Se non possono essere messe in dubbio le capacità
tecniche e la versatilità del trentunenne chitarrista di Austin, è anche vero
che la breve discografia di Gary Clark Jr. è caratterizzata da una certa
ambiguità di fondo. Blak & Blue, esordio datato 2012 (ma in realtà ci sono
anche lavori precedenti confluiti poi, in parte, in quest'album), era un disco
che, pur facendo intuire il talento del suo autore, oltre
che un'ottima padronanza della materia, risultava un pò appiattito da
una produzione virata verso un suono radio frendly e frenata dal timore
di rischiare. Il successivo Live dello scorso anno, per converso, era una
bomba: grezzo, muscolare, rock blues oriented, dimostrava che Gary Clark Jr.,
una volta salito sul palco, poteva inserirsi a pieno titolo nella scia dei
grandi chitarristi di matrice hendrixiana. Questo nuovo The Story Of Sonny
Boy Slim si porta dietro, dunque, un bagaglio di perplessità, che
solo svariati ascolti riescono a trasformare in certezza. La certezza che,
nonostante un impatto iniziale non immediato per l'eterogeneità del
materiale contenuto nelle tredici canzoni in scaletta, Clark abbia finalmente
trovato una sintesi fra le sue due anime, quella che guarda alla tradizione
blues e rock blues, e l'altra che maneggia con modernità un ampio spettro di
black music, sfoderando un suono che risulta appetibile anche nel circuito
mainstream. The Story... è infatti uno zibaldone musicale che racchiude in sé
una pluralità di generi legati fra loro dal filo conduttore della chitarra di
Clark, in grado di adattarsi (bene) alle più disparate esigenze.
The Healing, il brano posto in apertura del disco, si presenta
come la sintesi e la chiave di lettura di quando detto, riuscendo in
cinque minuti a fondere egregiamente blues, rock, hip hop e gospel,
senza disdegnare un discreto appeal radiofonico. A seguire, c'è un pò di tutto:
dall'acid rock della trascinante Grinder, al folk gospel di Church, che
chiama in causa la leggenda Taj Mahal, alla sorprendete Hold On, i cui
accenti hip hop mi hanno ricordato il magnifico Fly Or
Die, capolavoro del 2004 a firma N.E.R.D. (leggi Pharrel Williams),
fino a Wings, riuscito ibrido hip-pop, cantato in duetto con
la singer texana, Tameca Jones. Un brillante pastiche, dunque, che trova
le sue suggestioni in un andamento disomogeneo e ricco di varianti, e che
si apprezza completamente al quarto, quinto ascolto. Perchè, al momento di
tirare le somme, vi renderete conto che il pregio di The Story Of Sonny
Boy Slim è l'inaspettato e curioso equilibrio del suo quadro
d'insieme. Forse i puristi del rock blues, quelli affascinati da riff impetuosi
e assoli incendiari, storceranno un pò il naso di fronte ad alcune scelte
decisamente melodiche; chi, invece, è più aperto alla fusione di sapori,
troverà il piatto particolarmente gustoso.
VOTO: 7,5
Blackswan, martedì 15/09/2015
3 commenti:
Io penso che Gary Clark Jr. in realtà siano due persone. La prima è un bluesman sopraffino, che tra l'altro ha un pregio che lo mette al di sopra di tanti altri nomi: non è logorroico, non prende la chitarra in mano e ti stende con 4000 note, è bluesman nell'anima.
Il secondo Gary Clark cerca un po' troppo la classifica, si nasconde (forse) dietro l'esigenza di rintracciare un pubblico più ampio. I suoi dischi precedenti erano in bilico su questo Giano bifronte. Leggo che ora con piacere il suo meltin' pot si sta rivelando un punto di forza invece che una debolezza. E quindi mi accatto il disco :-)
@ Alessandro: analisi che non fa un plissè! :)
su youtube c'è un video dove suona con john mayer : sono quasi penosi - bluesman costui?
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