C’era un tempo in cui
camerette e garage erano la palestra formativa di tutti coloro che volevano
esercitarsi per diventare delle rockstar. La meglio gioventù rockettara se ne
stava chiusa lì a strimpellare, a modellare un suono, a sudare sugli strumenti
per vedere di riuscire a grattar via un po' di quella polvere di stelle, che
significava un contratto discografico, fama, denaro e, soprattutto, la
possibilità di realizzare i propri sogni. Le speranze di emergere e di farsi
notare erano ridotte all’osso, e solitamente si concretizzavano in serate mal
pagate in localini malfamati e nel passaparola di quanti avevano assistito ai
live. Oggi, il mondo è cambiato, in meglio o in peggio non sta a noi dirlo, e
il garage delle nuove generazioni si chiama Youtube. La tecnologia ha
sostituito l’artigianato: un video carino, mezza canzone azzeccata, un po' di
hype e il gioco è fatto. Visualizzazioni, like e condivisioni sono tutto ciò
che è necessario per sfondare, con buona pace dei vicini di casa che non si
incazzano più per il volume troppo alto delle chitarre e di quei giovani che un
tempo si facevano venire le vesciche alle mani, per riuscire a suonare alla
perfezione un giro di do. Così, ci sono gruppi (gli antesignani furono gli
Arctic Monkeys) che non hanno bisogno nemmeno di registrare un disco, per
sfondare: bastano un paio di video ben cliccati e il risultato sperato è
raggiunto. Questa è più o meno la gavetta degli Amazons, che si sono formati a
Reading, Berkshire, nel 2014, e che in tre anni si sono fatti notare solo a
colpi di singoli e di video, tanto che sia la BBC che MTV da tempo ne parlano
come della new sensation del 2017. Di questo disco, il primo sulla lunga
distanza, si sapeva già tutto prima della sua uscita, perché in realtà non è
altro che una raccolta dei singoli già pubblicati nel corso della breve
carriera della band. Messo nel lettore, il cd suona, quindi, come una sorta di
best of di canoni che avevamo già orecchiato in precedenza. La produzione di
Catherine Marks (già alle prese con Killers, Foals e Local Natives) riesce a
dare omogeneità all’assemblaggio e questa è una delle note positive di un disco
che, però, si perde nella terra di mezzo popolata da quella musica che, per
quanto carica di hype, finisce per essere sostanzialmente inutile. Gli Amazons
sfoderano, infatti, un repertorio di brani power pop, gonfi di riff rumorosi ma
innocui, e di tastieroni un po' retrò che saturano il suono: una via di mezzo
fra i Killers e i Royal Blood, in cui i primi fanno la parte del leone. Non lasciatevi, quindi, ingannare dalle fiamme
in copertina. L’incendio evoca una molotov, ma è solo uno specchietto per le
allodole per coloro che hanno comprato il disco senza prima sapere chi fossero
gli Amazons e ora si ritrovano con il cerino in mano. Spento, per giunta. Canzoni
da stadio, ritornelli da cantare tutti insieme a squarciagola, ma niente pogo,
che ci si può far male: meglio qualche azzeccata melodia dal sapore post
adolescenziale per mettere d’accordo tutti, i finti cattivi e i fighetti da
sushi bar. Il disco, badate bene, non è pessimo e ascoltato a un volume
importante possiede una discreta resa. Il gioco, però, finisce dopo un paio di
ascolti, quando anche un sordo capirebbe che per fare le cose per bene gli
Amazons dovrebbero rotolarsi in un po' di sana sporcizia. E passare un po' più
di tempo in garage.
VOTO: 5,5
VOTO: 5,5
Blackswan, lunedì 11/09/2017
Nessun commento:
Posta un commento