Quando nel 1980 comprai
Duke, i Genesis avevano già dato tutto il meglio o quasi. Quell'album, partorito dal
gruppo ridotto ormai a un terzetto e da tempo orfano di Gabriel, rappresentava
una svolta pressoché definitiva : il passato prog-rock sfumava in una lontanissima eco e si apriva per i Genesis una nuova stagione pop- rock, misera di
contenuti e per converso assai ricca in termini commerciali. Duke non è in
assoluto un brutto disco : qualche buona intuizione (l'apertura solare di
Behind The Lines), alcune scorie del passato (Duke's travel e Duke's end), un'impennata
d'orgoglio rock (Turn it on again) e una ballata romantica a firma Collins
(Please dont ask) destinata in seguito a diventare una sorta di leit motiv della produzione del batterista/cantante. Se si vuole invece relativizzare
l'album rispetto alla discografia Genesis, Duke al confronto di ciò che verrà
in seguito suona quasi come un capolavoro, mentre è ben poca cosa se
paragonato al fascino della grandeur impressionista dell'era Gabriel. Per
quanto mi riguarda, Duke fu, a prescindere da ogni altra considerazione che qui
non interessa, il disco che mi fece conoscere i Genesis e che diede l'abbrivio
a un percorso a ritroso durante il quale scoprii e mi innamorai dei vecchi
dischi della band. Fra questi, è probabilmente Selling England By The
Pound ( "Vendendo l'Inghilterra un tanto al chilo") l'album a
cui sono maggiormente legato e che ancora oggi suscita in me, a ogni ascolto,
dolci ricordi di un lontano passato. The Cinema Show a far da colonna sonora a un
filarino del liceo, l'inizio di Dancing With The Moonlight Knight cantato a
squarciagola prima di un concerto di Gabriel, il finale della stessa canzone ad
accompagnare una passeggiata in centro a Roma al fianco di mia mamma, un
pomeriggio trascorso insieme a un amico a imparare a memoria il testo di The
Battle Of Epping Forest, per accorgerci poi che ricantarla identica era un'impresa disperata se non impossibile. A prescindere da questi personali ricordi, è indubbio che Selling England sia un gran disco, anche se
ascoltato senza alcun coinvolgimento emotivo, mi sembra leggermente inferiore a
Foxtrot e The Lamb Lies Down On Broadway (anche se sono convinto che molti
sosterranno che quest'ultimo è un disco troppo ambizioso e cervellotico per
essere definito epocale). In quel lotto di
canzoni a cui ho dedicato infiniti ascolti, compare infatti anche qualche risibile riempitivo che
mortifica la coesione qualitativa del disco.
La banale More Fool Me
cantata da Collins (aveva fatto di meglio in For Absent Friends), nefasto
presagio di ciò che avverrà dopo l'uscita di Gabriel dal gruppo, e After The
Ordeal, stucchevole e fine a se stessa, sono dei passi falsi che stridono non
poco rispetto al nitore compositivo di cui è imperniato il resto dellalbum. Selling
England, a prescindere da ogni altra valutazione, resta comunque il disco che
meglio rappresenta il percorso artistico dell'era gabrielliana, ed è
indubbiamente l'opera che, forse meglio di qualunque altra, ha racchiuso
in sè vizi e virtù di quella stagione musicale che i libri di scuola
definiscono come prog-rock. Se da un lato, infatti, c'è il tentativo
di superare certe convenzioni espressive degli anni '70, cercando la strada
della sperimentazione ed elevando la struttura compositiva dei brani
a vera e propria scienza architettonica, dall'altro il lavoro "a
tavolino" mortifica talvolta la freschezza delle composizioni,
cedendo ad orpelli di scontato tecnicismo e imboccando derive
manieriste, nelle quali il linguaggio musicale si va sovrabbondante
ed enfatico. Di certo, molte delle canzoni di Selling England vestono
l'abito migliore della sartoria Genesis. Nel 1973, il gruppo, che ha un seguito
maggiore in Europa (Italia in primis) piuttosto che in patria, cerca il
disco della consacrazione definitiva, quello che gli possa aprire le porte del
mercato americano (cosa che infatti riuscirà grazie al singolo I Know What
I Like). Gabriel e soci vivono una sorta di ultima spiaggia: rilasciare il
disco che faccia la differenza, sia in termini di critica che di pubblico,
oppure sparire nel fitto sottobosco delle migliaia di band che animano,
spesso in modo pessimo, la stagione del prog. Il quintetto
quindi entra in studio di registrazione con una consapevolezza
maggiore e un approcio alla composizione più maturo e determinato. Non più
