tenere viva la propria carriera attraverso i Body Count, il suo progetto più ostico, militante, rabbioso e decisamente meno appetibile da un punto di vista commerciale.

Dai tempi di quella "Cop Killer" (1992), singolo che sollevò uno tsunami di critiche, coinvolgendo addirittura l’allora Presidente degli Stati Uniti, George Bush, il rapper californiano non ha smesso di stare sulle barricate, di polemizzare con il potere, di professare il suo credo antagonista senza mezze misure, a volte esagerando, ma sempre con invidiabile coerenza.

Ultima traccia dall’omonimo album d’esordio dei Body Count, "Cop Killer" venne in mente a Ice-T quando, una mattina, entrando negli studi di registrazione canticchiando "Psycho Killer" dei Talking Heads, qualcuno gli suggerì di cambiare il verso del ritornello in "Cop Killer", un titolo che esprimeva perfettamente la rabbia dei cittadini afroamericani nei confronti della polizia. Da quell’estemporaneo suggerimento, il rapper trovò l’abbrivio per una composizione che aveva in testa da tempo, una canzone che dicesse senza mezzi termini ciò che il titolo cristallizzava in due parole: uscire di casa, cercare un poliziotto e ucciderlo.

Ice-T, tuttavia, in seguito precisò il senso del brano, sostenendo che lui non odiava i poliziotti, ma era arrabbiato solo con la polizia brutale. “Non ho mai odiato i poliziotti” disse durante un intervista a NPR “Quando infrangevo la legge, i poliziotti erano i miei avversari, pensavo solo di poterli superare in astuzia. Chiunque superi il limite di velocità pensa di poter superare in astuzia i poliziotti. Cop Killer era una canzone sulla polizia brutale…vivevo in un mondo in cui i poliziotti strappavano le persone dalle loro auto e le picchiavano. Quindi ho pensato, e se qualcuno si scatenasse contro i poliziotti brutali, come ti sentiresti?"

Il musicista losangelino, è storia nota, ha spesso avuto a che fare in passato con le forze dell’ordine. Ice-T, infatti, ha fatto parte di gang e ha commesso molti crimini in gioventù, finendo più di una volta nei guai con la legge, ma attribuendo alla musica rap il merito di averlo aiutato a fare "il mio primo passo nel mondo della legalità".

Sia quel che sia, quando la canzone venne pubblicata, si scatenò un putiferio.

Il dipartimento della polizia del Texas, qualche mese dopo l’uscita del singolo, chiese un boicottaggio nazionale di "Cop Killer", richiesta che sollevò problemi di censura e generò infinite polemiche. La conseguente attenzione mediatica portò le vendite di Body Count alle stelle, altrimenti il disco sarebbe stato un mezzo flop. Infatti, l'album era già uscito da tempo (31 marzo del 1992) quando scoppiò la bagarre (per la precisione il 10 giugno dello stesso anno), e le polemiche contribuirono a un inaspettato successo commerciale. Il disco, infatti fu certificato disco d'oro (500.000 copie vendute) il 4 agosto, e il 15 agosto raggiunse il ventiseiesimo posto nella classifica degli album. Nel numero del 20 agosto di Rolling Stone, poi, Ice-T è addirittura apparso in copertina, indossando un'uniforme da poliziotto.

La canzone fu messa in circolazione quando era passato circa un anno dalla brutale aggressione ai danni del taxista Rodney King, un uomo di colore disarmato, picchiato a sangue da quattro agenti bianchi della polizia di Los Angeles. Quando il 29 aprile 1992, i poliziotti vennero assolti, scoppiarono violente rivolte, e "Cop Killer" divenne una sorta di inno dei manifestanti, espressione di rabbia nei confronti di un sistema che protegge la polizia razzista a discapito di persone di colore colpevoli solo di aver incrociato la sua strada.

Ice-T divenne, così, parte della storia e si dimostrò un interlocutore di sostanza durante il dibattitto pubblico. In numerose interviste, spiegò cosa significasse vivere come un uomo di colore nel centro di Los Angeles, dove la polizia veniva percepita come il nemico. Nonostante i numerosi precedenti, il rapper era anche un veterano dell'esercito (ha prestato servizio per quattro anni) e si era sempre tenuto lontano dalla droga, presentandosi così all’opinione pubblica come parte coinvolta credibile e di indiscussa esperienza. A dimostrazione della sua buona fede, il 28 luglio del 1992, Ice-T chiese alla Warner di rimuovere la canzone dall'album, sostenendo che non voleva apparire come se stesse cercando di trarne profitto. L'etichetta acconsentì, sostituendola con un brano intitolato "Freedom of Speech". 

Come già accennato, le polemiche intorno alla canzone coinvolsero anche l’allora Presidente degli Stati Uniti, George H. W. Bush, che stava facendo una campagna per le imminenti elezioni contro lo sfidante democratico Bill Clinton. Bush non menzionò mai Ice-T o la canzone per nome, ma il 29 giugno 1992 disse: "Mi oppongo anche a coloro che usano film o dischi o televisione o videogiochi per glorificare l'uccisione di ufficiali delle forze dell'ordine. È da malati. Non mi interessa quanto sia nobile il nome dell'azienda, è sbagliato per qualsiasi azienda rilasciare documenti che approvino l'uccisione di ufficiali delle forze dell'ordine". 

