martedì 25 febbraio 2020

SMOKE FAIRIES - DARKNESS BRINGS THE WONDERS HOME (Seven Years Records, 2020)

L’unico difetto delle Smoke Fairies è che appartengono a un sottobosco musicale frequentato solo da una ristretta cerchia di appassionati. In buona sostanza, da noi, almeno, non se le fila nessuno, e spesso, cosa strana, sono trascurate anche dagli addetti ai lavori. Basterebbe, invece, divulgare il verbo e portare alla luce dischi come questo Darkness Brings The Wonders Home, sesto album in studio del duo, tutto al femminile, originario di Chichester, per rendersi conto che dall’oscurità mediatica in cui vivono le Smoke Fairies è possibile riempirsi casa di autentiche meraviglie.
Darkness… non è certo quello che può definirsi un disco immediato. Al primo ascolto, si ha la sensazione di trovarsi di fronte a qualcosa di notevole, anche se è necessario decisamente più tempo per rendersi conto della bellezza che si cela dietro le dieci tracce in scaletta.  Registrato a Seattle e prodotto da Phil Ek (The Black Angels, Fleet Foxes, The Shins), il sesto lavoro delle SF è, infatti, un disco cupo, scorbutico, graffiante, che sancisce il passaggio del duo britannico a un suono più robusto rispetto a quello che informava i precedenti lavori.
Katherine Blamire e Jessica Davies badano al sodo, evitano artifici in fase di arrangiamenti e di produzione, e tirano fuori dieci canzoni essenziali, secche, invischiante nella pece nera di atmosfere notturne e dagli echi vagamente psichedelici. Le melodie non sono immediate, ma quando emergono, stendono l’ascoltatore, avviluppato fin da subito in un mood apparentemente ostico ma foriero di inquietanti suggestioni.
L’apertura di On The Wing introduce immediatamente i temi ricorrenti dell’album: giri di chitarra ossessivi (dirò una fesseria, ma talvolta, al netto delle spezie africane, sembra cogliere echi della musica dei Tinariwen), sezione ritmica robusta e basilare, e sensazione di trascendenza quando le voci delle due ragazze si fondono in un connubio quasi etereo.
La successiva Elevator mostra un lato decisamente più rock e muscolare, con il riff stridente della chitarra che introduce l’ennesimo, perfetto, interplay fra le voci di Katherine Blamire e Jessica Davies.
L’alternarsi di brani decisamente più sferraglianti a ballate elettriche, comunque spigolose, trova coerenza ed omogeneità in un suono che trae energia dall'oscurità, talvolta incline a sussulti elettrici, talvolta avviluppato in momenti quasi meditabondi e sgranato in atmosfere “fumose”. Ecco allora che riescono a convivere all’interno della stessa scaletta canzoni che possiedono anime diverse: i riff ossessivi, disturbanti e opprimenti dell’ossuta Out Of The Woods, la sfacciataggine dell’invettiva amorosa di Chocolate Rabbit (“sei come un coniglio di cioccolato, sei vuoto dentro”) e due brani come la sognante e depressa Chew Your Bones e la puntuta Don’t You Want To Spiral Ou Of Control?, entrambe attraversate da un brillantissimo piglio melodico.
Chiude il riff ansiogeno di Super Tremolo, che sigilla alla perfezione un disco dal suono contemporaneo, in cui le ipnotiche armonie vocali, gli acuminati riff di chitarra e le nebbiose melodie creano un mix dai connotati magici.
L’invito è, ovviamente, quello di non farvi sfuggire Darkness Brings The Wonders Home e, al contempo, di recuperare, se vi manca, anche la produzione passata delle due ragazze britanniche. A parere di chi scrive, questo è il miglior disco ascoltato nel primo scorcio del 2020. Fidatevi.

VOTO: 9 





Blackswan, martedì 25/02/2020

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