Sotto il moniker Blanco White si cela Josh Edwards, ventottenne songwriter e chitarrista londinese, che con questo On The Other Side
esordisce sulla lunga distanza. Come suggerisce il nome (ispirato dal
poeta spagnolo Joseph Blanco White), Edwards ha il cuore diviso a metà:
da un lato le origini britanniche e dall’altro la passione per la
Spagna, dove si è trasferito a vivere (a Cadice, per la precisione). Una
scelta di vita, certo, ma anche artistica, visto che in Andalusia Josh
ha studiato la chitarra flamenco, sotto la guida di Nono Garcia, e ha
affinato la sua tecnica, ulteriormente migliorata, poi, da un
trasferimento a Sucre, in Bolivia, dove il songwriter inglese ha
scoperto la musica folk del luogo e ha imparato a suonare il charango.
Josh
ha passato, poi, molti anni in America latina e in seguito a questa
esperienza si è appassionato alla cultura spagnola e in particolare alla
musica. “Quando avevo 10 anni mio padre ha lasciato il lavoro, mia
madre si è presa una pausa dal suo e hanno portato me e le mie due
sorelle più piccole in America Latina. Abbiamo lasciato la scuola e
siamo andati in Messico, Costa Rica e Perù. È stato un viaggio che ci ha
cambiato la vita e quando sono tornato morivo dalla voglia di imparare a
parlare spagnolo. L’America Latina per me rimarrà sempre un posto
meraviglioso e molto romantico”.
Un
gavetta di spessore, quindi, che ha forgiato il songwriting e la
tecnica di Edwards, portandolo a suonare in giro per l’Europa e a
incidere tre Ep con cui si è fatto conoscere nei circuiti alternative e
che hanno preparato il terreno per questo full lenght d’esordio.
On The Other Side
è composto di undici canzoni di ispirato folk pop, morbido e vellutato
come la bella voce di Edwards. C’è molta attenzione al suono delle
chitarre, che il giovane songwriter suona con una perizia invidiabile e
che sono avviluppate quasi sempre in un soffice tappeto di synth.
Nonostante la passione per la cultura spagnola, però, i riferimenti alla
musica latina sono sporadici (a parte la conclusiva Mano a Mano
cantata in spagnolo ed evidente omaggio alla sua patria di adozione) e
la proposta mantiene salde le radici nella cultura folk britannica.
Il
disco è piacevolissimo, ricco di soundscapes malinconici e attraversato
da un mood sofferto e crepuscolare. Manca tuttavia l’intuizione
melodica da ko, e la voce di Edwards, per quanto calda e carezzevole, è
però monotonale, e finisce per appiattire l’andamento di un lavoro
accattivante, ben suonato, ma nel complesso abbastanza prevedibile.
VOTO: 6,5
Blackswan, venerdì 19/06/2020
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