Difficile
per chi ama i suoni estremi ed è rimasto legato alla breve, ma
incendiaria stagione del nu metal, non provare un sottile brivido di
piacere a sentir pronunciare il nome dei Rage Against The Machine. Quel
ribollente magma di hip hop, heavy metal, funky e dogmi marxisti fu
decisivo nella creazione e nella divulgazione di un genere, di cui la
band losangelina rappresentò l’avanguardia più barricadera e
politicizzata. E poco importa se l’avventura di Tom Morello e soci fu
concentrata in solo cinque album (di cui uno di cover e un altro dal
vivo): il ricordo è ancora così vivido e intenso, che al sentir
pronunciare la parola “rage”, la memoria torna inevitabilmente a loro.
“Rage”, ovvero rabbia. Non solo un vocabolo, ma un imperativo
categorico, l’esplicitazione verbale di una musica arrembante e senza
compromessi, il carburante nobile di una metrica politica declinata con
l’accento su “fuck the system!”. Un marchio di fabbrica, soprattutto, da
esibire come garanzia di qualità, anche se son passati quasi vent’anni
dall’ultima fatica in studio dei RATM (Renegades, sopravvalutato disco
di cover, datato 2000), rilasciata più per vincoli contrattuali che per
reale convincimento artistico. Non è un caso, quindi, che Tom Morello,
Tim Commerford e Brad Wilk, tornino sulle scene, riproponendo quel suono
passionario e utilizzando l’egida assonante di Prophets Of Rage, come a
voler rimarcare il concetto e sollecitare la memoria di tanti fans
rimasti orfani della band. Disperso Zack De La Rocha, che ancora non si
decide a sfornare questo benedetto disco solista, i tre superstiti hanno
arruolato davanti ai microfoni Chuck D dei Public Enemy e B-Real dei
Cypress Hill, hanno girato in tour per affinare l’intesa e il
repertorio, e poi, sono tornati in studio, portandosi come souvenir
dagli anni ’90 anche Brendan O’Brien, che già aveva curato le fortune
della band fin da Evil Empire (1996). Se è vero che la mancanza di Zack
De La Rocha e della sua voce aspra e abrasiva è praticamente impossibile
da colmare, Chuck D e B-Real (che non sono certo gli ultimi arrivati)
ci danno dentro che è un piacere, e le loro schermaglie vocali, insieme a
qualche spruzzata di elettronica, rappresentano gli unici elementi di
novità del disco. Che, per il resto, suona esattamente come deve suonare
un album dei Rage Against The Machine: possente ritmica funky e la
chitarra di Morello, protagonista assoluta, con i consueti riff a
grattugia e i convulsi assoli in derapata. Certo, per quanto efficaci,
pezzi come Radical Eyes, Hail To The Chief, Living On The 110
hanno perso l’effetto sorpresa e suonano esattamente per quello che
sono, e cioè combustioni rap metal da molotov lanciate fuori tempo
massimo. Così come, se pur ideologicamente superata, non dispiace la
chiamata alle armi, tutta slogan e livore, di Who Owns Who e di Hands Up, brani destinati, però, a incendiare un auditorium vuoto. Il meglio, lo si ascolta in Take Me Higher,
il cui groove funky aggiusta la mira della band verso una possibile
evoluzione del suono, facendo centro, questa volta si, senza se e senza
ma. In definitiva, Prophets Of Rage non è assolutamente un brutto disco,
è semmai il disco risaputo di una band che non sa rassegnarsi allo
scorrere del tempo e che rischia di finire come quei soldati giapponesi,
persi in qualche isola del Pacifico e ancora convinti, dopo decenni, di
combattere una guerra, in realtà cessata da anni. Tuttavia, al netto
degli evidenti anacronismi, i Prophets Of Rage hanno il merito, non da
poco, di veicolare concetti e passione, cose che, prevalentemente,
mancano al pubblico dei più giovani. In questo mondo alla deriva, certi
messaggi restano indispensabili trincee di buon senso e di riflessione.
Questo, almeno, a Morello e soci lo dobbiamo.
VOTO: 6,5
Blackswan, mercoledì 27/09/2017
5 commenti:
Hai scritto la cosa fondamentale: Suona esattamente come un album dei RATM.
A me non serve altro, non voglio novità, voglio la chitarra di Morello!
Ah, Take me Higher è un pezzo spaccaculi!!
E grazie per i Living Colour, non sapevo avessero fatto un disco nuovo!
Ho appena ascoltato Program, ora vado a comprarmi il cd.
Saluti.
Molto interessante questo tuo post.
Saluti a presto.
@ Bill Lee: caro mio, questi sono gruppi coi quali siamo cresciuti e che ci sono entrati sottopelle. Difficile essere obiettivo, quando ne parlo. Fuori da obblighi recensori, però, un disco così non smetto di ascoltarlo nemmeno sotto tortura :)
@ Cavalierie: Grazie per essere passato :)
si godono parechhio le nuove voci anche se de la Rocha era de la Rocha.....
ottimo disco per me...davvero ottimo, mi mancava la chitarra di Morello
altro che anacronismi....che cosa e' cambiato in questo mondo dal 1992 quando cantavano Bullet in the head e Killing in the name of? niente...semmai e' peggio, ergo ideali di rivolta e "fuck the system" stanno ancora in piedi!
"some of those that work forces, are the same that burn crosses" ed aggiungo io...sono ancora in giro.....sti mothefuckers!
hasta la victoria hermano!
abrazo de gol
..s
@ Offhegoes: Che le cose dette siano sacrosante, non ci piove. Che siano in molti a condividerle, dubito fortemente :(
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