E’ curioso che a partire dal 2000 Ice-T abbia recitato nella famosa serie tv della NBC Law & Order: Special Victims Unit come detective della polizia. Ciò significa che otto anni dopo aver scritto ed eseguito una famosa canzone sull'omicidio di un poliziotto, ne interpretava uno in TV. E non era la prima volta: lo aveva già fatto nel film New Jack City del 1991. Un anno prima del caos esploso con "Cop Killer".  




Blackswan, venerdì 08/08/2025

lunedì 4 agosto 2025

Wannabe - Spice Girls (Virgin/Emi, 1996)


 

 

 Se vuoi essere il mio amante, devi stare con i miei amici

(Devi stare con i miei amici)

Fai in modo che duri per sempre,

l'amicizia non finisce mai"

 

Un "Wannabe" è un individuo che aspira a essere qualcun altro, in genere una celebrità, e che, per far ciò, imita pedissequamente quella persona. Il titolo ha ben poco a che fare con la canzone, a meno che non si riferisca a colui che “vuole essere il mio amante”; tuttavia, è un titolo accattivante, che cattura immediatamente l’attenzione ed è facile da memorizzare. Il realtà, la canzone è un inno all’amicizia che legava le Spice Girls, e il verso "L'amicizia non finisce mai" è diventato sorta di mantra per la band, tanto da aver usato la frase in un comunicato stampa quando Ginger Spice ha lasciato il gruppo.

Ma andiamo con ordine.

Le Spice Girls si sono formate come alternativa femminile alle boy band, che all'epoca erano molto in voga nel Regno Unito, e hanno trascorso anni a sviluppare le loro affinità e a coltivare la loro immagine, prima di invadere il mercato discografico. "Wannabe" è stato il primo singolo pubblicato e un successo commerciale enorme e immediato, dal momento che le personalità eccentriche delle cinque ragazze si sono sposate magnificamente con il ritmo accattivante e sbarazzino della canzone, creando un hype pazzesco.

E allora, qualche numero. Quando "Wannabe" è stata pubblicata nel Regno Unito l'8 luglio 1996, ha superato anche le più rosee aspettative, raggiungendo il primo posto il 27 luglio, dove è rimasta per ben sette settimane. Seguì il dominio globale: nel gennaio 1997 la canzone è stata pubblicata negli Stati Uniti e a febbraio è arrivata al primo posto. Ha raggiunto, poi, la vetta delle classifiche in almeno altri dieci paesi, tra cui Australia, Canada, Israele, Paesi Bassi, Norvegia, Svezia e Svizzera, aggiudicandosi il disco di platino anche in Italia. A livello mondiale, questo è il singolo più venduto di un gruppo tutto al femminile (per la cronaca, la band ha venduto in carriera più di cento milioni di dischi).

La canzone è stata scritta dalle Spice Girl insieme a Richard "Biff" Stannard e al di lui collaboratore, Matt Rowe. Stannard aveva già scritto una hit, "Steam", per gli East 17 e, dopo un incontro casuale con Mel B., venne invitato dalla band a comporre alcune canzoni per il loro album d’esordio (Spice). Nel corso di dieci giorni, lui e Rowe hanno scritto sia "2 Become 1" (che sarebbe diventato il terzo singolo), che, appunto, "Wannabe".La quale, tuttavia, nonostante gli sforzi, non riusciva a suonare come avrebbero voluto. I due, coadiuvati dalle cinque ragazze, lavorarono alacremente al brano, privandosi anche del sonno, tanto che spesso si addormentavano nello studio di registrazione. Stannard ricorda che una mattina, dopo aver dormito sul pavimento, si svegliò, con un registratore vicino e un post-it lasciato da Rowe che recitava:”Premi play!”. La canzone finalmente era perfetta.

Il video, che venne realizzato dal regista svedese Johan Camitz, noto per il suo lavoro negli spot pubblicitari, e che fu girato al St. Pancras Midland Grand Hotel di Londra, andò in onda, prima che la canzone venisse ufficialmente pubblicata nel Regno Unito, sulla rete via cavo The Box, diventando il video più popolare della TV, e preparando il terreno per il travolgente successo.

Un successo così eclatante che, anni dopo, anche la scienza si occupò del brano. "Wannabe", infatti, è stata definita il singolo di successo più orecchiabile di sempre da uno studio scientifico del 2014 condotto dal Manchester's Museum of Science and Industry. Il risultato è stato ottenuto tramite un sondaggio online, attraverso il quale veniva chiesto a dodicimila persone di nominare una canzone non appena l'avessero riconosciuta. Vennero fatti ascoltare a caso più di 1.000 clip di brani molto famosi, che, in media, venivano riconosciuti dopo cinque secondi d’ascolto.

Il tormentone delle Spice Girls, invece, venne riconosciuto in una media di 2,29 secondi, davanti a "Mambo No 5 (A Little Bit Of)" di Lou Bega, che venne riconosciuto in una media di 2,48 secondi, e "Eye of the Tiger" dei Survivor in 2,62 secondi.

