lunedì 31 dicembre 2018

2019 IS COMING

Il Killer augura a tutti i suoi lettori un felice anno nuovo!

IL 2018 IN 5 SERIE TV


Bodyguard (Netflix)


Inutile ribadire che la BBC produce serie tv che la RAI si sogna di notte. A Confermare l'assunto, questo Bodyguard, che a dispetto del medesimo titolo di una pellicola sentimentale con Kevin Costner e Whitney Houston, è un thriller fanta-politico costruito come una bomba a orologeria (e il paragone non è fatto a casaccio). Ritmo adrenalinico fin dalle prime battute, intreccio complesso e uno sguardo, forse prevedibile ma non frusto, sull’attualità. Sei puntate in tutto, e l'ultima da guardare rigorosamente in piedi e in apnea. Unico neo: il doppiaggio un po’ ingessato del protagonista. 


Seven Seconds (Netflix)



Nel mare magnum delle serie tv che impazzano in ogni dove, e che spesso si trascinano, noiosissime, per infinite puntate, eccone una che, invece, vale davvero la pena di essere guardata. Sceneggiatura solida, regia scintillante (Gavin O’connor è quello dei bellissimi Pride And Glory e Warrior) e un pugno di attori perfettamente calati nelle rispettive parti, per un poliziesco stratificato e di spessore. I due protagonisti valgono entrambi un Golden Globe: Clare-Hope Ashitey, nel ruolo di KJ Harper, procuratore di colore, fragile e alcolizzata, che saprà trovare il coraggio del riscatto, e Michael Mosley, nei panni di Joe Fish Rinaldi, poliziotto dallo sguardo beffardo e dalla lingua tagliente, ma capace di una sorprendente e dolcissima umanità. Ogni puntata è un palpito, ed è impossibile non commuoversi sulle scene finali dell’ultimo episodio, il cui commento musicale è affidato alla bellissima Love & Hate di Michael Kiwanuka.


Le Bureau (Sky)



Difficilmente una serie Tv regala standard qualitativi così alti per quattro stagioni di seguito. Strutturata prevalentemente sui dialoghi, Le Bureau tiene alto il tasso di adrenalina con colpi di scena che non hanno bisogno di montaggi frenetici o spargimenti di sangue.  Per un pubblico adulto abituato a cinema di qualità.


Sharp Objects (Sky)




Un crimine orribile, una giornalista alcolizzata e autolesionista, una famiglia che nasconde indicibili segreti, una piccola comunità sull’orlo del collasso etico. Sharp Objects è molto più di un thriller: è un viaggio a ritroso tra i propri fantasmi che non trovano (e non troveranno) requie. Colonna sonora eccellente, atmosfere da gotico americano e un finale che arriva dopo i titoli di goda sono il valore aggiunto di una serie imperdibile.


La Casa Di Carta (Netflix)




Nonostante il taglio bimbominchiesco e clamorose falle nella sceneggiatura, La Casa di Carta resta un’esperienza unica, perché sotto le mentite spoglie del genere d’azione, nasconde una feroce critica al sistema capitalistico e suggerisce una nuova forma di resistenza.


Blackswan, lunedì 31/12/2018

domenica 30 dicembre 2018

DOYLE BRAMHALL II - SHADES (Provogue, 2018)

