La
grandezza di Peter Gabriel è un dogma, non si discute. Sarebbe assolutamente inutile disquisire sulla musica di colui che ha attraversato i decenni, tratteggiando un’epoca, quella del
prog-rock, con i pastelli romantici del suono targato Genesis, e poi in solitudine ha anticipato i tempi, prefigurando
i confini, con largo anticipo su tutti, verso i quali si sarebbe spinto il rock
più sperimentale o contaminato da suoni provenienti da culture di un altro mondo. Potrà piacere o meno, ma di sicuro Gabriel è un artista che
ha lasciato il segno, ammantando la propria figura di un’allure tanto
leggendaria da potersi permettere quasi ogni cosa. Così che oggi gli perdoniamo
anche di non aver rilasciato un disco di inediti ormai da undici anni, e di
aver virato invece verso la strada, più comoda e convenzionale, dell’autocelebrazione
(New Blood – 2011) e della reinterpretazione dei brani altrui (Scratch My Back -
2010).
And I’ll Scratch Yours si inserisce proprio nella scia del progetto nato tre
anni orsono con Scratch My Back, disco di cover in cui Gabriel rileggeva con la
propria sensibilità (e a parere di scrive, anche molto bene) un filotto di
canzoni firmate da artisti di caratura internazionale. I quali, con questo
nuovo lavoro, restituiscono a Gabriel il favore, reinterpretando, ciascuno a
modo suo, una sorta di best of tratto dalla più che trentennale carriera del
cantante di Bath (manca però il contributo di Neil Young, quello dei Radiohead e di
David Bowie).
Il rischio di un’operazione del genere è in re ipsa, basta dare
uno sguardo ai brani in scaletta per accorgersi di quanto sia impervio il compito
di coloro che vengono a misurarsi con un frammento di Storia della musica. Canzoni
tanto belle e famose che, ne converrete, pisciare fuori dal vaso è un attimo. E
ciò può accadere per due ordini di motivi : osare poco, e quindi riproporre
pedissequamente una canzone per evitare scomodi confronti (succede agli Elbow e
alla loro versione di Mercy Street), oppure osare troppo, stravolgendo
completamente l’impianto architettonico e l’anima del brano reinterpretato (la destrutturazione
in chiave noise operata da Lou Reed su quel capolavoro di nostalgica leggiadria
che è Solsbury Hill). Succede allora che molte delle cover presenti nella
raccolta si rivelino di gran lunga inferiori all’originale, producendo nell’ascoltatore,
soprattutto se, come nel caso del sottoscritto, si è fan di Gabriel fin dalla
prima ora, una sensazione di fastidio da lesa maestà artistica. David Byrne ad esempio, fa il David
Byrne in I Don’t Remember: impeccabile, certo, ma il risultato finale è un esercizio di stile che raffredda l’ardore di cui pulsava l’originale. Così anche Bon Iver toglie pathos all’immensa Come Talk
To Me, trasformandola in una canzone normale, che suona come tante altre. Non meglio fanno gli Arcade
Fire con Games Without Frontiers, in cui la giocosa filastrocca panmondista di Gabriel
perde spontaneità negli abiti convenzionali di un forzato lirismo elettronico.
Tuttavia, non tutto è da
buttare, e l’album risorge in alcuni momenti, questi si, davvero riusciti. E’
il caso ad esempio di Feist che, con la collaborazione dei Timber Timbre, ci
commuove alle lacrime in una versione stre-pi-to-sa di Don’t Give Up. Ed è il
caso di Joseph Arthur che ridisegna con nuove sembianze e uno spessore
inusitato la roboante Shock The Monkey, rallentandola, dilatandola e intridendola di
distorsioni e riverberi chitarristici.
Il pezzo migliore del lotto, però, la cover da riporre
nel cassetto e conservare fra le cose preziose della nostra vita, è la versione
di Biko proposta da Paul Simon. Scarna, asciutta, appena impreziosità da un
malinconico violino e cantata con un’intensità non comune. Ecco : Paul Simon ci
dona palpiti veri e ci restituisce tutto il dolore e le lacrime di una storia
di impegno politico e sacrificio che Gabriel aveva saputo raccontare attraverso l’epica
visionaria di cui solo i grandi sono capaci. Una rilettura tanto appassionata
che il disco, ben sotto le aspettative di ascolto di chi scrive, guadagna mezzo
punto in più e raggiunge così la sufficienza piena.
VOTO
: 6,5
Blackswan, domenica 22/09/2013
4 commenti:
Concordo con te. Versioni non del tutto riuscite. Mi aspettavo di più.
Non ho ascoltato niente,ma sono troppo incuriosito e stimolato dalle cover e da chi le interpreta..In questo tipo di operazioni non accedo con riserve, piuttosto con la voglia di trovarmi di fronte a delle sorprese.Grazie del suggerimento!
Grazi, concordo con la tua dotta disqui. Hey, ma hay rynnovato il site!
direi che concordo col voto
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