 


 

   

Blackswan, lunedì 04/08/2025

lunedì 21 luglio 2025

Hard To Say I'm Sorry - Chicago (Full Moon, 1982)


 

Una ballata zuccherina e romantica, un evergreen universalmente conosciuto, ma anche la canzone che ha segnato la rinascita per i Chicago, dopo un filotto di dischi commercialmente deludenti e la rescissione del contratto con la loro etichetta storica, la Columbia Records.

Chicago 16 (gli album dei Chicago non hanno titolo ma vengono distinti tra loro da un numero progressivo), il disco in cui è racchiusa Hard To Say I’m Sorry, è anche l’album che sancisce la definitiva influenza nel suono della band del produttore e compositore David Foster, che vede l’ingresso nella line up dell’abile polistrumentista Bill Champlin e che certifica il passaggio dei Chicago alla Full Moon, etichetta emanazione della Warner Bros.

Vero e proprio singolo azzanna classifiche, Hard to Say I'm Sorry, pubblicato il 27 maggio del 1982, raggiunse la prima piazza delle classifiche americane, portò la band, caso raro, al quarto posto delle charts inglesi, e conquistò anche la cima delle classifiche italiane, partecipando al Festivalbar del 1982.  

La formula per raggiungere il successo era collaudata, visto che fu la stessa che produsse l’altra straordinaria hit della band, If You Leave Me Now: una ballata d’amore, cantata dal bassista del gruppo, Peter Cetera, anche coautore delle musiche insieme a David Foster e al pianista Robert Lamm, e un utilizzo spregiudicato delle tastiere che fece scuola (vedi i Van Halen di Jump e gli Yes di Owner Of A Lonely Heart).

Il brano racconta di una storia d’amore al collasso, in cui la coppia, sul punto di separarsi, si prende una pausa di riflessione. Il protagonista del brano cerca disperatamente di tener in vita il rapporto, promettendo di rimediare ai suoi errori, e anche se è difficile chiedere scusa, si impegnerà perché i due possono continuare a stare insieme. Un testo decisamente banale, ma anche estremamente funzionale alla storia che la canzone racconta.

 

Stringimi ora

E' difficile per me dire che mi dispiace

Voglio solo che tu sappia

Stringimi ora

Voglio davvero dirti che mi dispiace

Non potrei mai lasciarti andare

 

Strano ma vero, nel brano suonano Steve Lukather (chitarra), David Paich (sintetizzatore) e Steve Porcaro (sintetizzatore), che non solo erano dei turnisti di classe sopraffina, ma anche membri dei Toto. La decisione di utilizzarli in Hard To Say I’m Sorry fu presa da David Foster, deciso a fare di tutto perché la canzone potesse sfondare in classifica. Ovviamente, ebbe ragione, e i tre contribuirono con le loro parti in un solo take; la scelta, tuttavia, fece infuriare gli altri componenti della band, che si trovarono a essere spodestati dai loro ruoli.  

Nonostante il fare dispotico, Foster era un abile compositore, che non lasciava nulla al caso, e riusciva a trasformare in oro ciò a cui metteva mano, grazie alla capacità di inserire numerose variazioni all’interno delle canzoni. In Hard To Say I’m Sorry, se ponete attenzione all’ascolto, scoprirete come le strofe occupino davvero poco spazio, per lasciarlo al ritornello, che in realtà sono due, quello che inizia con “hold me now” e quello che inizia con “after all that we’ve been through”.

La sezione degli archi fu arrangiata da Jeremy Lubbock, che in seguito avrebbe vinto un Grammy per il suo arrangiamento di "Hard Habit To Break", brano pubblicato sempre dai Chicago nel 1984.

La versione della canzone pubblicata come singolo, per ovvi motivi di fruibilità radiofonica, dura tre minuti e quarantotto secondi, mentre la versione contenuta nell’album, che è quella che la band ha sempre suonato dal vivo, supera di poco i cinque minuti, grazie a una coda con sezione fiati intitolata Get Away




Blackswan, lunedì 21/07/2025

martedì 15 luglio 2025

Natural Blues - Moby (V2 Records, 1999)


 

Quinto album in studio del cantautore statunitense Moby, Play, pubblicato il 17 maggio del 1999, annovera numeri impressionanti. Considerato dalla critica uno dei dischi più seminali degli anni ’90, l’opera ha venduto più di dodici milioni di copie in tutto il mondo, ha vinto più di venti dischi di platino, è stato nominato a un Grammy Award e a un Brit Award e, soprattutto, ha generato la bellezza di ben nove singoli, che divennero tutti delle hit e che vennero usati in modo massiccio come colonne sonore per film, serie Tv e spot pubblicitari.

Uno di questi, per la precisione il quinto estratto dall’album, è Natural Blues, che si basa su un campionamento di una registrazione del 1937, effettuata dal folklorista americano Alan Lomax, di Trouble So Hard, un brano cantato dalla musicista folk Vera Hall.

Vera Hall era una cantante country blues degli anni '30 e la sua produzione registrata è stata in gran parte preservata grazie proprio alle registrazioni dal vivo effettuate da Lomax. Moby si imbatté per la prima volta in questa canzone ascoltando raccolta di Lomax intitolata Alabama: From Lullabies to Blues.

