Inutile
girarci intorno: i tempi gloriosi, quelli della rabbia vera, quelli di
Slim Shady, quelli di The Marshall Mathers LP e di The Eminem Show sono
finiti da un pezzo. Oggi, Eminem è una macchina da guerra commerciale e
in questi termini ragiona.
Nel
bene e nel male, più nel male oserei dire, la formula proposta dal
rapper di Detroit è sempre la stessa: nessuna attenzione all’evoluzione
del genere, brani dall’appeal radiofonico scontato, campionamenti a gogo
e ospitate di lusso che, se da un lato attirano nuovi fans, soprattutto
nel pubblico giovane, dall’altro non aggiungono nulla a una narrazione
scontata e ripetitiva. Non sfugge a questo assunto anche il nuovo
Revival, nono album in studio, che esce ben quattro anni dopo il
discreto The Marshall Mathers LP 2: squadra che vince non si cambia,
anche a dispetto della qualità del prodotto.
Che
Eminem sia ancora uno dei migliori rapper in circolazione è cosa di cui
non si può dubitare e basterebbe ascoltare la stupefacente Offended
per rendersi conto di essere di fronte a un autentico fuoriclasse:
velocità supersonica, scansione metrica e dizione perfette. A parte
questa inevitabile e quasi scontata considerazione, il disco però
presenta gravi lacune, a partire da una produzione confusa e in certi
casi addirittura pacchiana (le colpe sono da ripartire equamente fra
Eminem, Rick Rubin, Alex Da Kid e Dr. Dree), e da una scaletta di
canzoni non certo memorabile.
Le
numerose ospitate non riescono a elevare il prevalente livello di
mediocrità del disco e anzi, in alcuni casi, vedasi il duetto con Ed
Sheeran in River, producono episodi di una sciatteria e bruttezza sconfortanti. Non brillano per originalità nemmeno i sample utilizzati (Zombie dei Cramberries in Heat e I Love Rock ‘n’ Roll di Joan Jett in Remind Me),
ma almeno i brani campionati sono belli quanto basta per rendere
accettabile il livello delle canzoni in cui vengono inseriti.
Qualcosa si salva, perché Eminem non è certo l’ultimo degli scappati di casa: la citata Offended è una vera bomba, la conclusiva Arose, pur nel suo sviluppo prevedibile è attraversata da un mood malinconico che non lascia differenti, mentre l’iniziale Walk On Water,
in duetto con Beyoncè, possiede una scintillante veste pop e un ottimo
interplay fra le parti vocali (il rap di Eminem, in questo caso, è da
applausi). Troppo poco, però, per un disco che dura ben settantasette
minuti e che, oltre alle vibranti posizioni politiche anti Trump, ha ben
poco di nuovo da offrire agli ascoltatori.
VOTO: 5
Blackswan, venerdì 29/12/2017
1 commento:
Un disco che mi mette un'enorme tristezza. :(
Eminem ormai sembra la parodia di se stesso e l'ispirazione di un tempo se n'è andata del tutto.
Anche sulle sue capacità di rappare, rispetto al passato, ho parecchi dubbi.
Spero si riprenda, ma al momento mi pare davvero rimasto senza niente da dire, sia a livello di rime che di musica.
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