i tenui pastelli romantici o le sfuriate ruvidissime ( The Knife, The Musical
Box, Get'em Out By Friday ) che avevano caratterizzato i precedenti
lavori (soprattutto Trespass e Nursery Crime) ma un suono che abbia
l'omogeneità del marchio di fabbrica. Ed è probabilmente questa la maggiore
novità e l'indiscusso merito di un disco come Selling England: i tempi
perfetti e l'equilibrato impasto degli strumenti che si rincorrono come in
una staffetta sonora, che si scambiano il proscenio senza confliggere o
sovrapporsi, che introducono o sostengono l'istrionico e multiforme cantato di
Gabriel, alle prese con testi che si fanno sempre più elusivi e misteriosi. Se
nei precedenti lavori il tratto era talvolta acerbo e ingenuo e le canzoni
assumevano spesso la forma di romantici acquarelli, brani come Firth of Fifth
introducono invece nella musica dei Genesis il concetto di affresco. La
sinfonia di colori è perfettamente bilanciata: l'iniziale
introduttiva fuga pianistica di Banks che suggerisce il tema portante e quindi il tenue ricamo per flauto di
Gabriel che lega l'estasi del silenzio al
funambolico crescendo del piano e dell' epica chitarra di Hackett, sono di un equilibrio divino.
Firth
of Fifth non è certo un episodio isolato, ma si inserisce in una scaletta di
altissima qualità, introdotta magistralmente da Dancing With The Moonlight
Knight, la cui struttura, complessa e spiazzante, la dice lunga sullo
stato di grazia della band. L'incipit a cappella di Gabriel, la cui enfasi è
appena ammorbidita dalla chitarra di Hackett, la progressiva entrata in scena
di tutti gli strumenti, il ritmo che accellera e si fa nervoso e spezzato, e poi la
catarsi finale, onirica e seducente, rappresentano uno dei vertici della produzione genesisiana. La citata I Know What I Like, che diverrà
uno dei cavalli di battaglia dei concerti del gruppo anche post Gabriel, è
invece leggera e inebriante, cerca la strada della melodia orecchiabile,
punta alla radio e alle classifiche, ma non tradisce una sola nota che sia
banale o scontata. Eppure, nonostante I Know What I Like si discosti, anche per
durata, dal corpus centrale del disco, il suono della band è talmente compatto
e omogeneo che il brano può stare tranquillamente in scaletta, e senza
stridere, con The Battle Of Epping Forest, il suo opposto concettuale.
In questo caso, è Gabriel a far la parte del gigante per undici abbondanti
minuti: il suo cantato istrionico, incalzante e multiforme (si spinge fino
alla recitazione in slang cockney), è la colonna portante di una
suite, nel quale i sopraffini virtuosismi della band (su tutti il
drumming nervoso e dispari di Collins) fanno da sottofondo adrenalinico a
un racconto di selvaggia violenza ("I'm breaking the legs of the bastards
the got me framed!"). Se la citata After The Ordeal sembra messa lì solo
per riempire un vuoto, la successiva, e penultima traccia dell'album, è tra le
più belle canzoni del repertorio genesisiano. Scritta a quattro mani da Banks e
Rutheford, The Cinema Show è l'ennesima scintillante suite in cui le
suggestioni testuali di Gabriel (qui alla prova con un racconto che unisce
sensualità, letteratura - The Waste Land di T.S. Elliott - e mitologia -
l'indovino Tiresia) si sviluppano su una trama musicale che parte tenue e
sognante, per poi esplodere repentinamente, in un crescendo strumentale
sovrastato da un lungo e velocissimo assolo di Banks. Chiude l'album Aisle Of
Plenty, un minuto e mezzo senza infamia e senza lode, che riprende il
tema principale di Dancing With The Moonlight Knight, a
sottolineare la struttura circolare del disco e l'intento di
omogeneità che lo pervade. Dopo il successo di Selling England By The
Pound, la personalità eccessiva ed egocentrica di Gabriel diventa ingestibile e
i rapporti all'interno della band vanno progressivamente a deteriorarsi. Ci
sarà il tempo per un nuovo capolavoro ( The Lamb Lies Down On Broadway ) e poi
l'Arcangelo Gabriele se ne andrà sbattendo la porta. Da questo momento in
avanti i Genesis, con Collins al comando in veste anche di cantante, vivranno un
lento declino, in cui i dischi buoni (The Trick Of The Tail) si
alterneranno a prove incolori (Wind And Wuthering) o addirittura
mediocri (And Then There Where Three), fino allo spartiacque di Duke, che condurrà
il gruppo al successo commerciale ma anche all'anonimato artistico di un insulso pop-rock da classifica (Abacab).