Natural Blues rischiò seriamente di non finire sul disco. Una sera, Moby, aveva, infatti, invitato degli amici a cena per fargli ascoltare alcuni dei brani che sarebbero finiti in scaletta, e quando toccò a Natural Blues, gli amici storsero il naso, perché sembrava troppo strana e suonava decisamente male rispetto al resto del materiale. Moby era in crisi perché non riusciva dare al brano una forma definitiva che si adattasse ai contenuti di Play, e si risolse a pubblicarla, solo quando ci mise mano il duo inglese 1 Giant Leap, che eseguirono il mixaggio del brano così come compare su disco.

Il celebre video che accompagna Natural Blues (e che vinse l'MTV Europe Music Award del 2000) nacque da un’idea del regista David La Chapelle, che era cresciuto frequentando la casa di cura dove sua madre lavorava come infermiera, e dove aveva stretto amicizia con una donna che era una famosa pianista, ma che è stata dimenticata in vecchiaia. L’intuizione fu corroborata anche da un brutto incubo che il regista fece poco prima di dirigere la clip: immobilizzato su una sedia a rotelle, vecchio e con la barba, La Chapelle sognò di essere immobilizzato in un corridoio in compagnia di altri vecchi e di non potersi muovere in alcun modo.

Ecco, dunque, il tema che ispirò il video: un Moby anziano viene trasportato in sedia a rotelle in una casa di cura. Mentre gli altri pazienti anziani fissano sconsolati la TV, Moby tira fuori un album di ritagli dei suoi giorni più giovani, quando era felice e in salute. Alcune delle immagini appaiono sullo schermo della TV, comprese quelle con una ragazza interpretata dall'attrice Fairuza Balk. Christina Ricci appare alla fine del video come un angelo che porta Moby in paradiso.

Moby ha ri-registrato Natural Blues con Gregory Porter e Amythyst Kiah per il suo album del 2021, Reprise, un disco che vede il songwriter e la Budapest Art Orchestra reinterpretare alcune delle sue canzoni classiche con nuovi arrangiamenti per orchestra e strumenti acustici. Con risultati sorprendenti.

 


 

 

Blackswan, martedì 15/07/2025

lunedì 7 luglio 2025

Landslide - Fleetwood Mac (Reèrise, 1975)

 


Una delle canzoni più famose dei Fleetwood Mac, una ballata senza tempo, introspettiva e struggente. E’ il settembre del 1974, Stevie Nicks vuole a tutti i costi sfondare nel mondo della musica, ma le cose non vanno esattamente come aveva immaginato. Da anni, la cantante lavora come cameriera e donna delle pulizie per mantenere in vita il suo sogno, e si sente vecchia, nonostante i suoi ventisette anni, e terribilmente stanca. Un sera, nella casa di Phoenix, dove vivono i suoi genitori, il padre la prende da parte e le dice che le vuole bene, che non smette di credere in lei, ma che forse è passato troppo tempo senza che la musica abbia ripagato tutti i suoi sforzi. “Prenditi altri sei mesi” la incalza” “e se le cose non dovessero andare come vuoi, puoi sempre tornare a studiare, pagheremo tutto noi, non devi preoccuparti”.

Poco dopo, la Nicks insieme al fidanzato e pigmalione artistico Lindsey Buckingham se ne va ad Aspen, in Colorado, a casa di un amico. Affascinata dal panorama di montagne innevate, la songwriter prende la sua chitarra, si siede in soggiorno e compone Landslide in cinque minuti netti, dopo aver pensato: “tutta questa neve potrebbe semplicemente crollarmi addosso e non c'è niente che io possa fare al riguardo”. Un pensiero che confluisce nei versi iniziali del brano.

 

Ho scalato una montagna e mi sono voltata

E ho visto il mio riflesso sulle colline coperte di neve

Finché la frana non mi ha portato giù

Oh, specchio nel cielo, cos'è l'amore?

 

Landslide è una canzone triste, su questo non ci piove, che può essere interpretata come un brano che racconta i cambiamenti che influiscono su una storia d’amore, creando dubbi, perplessità, paure. Di sicuro, è una canzone che parla del tempo che passa, di come le persone affrontino i cambiamenti, di come la crescita modifichi la percezione che abbiamo della realtà e degli affetti che ci circondano. In tal senso, il brano ha molto a che vedere con il rapporto tra la Nicks e il proprio padre.

 

Può il bambino dentro il mio cuore elevarsi?

Posso navigare attraverso le mutevoli maree dell'oceano?

Posso gestire le stagioni della mia vita?

Beh, ho avuto paura di cambiare

Perché ho costruito la mia vita attorno a te

Ma il tempo ti rende più audace

Anche i bambini crescono

E anch'io sto invecchiando

 

Il cordone ombelicale inevitabilmente si allenta, la bambina deve trovare la sua strada, non può più dipendere dal padre, e anche se il distacco fa paura, l’esistenza chiama altrove, la montagna della vita deve essere scalata con le proprie gambe.

Qualche tempo dopo, la notte di Capodanno del 1974, Mick Fleetwood chiamò la Nicks chidendole se lei e Buckingham volessero unirsi ai Fleetwood Mac. Dei sei mesi che il padre aveva concesso a sua figlia ne restavano ancora tre, e il traguardo, finalmente, era a un passo. Lindsey Buckingham e Stevie Nicks, ai tempi, stavano registrando come duo usando il nome Buckingham-Nicks, avevano già pubblicato un album e stavano progettando di includere Landslide nel prossimo, che invece finì nell’omonimo album dei Fleetwood Mac datato 1975.

