Are you ready to be
heartbroken? cantava, qualche decennio fa, Lloyd Cole insieme ai suoi Commotion. Una domanda retorica dalle mille sfumature
(quella canzone si rivolgeva più a una generazione che a un singolo individuo)
che potrebbe essere utilizzata come claim per suggerire l’ascolto di
Heartbreaker (2000), primo disco solista di Ryan Adams dopo lo scioglimento degli
ottimi Whiskeytown, uscito nei negozi nei mesi scorsi in versione rimasterizzata. Le
quindici canzoni in scaletta, infatti, rappresentano il compendio dei dolori sentimentali
del giovane Ryan, che nell’intimo colloquio fra chitarra acustica e voce
(straordinariamente espressiva, peraltro) cerca di dare risposta ai propri
interrogativi esistenziali, componendo un lungo pampleth su come scrivere una
ballata malinconica. A eccezione, infatti, di To Be Young, che apre il disco insieme
a una curiosa conversazione sulla discografia di Morrissey, e della stonesiana
Shakedown On The 9th Street, in Heartbreaker Adams predilige il passo lento
dello stillicidio emotivo, a cui riserva lo sguardo incantato di chi è
cresciuto a pane e Dylan. A causa dell’eccessiva lunghezza dell’album e di un
certo compiacimento da voluptas dolendi, non tutte le canzoni arrivano al cuore
dell’ascoltatore e talvolta sfugge di bocca uno sbadiglio (Why Do They Live);
eppure, quando Adams trova la giusta misura riesce a produrre un variegato caleidoscopio
di suggestioni. E’ il caso di Come Pick Me Up (celebre anche per essere finita
cinque anni dopo nella colonna sonora di Elisabethtown), mirabile esempio di
fusione fra mainstream e spirito roots, evocato da uno splendido arrangiamento
per armonica e banjo, e della struggente Oh My Sweet Carolina, vertice dell’album
cantata in duetto con la leggenda del country rock, Emmylou Harris.
Heartbreaker non è certo il miglior disco della corposa discografia del
cantautore di Jacksonville e, come già evidenziato, presenta alcuni momenti
eccessivamente verbosi che ne minano il pathos. Tuttavia, è un esordio sentito,
sincero dalla prima all’ultima nota e ricco di spunti che in seguito verranno
sviluppati al meglio. Il capolavoro, infatti, è proprio dietro l’angolo che
aspetta: ancora un anno, un anno esatto, e uscirà Gold, arriveranno tre
nomination ai Grammy Awards e When The Stars Go Blue farà innamorare il mondo.
VOTO: 7
Blackswan, martedì 04/08/2015
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