Una ballata zuccherina e romantica, un evergreen universalmente conosciuto, ma anche la canzone che ha segnato la rinascita per i Chicago, dopo un filotto di dischi commercialmente deludenti e la rescissione del contratto con la loro etichetta storica, la Columbia Records.
Chicago 16 (gli album dei Chicago non hanno titolo ma vengono distinti tra loro da un numero progressivo), il disco in cui è racchiusa Hard To Say I’m Sorry,
è anche l’album che sancisce la definitiva influenza nel suono della
band del produttore e compositore David Foster, che vede l’ingresso
nella line up dell’abile polistrumentista Bill Champlin e che certifica
il passaggio dei Chicago alla Full Moon, etichetta emanazione della
Warner Bros.
Vero e proprio singolo azzanna classifiche, Hard to Say I'm Sorry,
pubblicato il 27 maggio del 1982, raggiunse la prima piazza delle
classifiche americane, portò la band, caso raro, al quarto posto delle
charts inglesi, e conquistò anche la cima delle classifiche italiane,
partecipando al Festivalbar del 1982.
La formula per raggiungere il successo era collaudata, visto che fu la stessa che produsse l’altra straordinaria hit della band, If You Leave Me Now: una ballata d’amore, cantata dal bassista del gruppo, Peter Cetera, anche coautore delle musiche insieme a David Foster e al pianista Robert Lamm, e un utilizzo spregiudicato delle tastiere che fece scuola (vedi i Van Halen di Jump e gli Yes di Owner Of A Lonely Heart).
Il brano racconta di una storia d’amore al collasso, in cui la coppia, sul punto di separarsi, si prende una pausa di riflessione. Il protagonista del brano cerca disperatamente di tener in vita il rapporto, promettendo di rimediare ai suoi errori, e anche se è difficile chiedere scusa, si impegnerà perché i due possono continuare a stare insieme. Un testo decisamente banale, ma anche estremamente funzionale alla storia che la canzone racconta.
Stringimi ora
E' difficile per me dire che mi dispiace
Voglio solo che tu sappia
Stringimi ora
Voglio davvero dirti che mi dispiace
Non potrei mai lasciarti andare
Strano ma vero, nel brano suonano Steve Lukather (chitarra), David Paich (sintetizzatore) e Steve Porcaro (sintetizzatore), che non solo erano dei turnisti di classe sopraffina, ma anche membri dei Toto. La decisione di utilizzarli in Hard To Say I’m Sorry fu presa da David Foster, deciso a fare di tutto perché la canzone potesse sfondare in classifica. Ovviamente, ebbe ragione, e i tre contribuirono con le loro parti in un solo take; la scelta, tuttavia, fece infuriare gli altri componenti della band, che si trovarono a essere spodestati dai loro ruoli.
Nonostante il fare dispotico, Foster era un abile compositore, che non lasciava nulla al caso, e riusciva a trasformare in oro ciò a cui metteva mano, grazie alla capacità di inserire numerose variazioni all’interno delle canzoni. In Hard To Say I’m Sorry, se ponete attenzione all’ascolto, scoprirete come le strofe occupino davvero poco spazio, per lasciarlo al ritornello, che in realtà sono due, quello che inizia con “hold me now” e quello che inizia con “after all that we’ve been through”.
La sezione degli archi fu arrangiata da Jeremy Lubbock, che in seguito avrebbe vinto un Grammy per il suo arrangiamento di "Hard Habit To Break", brano pubblicato sempre dai Chicago nel 1984.
La versione della canzone pubblicata come singolo, per ovvi motivi di fruibilità radiofonica, dura tre minuti e quarantotto secondi, mentre la versione contenuta nell’album, che è quella che la band ha sempre suonato dal vivo, supera di poco i cinque minuti, grazie a una coda con sezione fiati intitolata Get Away.
Blackswan, lunedì 21/07/2025
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