Quando nel 1997 la band pubblicò il disco dal vivo The Dance, Lindsey Bickingham, che aveva mollato i Fleetwood Mac per dieci anni, si riunisce al gruppo e partecipa al tour di promozione dell’album. Stevie Nicks e Lindsey Buckingham eseguivano la canzone da soli sul palco, spesso con gli occhi lucidi di emozione. Queste intense esibizioni diventarono una costante anche nei tour successivi, poiché i fan erano sempre ansiosi di vedere gli ex amanti condividere quel momento toccante, che poteva variare in intensità, da un semplice sfiorarsi delle mani a un appassionato sguardo colmo di sottintesi.

La Nicks ha sempre insistito sul fatto che quelle erano emozioni vere, e non una semplice recita. A tal proposito, durante un’intervista per la rivista Rolling Stone, disse: "Sali sul palco e la fiamma dell’antico amore si riaccende. Poi, quando torni nei tuoi camerini, è finita. Ma finché sei sul palco, tutto è reale".

 


 

 

Blackswan, lunedì 07/07/2025

martedì 1 luglio 2025

It's Been Awhile - Staind (Elektra, 2001)

 


Entrare nel tunnel della dipendenza, smarrirsi nel buio dell’anima, allontanare tutti coloro che posso aiutarti a riprendere fiducia in te stesso, a combattere il male di vivere. Fare un passo avanti verso la disintossicazione, e due indietro, e perdersi, ogni volta, in un loop vizioso, che risucchia verso l’abisso, togliendo ogni speranza alla resurrezione. In questa canzone, il cantante Aaron Lewis si sta fustigando, in quello che è lamento misto a rabbia e autocommiserazione. Il motivo è che ha perso l'unica donna che avrebbe potuto curare le sue dipendenze, donargli la giusta serenità per rimettersi in piedi e ripartire. E ha perso il supporto del padre, che ha fatto di tutto per aiutarlo.  Così, il ciclo autodistruttivo continua, mentre il tempo passa inesorabilmente e il baratro è sempre lì pronto ad accoglierlo, per un definitivo ed esiziale sprofondo.

 

And it’s been awhile

Since I can say that I wasn’t addicted

And it’s been awhile

Since I can say I love myself as well

And it’s been awhile

Since I’ve gone and f**ked things up

just like I always do

And it’s been awhile

But all that shit seems to disappear

when I’m with you

 

A leggere le liriche della canzone, sembra quasi impossibile che, ai tempi, Lewis vivesse una delle relazioni più sane e stabili della storia del rock. Il cantante degli Staind, infatti, aveva iniziato a frequentare la sua Vanessa nel 1997, prima che la band diventasse famosa. La coppia si è poi sposata l’anno successivo, e quando gli Staind hanno iniziato ad accumulare successi, Vanessa è stata una fonte incrollabile di supporto per Lewis, gestendo, spesso da sola, anche la crescita dei loro tre figli. 

Perché, allora, questa canzone è così cupa, così disperatamente arresa? Il motivo risiede esclusivamente nella personalità del cantante e nella sua visione pessimista e malinconica della vita: le parole di Lewis sono sempre state espressione di un dolore e di una depressione profondamente radicate nel suo animo. Così, a prescindere da ogni giudizio sulla qualità artistica della loro musica, è stato quasi inevitabile che queste rappresentazioni frontali dell'angoscia abbiano colpito nel segno molti ascoltatori, creando un legame emotivo strettissimo fra la band e il suo pubblico.

Senza girarci troppo intorno, se Aaron Lewis non era un allegrone, i suoi fan non erano da meno. Le parole del cantante avevano un peso, soprattutto perché condivise con molte anime fragili che provavano il suo stesso male di vivere. Così, quando nel 2001, un fan della band si suicidò mentre ascoltava una registrazione della sua stessa voce che cantava la canzone degli Staind Outside, Lewis cadde in un periodo di profonda prostrazione.

It's Been Awhile fu scelta come primo singolo da Break The Cycle, il terzo album in studio della band, ed è di gran lunga il più grande successo commerciale degli Staind, quello che diede loro visibilità internazionale. Trainato dalla canzone, Break The Cycle arrivò al primo posto in America e vendette oltre 5 milioni di copie (di cui 767.000 nella prima settimana). Il disco ebbe un discreto successo anche in Italia, dove Break The Cycle si affacciò quasi alla top ten, raggiungendo la tredicesima piazza in classifica.

 


 

 

Blackswan, martedì 01/07/2025

lunedì 23 giugno 2025

Breathing - Kate Bush (Emi, 1980)

 


Pubblicato nel settembre del 1980, Never For Ever, terzo album in studio di Kate Bush, ha rappresentato per la musicista britannica il disco della svolta commerciale, facendola diventare la prima artista solista donna britannica con un album al primo posto nel Regno Unito. Prodotto, e fu la prima volta, dalla stessa Bush (insieme al suo ingegnere del suono Jon Kelly), il disco, il cui titolo riflette la transitorietà di tutto ciò che accade nella vita, rispecchia perfettamente il suono dell’epoca in cui fu concepito, facendo largo uso di elettronica ed effetti ricercati, e inanella un filotto di canzoni spettacolari, tra cui la celeberrima Babooshka, Army Dreamers e Breathing.