Doyle Bramhall, il blues lo ha nel sangue, non fosse altro che il suo omonimo padre è stato il batterista di Lightnin’ Hopkins e ha suonato con Stevie Ray Vaughan e il fratello di questi, Jimmie. Di cose buone, però, questo figlio d’arte, ne ha fatte parecchie anche da solo, a prescindere dall’aristocratica parentela: ha formato gli Arc Angels con Charlie Sexton, ha militato nella band di Eric Clapton, è stato apprezzato sessionista nei dischi di Sheryl Crow, Susan tedeschi e Derek Trucks Band e ha pubblicato alcuni dischi da solista che hanno riscosso un discreto successo, anche commerciale.
E così, è inevitabile che gli addetti ai lavori sappiano che da questo fresco cinquantenne (ha compiuto gli anni il 24 dicembre) ci si possa aspettare solo musica di qualità: d’altra parte, se suoni con Clapton o Roger Waters non sei proprio l’ultimo degli sprovveduti. E che Doyle abbia talento, lo si capisce bene anche da quest’ultimo Shades, primo disco pubblicato per Provogue/Mascot Label Group e seguito del fortunato Rich Man del 2016 (album, quello, che segnava il ritorno sulle scene come solista dopo quindici anni di iato).
Il disco si apre con la cupa Love And Pain, canzone scritta per ricordare le vittime della strage avvenuta il primo ottobre del 2017 a Las Vegas, quando durante il Route 91 Festival, il sessantaquattrenne Stephen Paddock, ha aperto il fuoco con armi automatiche da una camera dell'hotel Mandalay Bay, sparando sulla folla del concerto, causando 58 vittime e ferendo altri 500 spettatori. Un brano dagli inevitabili risvolti politici, ma in cui Bramhall ha voluto soprattutto sottolineare l’aspetto umano della tragica vicenda e riflettere sulla caducità della vita umana.
Un tema ad alto rischio e ad ampio respiro, che contrasta con altri momenti più personali e raccolti, come accade nella splendida Break Apart To Mend, morbida melodia per pianoforte e una voce sorprendentemente infantile per raccontare il percorso di vita che ha portato Doyle a essere ciò che è ora. C’è commozione, c’è rimpianto, c’è la consapevolezza dell’età adulta sul fatto nulla arriva se non attraverso sacrificio e fatica.
Entro questi due estremi, quello della narrazione universale e personale, ci sono anche momenti molto divertenti grazie a quattro ospitate di lusso: in Everything You Need, Bramhall duetta con l’amico Eric Clapton, e sono emozioni vere, nella ballata Searching For Love, Norah Jones presta il suo piano e la sua voce, i Greyhounds innervano di psichedelica energia Live Forever, brano dal sapore molto Cream, mentre l'intera Tedeschi Trucks Band si unisce a Bramhall per la riuscita cover di Going Going Gone, rilettura di un brano di Bob Dylan preso in prestito da Planet Waves.
E’ soprattutto in queste canzoni che Bramhall appare maggiormente a suo agio, divertendosi con amici che condividono la sua idea di musica e che sanno sostenere al meglio il suono della sua chitarra. Se nei brani più propriamente solisti si apprezza la crescita del musicista come songwriter, nei duetti presenti nell’album emerge, invece, la vera anima del chitarrista, che spinge sulla propria indiscutibile abilità tecnica e cerca di dare una diversa profondità alla propria espressione artistica, grazie ad amici di cui si fida ciecamente. Il risultato è ottimo.

VOTO: 7





Blackswan, domenica 30/12/2018

sabato 29 dicembre 2018

IL 2018 IN DODICI CANZONI (Parte 3)

Dodici canzoni, una per ogni mese del 2018, che hanno monopolizzato il mio ipod. Non necessariamente le più belle, non necessariamente appartenenti ai dischi migliori dell’anno: semplicemente quelle alle quali non ho saputo resistere e che, per un motivo o per l’altro, ho ascoltato con una certa insistenza. Ne sono rimaste fuori tante, ma i mesi sono solo dodici e ho dovuto necessariamente fare una scelta.

JOHN PRINE - SUMMER'S END 
 
Quando a settantadue anni scrivi ancora canzoni così intense, significa che Dio ti ama sopra ogni cosa.





LARKIN POE - BEACH BLONDE BOTTLE BLUES

IL loro Venom & Faith è un lavoro avventuroso, intelligente e sanguigno, che pone le Larkin Poe tra le più audaci e interessanti interpreti del genere blues in circolazione. 





INTERPOL - IF YOU REALLY LOVE NOTHING

Marauder è probabilmente il disco più rock e rumoroso della carriera degli Interpol. Forse non tutto è centrato, ma canzoni come If You Really Love Nothing confermano la statura di una band che ha ancora tanto da dire.





S. CAREY - TRUE NORTH

S. Carey, batterista di Bon Iver, ha mandato a memoria la lezione del proprio datore di lavoro, cesellando i quattro minuti e mezzo di True North, gioiello di semplicità e poesia e perfetto breviario di struggimenti per cuori che senza lacrime non sanno stare.





