Cominciano
a essere numerosi i gruppi che hanno deciso di tornare sulle scene in
questo 2017 dopo assenze decennali, tra i comeback più fragorosi: Jesus
& Mary Chain, Boss Hog e Slowdive. Di questi giorni la notizia di
un nuovo album anche per i Flamin’ Groovies dopo Rock Juice del 1992. E’ in questo contesto, tra l’eccitante e il nostalgico, che i Dream Syndicate rinnovano la loro discografia con How Did I Find Myself Here?, sesto album in studio a quasi trent’anni di distanza da Ghost Stories.
Non è un fulmine a ciel sereno, da tempo si vociferava di un nuovo
disco, almeno dal 2012, quando Steve Wynn rimise insieme la band per una
serie di live show con il bassista Mark Walton, il batterista Dennis
Duck e, alla seconda chitarra, Jason Victor, da sempre al suo fianco nei
Miracle 3. L’annuncio ufficiale comunque solo a fine 2016 mentre la
band dava il via alle registrazioni delle otto canzoni in scaletta nei
Montrose Studios di Richmond sotto la supervisione dell’ex Green On Red e
amico di lunga data Chris Cacavas.
Inutile
dilungarci su cosa abbiano rappresentato i Dream Syndicate per il Rock
degli anni ’80, basterà dire che sono stati uno dei gruppi di punta del
movimento Paisley Underground e che avrebbero meritato ben altre fortune
in termini di popolarità, le stesse dei R.E.M. per esempio, con cui
condivisero i palcoscenici ad inizio carriera e, soprattutto, il
tentativo di riportare in luce gli stili musicali dell’epoca aurea del
Rock americano, dalla Psichedelia westcostiana alle derive Arty che
contraddistinsero New York nella seconda metà degli anni ’70. Per chi ha
amato intensamente la band californiana, l'approccio con How Did I Find Myself Here?
non è così automatico, troppe le canzoni del passato impresse nella
memoria, troppe le emozioni che queste suscitavano quando la puntina del
giradischi affondava tra i solchi dei loro 33 giri. Pezzi
indimenticabili che immancabilmente finivano nelle nostre cassettine
preferite con le foto di Steve Wynn, Karl Precoda e Kendra Smith
ritagliate dalle riviste e subito dopo incollate sul cartoncino delle
BASF. Dopo i Dream Syndicate si metteva su un pezzo dei Thin White Rope
oppure dei Long Ryders e ti sembrava di aver contribuito alla bellezza
del mondo: Tell Me When It's Over, When You Smile, The Medicine Show, sono solo alcuni dei gioielli che Wynn e compagni ci hanno regalato fin dagli esordi di The Days Of Wine And Roses, l’album che diede l’avvio alla breve quanto intensa stagione del Paisley Underground.
How Did I Find Myself Here? si apre con il fascino sotterraneo di Filter Me Through You,
ballata malinconica pervasa dal continuo dialogo tra le due chitarre e
ricca di allusioni byrdsiane. Subito dopo parte un fantastico trittico
carico di energia ed elettricità che s’inaugura con l’accattivante
melodia di Glide a cui seguono l’incalzante Post Punk Out Of My Head e la straripante 80 West: chitarre al fulmicotone, sezione ritmica martellante, Steve che aggredisce il microfono con la veemenza del rocker di razza. Like Mary
invece, porta in dono trepidazioni di sapore antico, tra slide e
sussurri, la bonaccia che preannuncia la tempesta rappresentata da The Circle,
il pezzo più trascinante del disco, cadenzato, potente, a presa
immediata, destinato a far sfracelli nella dimensione live. Chiudono il
programma le atmosfere avvolgenti della lunga title track (il singolo
che già si conosceva) e Kendra's Dream, vero e proprio tributo
alla musa degli esordi, Kendra Smith. Qui le sonorità sono rilassate, le
corde più gentili, come d’abitudine in tutti i dischi dei Dream
Syndicate. Non rimane quindi che consigliare vivamente l’ascolto di How Did I Find Myself Here?, splendido ritorno sulle scene di una grande band inossidabile all’usura del tempo.
VOTO: 8
Porter Stout, giovedì 14/09/2017
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