Quest’ultima parla dell'olocausto nucleare visto dalla prospettiva di un feto. È ancora nel grembo materno e sa che la bomba è esplosa e che morirà perché non può fare a meno di respirare l'aria radioattiva attraverso sua madre. Un brano drammatico, che l’ascoltatore ascolta impotente, mentre il feto, la madre e il resto dell'umanità rimangono senza aria e muoiono.


Abbiamo perso la nostra occasione

Siamo il primo e l'ultimo,

Dopo l'esplosione

Schegge di plutonio scintillano in ogni polmone


Nel testo c’è anche un curioso riferimento al fumo e alla nicotina, che sembra apparentemente fuori luogo, e che invece ha un significato ben preciso: “Respirando, respirando la sua nicotina…

Fu la stessa Bush, qualche anno dopo, a spiegarne il senso, durante un’intervista: “Breathing riguarda gli esseri umani che si uccidono. Penso che la gente che fuma sia una di quelle piccole cose che dicono molto sugli esseri umani. Voglio dire, fumo e mi diverto, ma sappiamo che fumare è pericoloso. Forse c'è una sorta di strano desiderio subconscio di danneggiare noi stessi…

La musicista britannica definì Breathing la sua “piccola sinfonia”, e attribuì la riuscita della canzone alla bravura dei turnisti che la suonarono in studio. All’inizio, i musicisti cercavano semplicemente di tirar fuori un buon suono, di rendere il brano tecnicamente perfetto. La Bush, però, non era soddisfatta, riteneva che mancasse emozione: “i turnisti avevano le loro battute, capivano di cosa parlava la canzone, ma all'inizio non c'era emozione, e quella traccia richiedeva tanta emozione. È stato solo quando hanno suonato con sentimento che l'intera cosa è decollata. Quando siamo andati a riascoltarla, volevo piangere…

Mentre la band stava eseguendo il brano, si presentò all’improvviso nello studio di registrazione un manager della Emi, il quale arrivò esattamente nel momento in cui la Bush cantava il verso: “Continua a respirare, Fuori, dentro, fuori, dentro, fuori, dentro”. Apriti cielo! Il manager, inviperito, fece subito presente alla musicista che non avrebbe mai pubblicato una canzone a sfondo così esplicitamente pornografico, e solo dopo aver riascoltato il brano per intero e ricevuto una lunga spiegazione, finì per acconsentire a inserire la canzone nella scaletta del disco.

 


 

 

Blackswan, lunedì 23/06/2025

martedì 17 giugno 2025

(Looking For) The Heart Of Saturday Night - Tom Waits (Asylum, 1974)

 


Questa è la sesta e ultima traccia del lato A di The Heart Of Saturday Night, secondo disco in studio di Tom Waits, pubblicato nell’ottobre del 1974. La canzone, se si dà un’occhiata alla scaletta, risulta essere speculare a Ghosts Of Saturday Night, che è la traccia finale dell'album. Questa collocazione non è stata casuale, dato che Heart vede Waits alla ricerca del cuore del sabato sera, mentre Ghosts lo vede spazzare via i suoi resti. Entrambe le canzoni, poi, hanno parte del titolo tra parentesi tra parentesi (nessuna delle altre nove canzoni dell'album li ha): (Looking For) The Heart of Saturday Night e The Ghosts of Saturday Night (After Hours at Napoleone's Pizza House).

Il brano è il racconto in terza persona di un giovane che guida nelle vie della città alla ricerca del cuore del sabato sera, attraverso il quale Waits sembra significare l'essenza della vitalità che i fine settimana hanno avuto per i giovani lavoratori di ogni generazione. Trovare il "cuore" di questo sentimento è un concetto poeticamente ambiguo, che probabilmente costituisce l’attrattiva principale della canzone, perché ciò che non può mai essere veramente trovato, non può nemmeno mai essere veramente perso, quindi la ricerca per trovarlo può dare un senso all’esistenza per tutto il tempo che desideriamo.

Non si tratta, quindi, della cosa che stiamo cercando, ma piuttosto del cercare la cosa. In tal senso, viene immediatamente da pensare a Jack Kerouac e al suo iconico romanzo On The Road, in cui tali concetti sono il fil rouge della narrazione:

“Dobbiamo andare e non fermarci finché non siamo arrivati. - Dove andiamo? - Non lo so, ma dobbiamo andare.”

E ancora:

“Qual è la tua strada amico?… la strada del santo, la strada del pazzo, la strada dell'arcobaleno, la strada dell'imbecille, qualsiasi strada. È una strada in tutte le direzioni per tutti gli uomini in tutti i modi.”

Fu lo stesso Waits a citare Kerouac durante un’intervista alla stazione radio KFPK, presentando la prima esecuzione assoluta del brano. Waits sostenne che la canzone era un tributo ai "Kerouacians", intendendo così i fan del romanziere americano Jack Kerouac. Lo stile sconclusionato e semplice di Kerouac, che a volte incorporava elementi di improvvisazione jazz, conferiva uno splendore mistico agli aspetti più semplici della vita americana. E a parte Charles Bukowski, nessun'altra influenza letteraria è più evidente nel lavoro di Waits, specialmente nei suoi primi lavori.

