Ammetto che non sono
molti i dischi che mi spingono ad ascolti compulsivi, a quel piacere
fanciullesco di reiterare all'infinito le medesime, piacevoli, suggestioni
sonore. Mettere il cd nel lettore e ascoltare, di nuovo, la stessa scaletta,
pensando "che figata!" all'inizio di ogni canzone. Con il nuovo disco dei
Pontiak mi succede proprio così: è da una settimana che non riesco a smettere di
ascoltarlo e ogni volta, ricominciare da capo, è una vera e propria goduria.
Innocence, però non è un capolavoro: i Pontiak le cose migliori le hanno fatte
qualche album indietro, con Living (2010), ad esempio, e Maker (2009). Eppure, i
fratelli Carney centrano nuovamente l'obiettivo, senza più sorprendere, certo,
ma confermando una scrittura di qualità e una vena artistica non facilmente
omologabile. Così, Innocence, piace da morire perchè vive di contrasti, di
chitarroni abrasivi e riff pesissimi accostati a ballate elettroacustiche
impregnate di una psichedelia sixties che rimanda a nomi eccelsi quali Cream e
Pink Floyd, per buttare lì due nomi. L'inizio è di quelli che tramortiscono: tre
diretti al mento di granitica potenza, sferrati da un pugile cattivo che
colpisce proprio lì, dove sa di far più male. I due minuti dell'iniziale title
track parlano un linguaggio noise-blues fondendo accenti hendixiani a un
andamento quasi post core; Lake Lustre Rush sono altri due minuti e
mezzo di adrenalinica ferocia che citano l'Iggy Pop di Down On The
Street e poi spiazzano con un ritornello che ti ritrovi a cantare a
squarciagola dopo solo un paio di ascolti; e Ghosts, infine, conclude il
trittico, pestando duro fra stoner rock e vertiginosi cambi tempo. E quando la
violenza raggiunge il suo climax, ecco la svolta improvvisa di tre
ballate tre (It's The Greatest, Noble Heads, Wildfires), una più bella
dell'altra, che ci riconducono a una mite dimensione
elettroacustica screziata di un romaticismo quasi contemplativo. Sei
canzoni, più di metà disco, che da sole sarebbero capaci di soddisfare
anche il palato più esigente. Eppure, Innocence, ha ancora molto da dire,
alternando slanci istintivi e riff potenti a momenti più
ragionati (Darkness Is Coming). Ci piacciono, e quanto ci piacciono, gli echi
sabbathiani della monolitica Surrounded By Diamonds, che avrebbe trovato posto
anche nel memorabile Blues For The Red Sun dei Kyuss, e la conclusiva We've
Got It Wrong, che omaggia i Jane's Addiction di Nothing's Shocking (ricordate Ocean Size?). Tanto che,
trascorsi questi trentatre minuti di furore e acustiche carezze, ti viene voglia
di ricominciare da capo. Subito. Ovviamente, a un volume impossibile.
VOTO:
8
Blackswan, giovedì 13/02/2014
7 commenti:
Ma sentiamoci questo disco e subito chissà che non mi venga la tua stessa malattia!!!!!::::))))
Seguo a ruota la Nellina e così facciamo un'epidemia :)
Seguo a ruota Silvano e rilancio con il cantante dei Mumford & Sons che ha partecipato con un inedito da solista alla colonna sonora dell'ultimo film dei Coen (urletto di piacere) di cui mi piacerebbe sapere che ne pensi :) Silvia
Dimenticavo la tracklist della colonna sonora
1. Hang Me, Oh Hang Me (Traditional; Arranged by Oscar Isaac and T Bone Burnett) - Oscar Isaac
2. Fare Thee Well (Dink’s Song) (Traditional; Arranged by Marcus Mumford, Oscar Isaac, and T Bone Burnett) – Oscar Isaac and Marcus Mumford
3. The Last Thing on My Mind (Tom Paxton) - Stark Sands with Punch Brothers
4. Five Hundred Miles (Hedy West) - Justin Timberlake, Carey Mulligan, and Stark Sands
5. Please Mr. Kennedy (Ed Rush, George Cromarty, T Bone Burnett, Justin Timberlake, Joel Coen, and Ethan Coen) - Justin Timberlake, Oscar Isaac, and Adam Driver
6. Green, Green Rocky Road (Len Chandler and Robert Kaufman) - Oscar Isaac
7. The Death of Queen Jane (Music by Dáithí Sproule; Lyrics: Traditional) - Oscar Isaac
8. The Roving Gambler (Traditional) - John Cohen with The Down Hill Strugglers
9. The Shoals of Herring (Ewan MacColl) - Oscar Isaac with Punch Brothers
10. The Auld Triangle (Brendan Behan) - Chris Thile, Chris Eldridge, Marcus Mumford, Justin Timberlake, and Gabe Witcher
11. The Storms Are on the Ocean (A.P. Carter) - Nancy Blake
12. Fare Thee Well (Dink’s Song) (Traditional; Arranged by Oscar Isaac) – Oscar Isaac
13. Farewell (Bob Dylan) - Bob Dylan
14. Green, Green Rocky Road (Len Chandler & Robert Kaufman) - Dave Van Ronk
Dovrebbe piacerti Killer :)
ottimo il singolo lack lustre rush!
il resto del disco però non mi sembra così da ascolto compulsivo...
Ma sai che non li ho mai ascoltati seriamente?
Da quale disco mi consigli di iniziare?
@ Silvia : grazie ! :)
@ Monty : inizierei proprio da questo.Poi, Living: bellissimo ma tosto.
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