Ci sono generi che non passano mai di moda, presenti da sempre, dal giorno in cui sono nati, immutabili nelle loro forme, salvo qualche piccolo scarto di modernità che ci fa dire di un gruppo “sembrano proprio quelli là”, ma anche “hanno comunque un proprio tratto distintivo”. Ecco, quindi, i The Georgia Thunderbolts, giovani avanguardie del southern rock, che rinfrescano i lick boogie e i riff anthemici, “che sembrano suonati proprio da quelli là”, ma che si tengono ben lontani dal replicare pedissequamente le gesta dei grandi padri putativi del genere (Allman Brothers, Lynyrd Skynyrd, The Black Crowes, etc), insufflando semmai una ventata di vigore in quella musica dal sapore antico, riletta, però, con consapevolezza e, nello specifico, con una notevole caratura tecnica.
Parte "Take It Slow" e improvvisamente appare davanti agli occhi dell’ascoltatore tutto quell’immaginario sudista fatto di musicisti irsuti, bourbon tracannato in un fiato e pick up malmessi che sgommano feroci, sollevando terra e polvere. Due chitarre e un’armonica anarchica, un ghigno beffardo, un riff nerboruto, e il gioco è fatto. E se quei riff cazzuti, sporchi e spavaldi sono il vostro pane quotidiano, la successiva "Lend A Hand" ti friggerà il cuore con un groove ad alta percentuale di ottani, un ritornello contagioso e soprattutto il suono in purezza del classic rock: una Gibson Les Paul che spara decibel attraverso un ampli Marshall.
Ispidi e rumorosi, ma non solo: "So You Wanna Change The World" è un ballatone virile, dal suono famigliare, caldo e invitante, "Looking For An Old Friend", è un godereccio emulo del sound Lynyrd Skynyrd trainato da una melodia acchiappona, e la cover di "Midnight Rider" omaggia gli Allman col piglio moderno di una ritmica martellante e tonnellate di distorsioni che tracimano nell’hard rock.
Can We Get A Witness è un condensato di energia sudista, che predilige un’esposizione ruvida, accantonando gli accenti country, e scegliendo semmai una declinazione che, in certi frangenti, trasuda di soul. Un disco che passa anche dall’ovvio, certo, ma che regala gioielli di songwriting come il saliscendi emotivo della clamorosa "Spirit Of A Working Man" e la conclusiva "Step Me Free", sette minuti di epica southern che, un domani, rappresenteranno, sono pronto a scommetterci, la signature song della band e uno dei momenti più caldi dei loro live.
Con questo esordio sulla lunga distanza, i Georgia Thunderbolts si affiancano alle nuove leve del southern (Whiskey Myers, Black Stone Cherry, Blackberry Smoke, etc.) e mettono già la freccia per il sorpasso: tradizione rispettata, idee chiarissime, tecnica superiore e un surplus di vitalità che, non solo tiene viva, ma fa letteralmente divampare la fiamma del rock.
VOTO: 8
Blackswan, lunedì 13/12/2021
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