Blackswan, lunedì 18/02/2013
10 commenti:
Mi atterrò a tutto ciò che è precedente, anche se il disco "buono" successivo già ce l'ho e mi piace. Dei precedenti ne ho solo due, consumati, perché i Genesis hano di buono che sanno (o sapevano, a quei tempi) fare musica in forma di canzone lunga, o che sembra lunga.
Ora mi cullo ancora un po' nella tua descrizione della suite, è come ascoltarla, ed è proprio il genere che piace a me.
Mitico gruppo, molto importante nella nostra Storia della nostra musica. Non manca nulla in questo tuo post...
Un regalo, quello che mi hai fatto. Avendo un fratello più grande, classe '58, ho ereditato la passione per il rock progressive ed in particolare dei Genesis, dei quali ho tutto, compresa una discreta discografia dei singoli componenti da solisti (eccetto Collins, per il quale condivido il tuo disappunto).
Ho giusto il dubbio se mettere Selling England al primo od al secondo posto dopo Foxtrot. Non condivido il tuo giudizio su Wind & Wuthering, che io invece trovo bellissimo, mentre per il resto la vedo esattamente come te. Ti segnalo un meraviglioso gruppo "clone" italiano "The Watch" che oltre a fare concerti tributo ai Genesis, hanno anche prodotto 4-5 CD originali che, ad un primo ascolto, potresti tranquillamente scambiarli per inediti dei Genesis era Gabriel. Su Youtube trovi alcune cose.
Firth of Fifth è un capolavoro, ho conosciuto i Genesis tramite questo pezzo, è un must che entrava sempre nelle compilation che facevo con le mitiche cassette. Il resto è storia.
Mitico disco che scoprii al liceo... pur non essendo un grandissimo fan del prog (e di tutti quei stucchevoli pezzi di bravura) questi sono "esercizi obbligatori" per ogni appassionato di musica.
Splendido album forse quello che mi piace di piu'.Si, grandissimi i Genesis con Gabriel, altra atmosfera..
Dell'era +Collins mi piacciano anche A Trick of Tail e Wind and Wuthering, il resto è troppo caramelloso.
@ Elle : effettivamente i ragazzi in fatto di canzoni lunghe sapevano il fatto loro (vedi Supper's ready) :))
@ George : uno dei primi gruppi che ho amato e che ho seguito fin dalla più tenera età...
@ Haldeyde : i The Watch ! Li vidi tre anni fa a Milano come spalla dei The Musical Box e comprai anche un loro cd. In fatto di progressive ho anche io una discografia discretamente fornita: quando avevo quattordici anni non ascoltavo altro. Dei Genesis ho parecchi bootleg, i dischi di Banks e Hackett, uno di Mike & The Meccanics e, lo ammetto, anche quasi tutti quelli di Collins...
@ Tony : E in quelle mitiche compilation anche io infilavo sempre Firth Of Fifth, The Cinema Show e soprattutto Ripples, con cui riuscii a conquistare parecchi cuori.
@ El gae : mi sa che questo disco ha fatto compagnia a parecchi di noi durante gli anni del liceo :)
@ Mr Hyde : A trick Of A Tail è bellissimo, mantiene intatto lo stesso fascino dei dischi con Gabriel. Wind and Wuthering non mi dispiace ( lo dico da fan anche per rispondere ad Haldeyde). eppure, mi sembra davvero un pò fiacco in molti pezzi, mentre altri restano invece di livello ( Blood On The Rooftops il mio preferito).
Genesis: The legend of the music.
Ho scritto nel tuo post sul libro di Eros Costantini (non è proprio il mio genere) la mia classifica dei romanzi più belli che ho letto. Aspetto con ansia un tuo giudizio.
Che meraviglia. Che bello riascoltarlo.
@ Enly : farò un salto
@ Sandra : ai miei occhi hai guadagnato altri cento punti :)
Posta un commento