L’unico
difetto delle Smoke Fairies è che appartengono a un sottobosco musicale
frequentato solo da una ristretta cerchia di appassionati. In buona
sostanza, da noi, almeno, non se le fila nessuno, e spesso, cosa strana,
sono trascurate anche dagli addetti ai lavori. Basterebbe, invece,
divulgare il verbo e portare alla luce dischi come questo Darkness Brings The Wonders Home,
sesto album in studio del duo, tutto al femminile, originario di
Chichester, per rendersi conto che dall’oscurità mediatica in cui vivono
le Smoke Fairies è possibile riempirsi casa di autentiche meraviglie.
Darkness…
non è certo quello che può definirsi un disco immediato. Al primo
ascolto, si ha la sensazione di trovarsi di fronte a qualcosa di
notevole, anche se è necessario decisamente più tempo per rendersi conto
della bellezza che si cela dietro le dieci tracce in scaletta.
Registrato a Seattle e prodotto da Phil Ek (The Black Angels, Fleet
Foxes, The Shins), il sesto lavoro delle SF è, infatti, un disco cupo,
scorbutico, graffiante, che sancisce il passaggio del duo britannico a
un suono più robusto rispetto a quello che informava i precedenti
lavori.
Katherine
Blamire e Jessica Davies badano al sodo, evitano artifici in fase di
arrangiamenti e di produzione, e tirano fuori dieci canzoni essenziali,
secche, invischiante nella pece nera di atmosfere notturne e dagli echi
vagamente psichedelici. Le melodie non sono immediate, ma quando
emergono, stendono l’ascoltatore, avviluppato fin da subito in un mood
apparentemente ostico ma foriero di inquietanti suggestioni.
L’apertura di On The Wing
introduce immediatamente i temi ricorrenti dell’album: giri di chitarra
ossessivi (dirò una fesseria, ma talvolta, al netto delle spezie
africane, sembra cogliere echi della musica dei Tinariwen), sezione
ritmica robusta e basilare, e sensazione di trascendenza quando le voci
delle due ragazze si fondono in un connubio quasi etereo.
La successiva Elevator mostra
un lato decisamente più rock e muscolare, con il riff stridente della
chitarra che introduce l’ennesimo, perfetto, interplay fra le voci di
Katherine Blamire e Jessica Davies.
L’alternarsi
di brani decisamente più sferraglianti a ballate elettriche, comunque
spigolose, trova coerenza ed omogeneità in un suono che trae energia
dall'oscurità, talvolta incline a sussulti elettrici, talvolta
avviluppato in momenti quasi meditabondi e sgranato in atmosfere “fumose”.
Ecco allora che riescono a convivere all’interno della stessa scaletta
canzoni che possiedono anime diverse: i riff ossessivi, disturbanti e
opprimenti dell’ossuta Out Of The Woods, la sfacciataggine dell’invettiva amorosa di Chocolate Rabbit (“sei come un coniglio di cioccolato, sei vuoto dentro”) e due brani come la sognante e depressa Chew Your Bones e la puntuta Don’t You Want To Spiral Ou Of Control?, entrambe attraversate da un brillantissimo piglio melodico.
Chiude il riff ansiogeno di Super Tremolo,
che sigilla alla perfezione un disco dal suono contemporaneo, in cui le
ipnotiche armonie vocali, gli acuminati riff di chitarra e le nebbiose
melodie creano un mix dai connotati magici.
L’invito è, ovviamente, quello di non farvi sfuggire Darkness Brings The Wonders Home
e, al contempo, di recuperare, se vi manca, anche la produzione passata
delle due ragazze britanniche. A parere di chi scrive, questo è il
miglior disco ascoltato nel primo scorcio del 2020. Fidatevi.
VOTO: 9
Blackswan, martedì 25/02/2020
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