Blackswan, sabato 29/12/2018


 


 

venerdì 28 dicembre 2018

IL 2018 IN DODICI CANZONI (Parte 2)

Dodici canzoni, una per ogni mese del 2018, che hanno monopolizzato il mio ipod. Non necessariamente le più belle, non necessariamente appartenenti ai dischi migliori dell’anno: semplicemente quelle alle quali non ho saputo resistere e che, per un motivo o per l’altro, ho ascoltato con una certa insistenza. Ne sono rimaste fuori tante, ma i mesi sono solo dodici e ho dovuto necessariamente fare una scelta.

ALICE IN CHAINS - THE ONE YOU KNOW

Se è vero che il passato non si può cancellare, i nuovi Alice si sono comunque liberati dall’obbligo morale di dimostrare di valer qualcosa anche senza Staley e, indubitabilmente, ci sono riusciti.





EMINEM - FALL

Kamikaze è un disco volutamente e violentemente polemico, il ritorno di un re spodestato, che si riappropria del trono e dello scettro, per far sapere al mondo che a comandare è di nuovo lui, il migliore di tutti. 




 SUFJAN STEVENS - MISTERY OF LOVE

Uno dei film più belli dell'anno non poteva che contenere nella colonna sonora una delle canzoni più intense del 2018. Grazie di tutto Sufjan.





TWENTY ONE PILOTS - JUMPSUIT

Impossibile etichettare i Twenty One Pilots: la loro musica è un coacervo di generi, che va dal rock al pop al soul all'hip hop, e utilizza al contempo elettronica e strumenti acustici. Sta di fatto che il loro Trench è un disco irresistibile e certe canzoni non smetteresti mai di ascoltarle.





Blackswan, venerdì 28/12/2018


 

giovedì 27 dicembre 2018

IL 2018 IN DODICI CANZONI (Parte 1)

Dodici canzoni, una per ogni mese del 2018, che hanno monopolizzato il mio ipod. Non necessariamente le più belle, non necessariamente appartenenti ai dischi migliori dell’anno: semplicemente quelle alle quali non ho saputo resistere e che, per un motivo o per l’altro, ho ascoltato con una certa insistenza. Ne sono rimaste fuori tante, ma i mesi sono solo dodici e ho dovuto necessariamente fare una scelta.

KACEY MUSGRAVES - SPACE COWBOY

Il suo Golden Hour è stato uno dei dischi più premiati dalla stampa americana e si aggiudicato posizioni di rilievo in molte classifiche. I puristi del suono a stelle e strisce storcono il naso, ma alcune canzoni del disco sono davvero irresistibili.



FANTASTIC NEGRITO - THE DUFFLER

La sua idea di black music contaminata dal rock (ma va bene anche il contrario) ha prodotto uno dei dischi più originali ed esplosivi dell'anno. Un esempio? Questa clamorosa The Duffler.





THE INTERRUPTERS - SHE'S KEROSENE


Il divertimento prima di tutto! E’ questo il leit motiv di Fight The Good Fight, terzo album della band losangelina degli Interrupters. L’irresistibile singolo She’s Kerosene, è stato il tormentone estivo alternative per vacanzieri rock.





MITSKI - NOBODY


Se Be The Cowboy doveva essere l'album a conferma definitiva del talento di Mitski, ormai non ci sono più dubbi: la ragazza si è superata, rilasciando uno dei dischi più interessanti dell’anno. Il funkettino delizioso di Nobody che manda a memoria la lezione dei Cardigans di Nina Persson è da perderci la testa.





Blackswan, giovedì 27/12/2018

PREVIEW



Dieci anni dopo aver pubblicato il loro secondo album, Consolers Of The Lonely, il supergruppo rock dei Raconteurs è tornato con due nuovi brani, Sunday Driver e Now That You Is Gone. I nuovi brani sono stati rilasciati come un singolo digitale via Third Man Records, l’etichetta di Jack White, e sono programmati per apparire su un nuovo album non ancora annunciato, che dovrebbe uscire nel 2019. Sunday Driver, che possiede il classico suono alla Raconteurs, basso elastico, riff di chitarra potente, controcanti dal sapore psichedelico, vede alla voce solista proprio Jack White, mentre il video che accompagna il brano è diretto da Steven Sebring. 