Se questo è il significato della canzone, si può cercare, allora, di approfondire maggiormente il ragionamento. Perché è evidente un rovescio della medaglia nel concetto di “andare, non importa dove”. La ricerca fine a se stessa, infatti, può diventare un'attività inutile che ci lascia correre in tondo finché un giorno non ci svegliamo e realizziamo che abbiamo sprecato tutta la nostra vita. In The Heart Of Saturday Night non è chiaro quale risultato abbia ottenuto la ricerca del personaggio centrale. Il protagonista della canzone guida per i viali durante un sabato sera, abbracciato alla sua innamorata. Non succede nulla di esplosivo, c’è solo l’attesa di ciò che potrà essere. La canzone è, quindi, il ritratto della vita in tutta la sua mistica semplicità, e le note si srotolano con una placida disinvoltura.

Ti fermi al rosso

Riparti al verde

Perché stanotte sarà qualcosa

Di mai visto prima

E poi corri lungo il viale

Stai cercando il cuore del sabato sera 

 

Poi, all’improvviso, verso la fine del brano, alcuni versi ribaltano completamente la prospettiva:

 

Una lacrima di malinconia scende magica dai tuoi occhi

E fremi fino al midollo

Perché ora sogni di quei sabato che furono

E poi inciampi

Stai inciampando nel cuore del sabato sera

E inciampi

Inciampi nel cuore del sabato sera

 

Non c’è nulla di triste in The Heart Of Saturday Night, che sembra avere solo ed esclusivamente connotati positivi di vitalità. Eppure, il verso è messo lì per una ragione, tanto che all’improvviso il luminoso sentimentalismo della musica inizia ad assumere un'aria cupa. Ecco, dunque, la svolta, la pugnalata al cuore, il momento del dubbio, quello che suggerisce la vacuità di certe esistenze, o, più probabilmente, la sconfitta nel cuore di un giovane, o di una generazione, che non trova uno scopo per vivere. 

Così, alla fine, la canzone sembra riferirsi a coloro che sono intrappolati in una ricerca priva di senso di qualcosa che non li soddisfa. Sta all'ascoltatore decidere.

 


 

 

Blackswan, martedì 17/06/2025

mercoledì 11 giugno 2025

Changes - Black Sabbath (Vertigo, 1972)

 


Un suono decisamente soft, una melodia struggente, un testo nostalgico e malinconico. Strano a dirsi, ma questa splendida ballata che porta il nome di Changes è stata scritta dai Black Sabbath, band nota per aver tracciato la strada dell’heavy rock grazie a canzoni memorabili come Paranoid, War Pigs e Iron Man, solo per citare tre dei brani più famosi del loro repertorio.

Tuttavia, se è indubbio che i pezzi più pesanti sono quelli che li connettono alla loro fanbase e costituiscono la maggior parte dei loro singoli di successo, è altrettanto vero che la band, talvolta, amava anche sperimentare, esplorando territori lontanissimi dalla propria sensibilità musicale (un esempio per tutti, Air Dance, sesta traccia dal loro ottavo album, Never Say Die!, che si accosta a sonorità jazz).

Quando incisero il brano, i Sabbath erano consapevoli di andare controcorrente e che il rischio fosse quello di scontentare i loro fan storici, ma il pezzo era talmente bello, che accantonarlo sarebbe stata una vera e propria eresia.

La canzone fu scritta dal bassista del gruppo, Geezer Butler, ispirandosi al momento difficile che stava vivendo l’amico e batterista Bill Ward, il quale era alle prese con un tormentato divorzio dalla moglie. Changes è, dunque, una canzone sull’amore che collassa, il cui testo basilare, ma efficacissimo, trabocca di dolore e di rimpianto.

 

Mi sento infelice

Mi sento così triste

Ho perso la migliore amica

Che io abbia mai avuto

Era la mia donna

L'amavo così tanto

Ma ormai è troppo tardi

 

Strano a dirsi, ma Bill Ward, il cui matrimonio in rovina ha ispirato la canzone, non l'ha suonata, perché il brano non prevedeva l’utilizzo della batteria. Lo strumento principale è il pianoforte, suonato dal chitarrista dei Sabbath Tony Iommi, mentre il drone in sottofondo che suona come una sezione d'archi è in realtà un Mellotron, che è essenzialmente un campionatore basato su nastro. In questo caso veniva utilizzato per riprodurre i suoni degli strumenti a corda, come già avevano fatto i Beatles per l’intro di Strawberry Fields Forever.

Changes fa parte del quarto album dei Black Sabbath, intitolato semplicemente Vol. 4. L'album fu pubblicato nel 1972, quando la band era all’apice del successo, grazie a un massacrante tour de force di concerti, che li portò ad avere un nutrito seguito sia nel regno Unito che negli Stati Uniti, dove, peraltro, l’album fu registrato (ai Record Plant di Los Angeles), durante sessioni in cui i quattro facevano uso smodato di cocaina, una dipendenza che finì per esacerbare gli animi dei componenti e aprire le porte alla parabola discendente della loro carriera. La canzone, una ventina di anni dopo (nel 2003), ha vissuto una seconda vita e ha ritrovato un inaspettato successo, quando Ozzy Osbourne e sua figlia Kelly l’hanno trasformata in un duetto in cui la bambina di papà, diventata ormai grande, abbandona la famiglia per percorrere la propria strada.