Blackswan, Giovedì 27/12/2018

lunedì 24 dicembre 2018

BUON NATALE!


Il killer si prende qualche giorno di riposo e augura a tutti i lettori un Felice Natale.





Blackswan, lunedì 24/12/2018

domenica 23 dicembre 2018

PREVIEW




Il nuovo disco di Cass McCombs uscirà l'8 febbraio via ANTI Records. L'album, intitolato Tip Of The Sphere, segue l'acclamato Mangy Love del 2016, ed è stato registrato in pochissimo tempo presso i Figure 8 Studios di Brooklyn (New York). Ad accompagnare in studio il songwriter, San Horne (basso), Otto Hauser (batteria) e Frank Lo Castro (piano), più alcuni ospiti.





Blacklswan, domenica 23/12/2018

venerdì 21 dicembre 2018

KIRSTY BERTARELLI - SWEET SUMMER RAIN (KB Recordings, 2018)

Kirsty Bertarelli è una delle donne più ricche e più belle del mondo, dal momento che, nei suoi quarantasette anni di vita, è riuscita a realizzare il sogno di molte ragazze: sposare il multimilionario italiano Ernesto Bertarelli (con cui risiede in Svizzera ormai da tempo) e vincere nel 1988 l’ambito premio di Miss UK.
Mica pizza e fichi, direte, e nessuno potrà darvi torto. Fatto sta che l’intraprendente Kirsty, oltre a destreggiarsi in questa vita da sogno, tutta palestra, vernissage, negozi alla moda e, le va dato atto, meritevoli opere benefiche e caritatevoli, ha anche una passionaccia per la musica. Di lei, forse, qualcuno ricorda Black Coffee, singolone scritto in condominio con le All Saints, e da queste portato in vetta alle classifiche britanniche nel 2000. A seguire, due album e qualche singolo, che hanno avuto un discreto ritorno commerciale soprattutto nella sua patria d’adozione.
Sweet Summer Rain è, dunque, la terza prova solista della bionda cantante anglosassone, che con pertinacia continua a dilettarsi nello scrivere canzoni a dispetto di un talento che, detto con molta franchezza, non esiste. Intendiamoci: il mondo è pieno di gente che suona e si esibisce senza sapere esattamente cosa sta facendo, e forse, sotto questo aspetto, la bella Kirsty è anche più consapevole di molti altri. Il fatto è che per cimentarsi nella musica, come in qualsiasi forma d’arte, bisognerebbe avere qualcosa da dire e i mezzi per farlo. Qui, a ben ascoltare, mancano sia le une che gli altri.
Le dodici canzoni in scaletta, infatti, non superano il livello di guardia di un pop al minimo sindacale, levigato, patinato e stiloso come dev’essere la vita della Bertarelli. Ma nonostante una produzione impeccabile e un suono coeso, a dispetto delle idee parecchio confuse, questa musica è totalmente esangue, priva di vita e di coraggio, e condita da testi che farebbero impallidire per la pochezza persino Tommaso Paradiso (“I’m dancing on your wire, jumping off a trampoline” come metafora della trasgressione). Che provi a imitare Lana Del Rey (la tile track, Burning Sun), senza peraltro possederne la conturbante malia, o a rimestare nella sciatteria più inquietante del pop da classifica (Tick Tock), o ad annacquare stereotipate sonorità americane (Love Me Like) o a riciclare synth con rievocano gli Eurythmics (Supertramp), il risultato è sempre e comunque di una pochezza disarmante.
Insomma, qui manca tutto, a cominciare dal pathos e da un livello di credibilità un po' più accettabile di quello serve a stupire annoiati miliardi che si ritrovano alla festa di compleanno del Dodi. Che, poi, la copertina del disco sia la cosa migliore di questi cinquanta minuti di, si fa per dire, musica, la dice lunga sullo spessore.

VOTO: 4





Blackswan, venerdì 21/12/2018