 

Kelly:

Ti amo papà

Ma ho trovato la mia strada

 

Ozzy:

La mia bambina è cresciuta adesso

Ha trovato la sua strada

 

Incredibile ma vero, questa versione balzò alla prima piazza delle classifiche del Regno Unito, una posizione mai registrata da nessuna canzone dei Black Sabbath o di Ozzy Osbourne solista.

Nel 2013, il compianto e straordinario cantante soul Charles Bradley realizzò una cover intensissima di Changes, che Geezer Butler definì la migliore interpretazione di una canzone dei Black Sabbath di sempre.  




Blackswan, mercoledì 11/06/2025

martedì 3 giugno 2025

Tusk - Fleetwood Mac (Reprise, 1979)

 


C’è una storia divertente legata al titolo di questa canzone e, ovviamente, dell’omonimo album ove è contenuta. Tusk significa letteralmente “zanna” e il titolo fu scelto da Mike Fleetwood, indispettendo parecchio Stevie Nicks, la quale non comprendeva il senso di intitolare così il nuovo album. Trovava la parola poco elegante e, inoltre, Tusk le faceva venire in mente i cacciatori di frodo, che uccidevano gli elefanti per poi vendere l’avorio al mercato nero. Tuttavia, la bionda cantante era del tutto fuori strada, perché quella parola per il batterista assumeva ben altro significato: zanna era il termine gergale con cui Fleetwood chiamava il suo pene. Nessuna mattanza di elefanti, quindi, ma un esplicito ammiccamento sessuale. Gli altri componenti della band lo sapevano, ma alla Nicks non fu detto nulla fino a quando l’album non fu completato, cosa che la fece imbestialire ancor di più.

La canzone si basava su un riff improvvisato che la band suonava dal vivo ogni volta che saliva sul palco per introdurre il proprio live act nel momento in cui si accendevano le luci. L’idea nasceva da un’intuizione di Mike Fleetwood, che a furia di suonare il brano durante il soundcheck dei concerti, pensò di utilizzare quel riff per costruirci attorno un intero brano. L’intento, però, era quello di sperimentare, di andare oltre la forma canzone, e così il batterista decise di coinvolgere la banda musicale dell'Università della California del Sud, per arrangiare il brano con un potente partitura di ottoni. 

Ciò che contava davvero, negli intenti del batterista, non era certo il senso di una canzone che, sotto il profilo dei contenuti, un senso non lo ha, ma quello semmai di creare un groove indimenticabile. Gli altri componenti del gruppo erano titubanti, anche perché Fleetwood voleva tirarne fuori un video che riprendesse la banda all’opera ed era intenzionato, per farlo, di affittare il Dodger Stadium, cosa che poi fece, nonostante il parere contrario degli altri, pagando di tasca propria. 

Fu così che, il 4 giugno del 1979, i Fleewood Mac (ad eccezione di John McVie, che aveva pesantemente litigato con Lindsey Buckingam) si ritrovarono allo stadio dei Los Angeles Dodgers, che erano in viaggio per andare a giocare una partita in trasferta, insieme alla USC Trojan Marching Band. Poiché tre giorni dopo ci sarebbero state le celebrazioni per il diploma, alcuni ragazzi non si presentarono, ma la maggior parte, che teneva una copia di Rumors nella propria stanza del dormitorio, fu entusiasta di poter affiancare i propri idoli musicali.

C’è un altro particolare curioso da menzionare. Il chitarrista Lindsey Buckingham all'epoca si era appassionato alla sperimentazione, e si era messo in testa di inserire nel disco dei suoni mai ascoltati prima. Quindi, per arricchire la struttura del brano, registrò alcune delle sue parti vocali in bagno, utilizzando un microfono posizionato sul pavimento e collegato da cavi al registratore del suo studio di casa. Inoltre, si divertì molto a suonare alcune percussioni su scatole di Kleenex vuote, anche queste posizionate sul pavimento del suo bagno.

Tusk, e intendo l’intero album, fu un riuscito tentativo da parte della band di uscire dalla gabbia dorata di Rumors, uno dei dischi più venduti della storia, ma anche una spada di Damocle che pendeva sulle loro teste in attesa dell’album successivo. Invece di ripetere quella formula vincente, la band si rimise in gioco pubblicando un lavoro molto più complesso e cerebrale, che finì, però, per vendere meno, piazzando solo due singoli, Tusk e Sara, rispettivamente all’ottava e settima posizione di Billboard. 

Meno soldi, forse, ma una maggiore rilevanza artistica. A tal proposito Mike Fleetwood disse, durante un’intervista rilasciata al momento della pubblicazione del disco: “Tusk è probabilmente il mio album preferito ed è il più importante dei Fleetwood Mac. Tusk significa la sopravvivenza di questa band: se non avessimo fatto quell'album, forse ci saremmo sciolti."

 


 

 

Blackswan, martedì 03/06/2025