venerdì 20 settembre 2024

Kawamura Genki - Se I Gatti Scomparissero Dal Mondo (Einaudi, 2024)

 


Il protagonista della nostra storia di lavoro fa il postino, mette in comunicazione tutti gli altri ma accanto a sé non ha nessuno. La sua unica compagnia è un gatto, Cavolo, con cui divide un piccolo appartamento. I giorni passano pigri e tutti uguali, fin quando quello che sembrava un fastidioso mal di testa si trasforma nell'annuncio di una malattia incurabile. Come passare la settimana che gli resta da vivere? Riesce a stento a compilare la lista delle dieci cose da provare prima di morire. Non resta nulla da fare, se non disperarsi: ma ecco che ci mette lo zampino il Diavolo in persona. E come ogni diavolo che si rispetti, anche quello della nostra storia propone un patto. Un giorno di piú di vita in cambio di qualcosa… Con la delicatezza di Sepúlveda e il gusto per il fantastico di Murakami, Kawamura Genki ha scritto una fiaba moderna per ricordarci quali sono le cose davvero importanti.

 

Un consiglio ve lo do subito: approcciatevi a questo meraviglioso romanzo abbandonando ogni filtro razionale. Leggetelo col cuore, abbandonatevi al flusso delle emozioni, e piangete pure tutte le lacrime che volete, perché vi farà un gran bene all’anima.

Se I Gatti Scomparissero Dal Mondo è un libricino breve, esile nella trama, semplice nella scrittura, didascalico, forse, in certe riflessioni, ma denso di umanità. Il contesto è surreale e la metafora è il fil rouge che lega tutta la narrazione. I temi trattati, però, sono concreti, reali: si parla d’amore, di vita e di morte, il mood è poetico, quasi fanciullesco, l’ironia attutisce le bordate emozionali, ma Genki non fa sconti, e il dolore, pagina dopo pagina, arriva, eccome se arriva, strapazzando il cuore del lettore.

Il protagonista del romanzo è un giovane postino, che vive da solo insieme a Cavolo, il gatto che, anni prima, sua mamma aveva accolto in casa. Una vita tranquilla e monotona che viene sconvolta da una ferale notizia: gli viene diagnosticata una malattia incurabile e pochi giorni di vita. Devastato dal dolore e dalla paura, il giovane torna a casa, dove ad aspettarlo c’è il diavolo in persona, con una proposta che potrebbe cambiare il corso degli eventi: per ogni giorno di vita in più, il giovane dovrà decidere cosa far sparire dal mondo, definitivamente e per tutta l’umanità.

Inizia così Se I Gatti Scomparissero Dal Mondo, con un dilemma, la cui soluzione, apparentemente ovvia (la vita non ha prezzo, soprattutto se è la nostra), implica, però, per il protagonista tormentate scelte etiche. Il libro scorre, pagina dopo pagina, leggero e avvincente, una sorta di fiaba moderna, che potrebbe leggere anche un bambino, se non fosse che ogni singola pagina ha un suo segreto da svelare.

Ecco allora che il diavolo non è veramente il diavolo, ma il nostro doppio: è il protagonista del racconto, è ogni singolo lettore che sfoglia il libro, sono i nostri rimpianti, i rimorsi, sono tutte quelle scelte che avremmo dovuto prendere per avere una vita migliore, ma che non abbiamo fatto, perché il nostro bagaglio etico ce l’ha impedito. Il diavolo è il fardello che ci portiamo sulle spalle, è un peso infinito che ci impedisce di godere a pieno dell’esistenza, ma è anche tutto ciò che non siamo e non saremo mai, perché è meglio una vita di piccolo cabotaggio, purchè onesta e vissuta con animo buono, con empatia verso il prossimo, che scegliere il facile compromesso che porta al successo.

Come recita il titolo, uno dei protagonisti del breve romanzo è un gatto, ma non occorre possederne uno per apprezzare fino in fondo ciò che il racconto ha da suggerirci. Cavolo, il felino con cui il protagonista condivide le sue giornate, è in realtà l’ennesima metafora. Il gatto, che a un certo punto della storia inizia a parlare, rappresenta il bambino che c’è in noi, quel fanciullo che vede le cose come sono, senza i filtri emotivi e senza le sovrastrutture lessicali che un adulto si è creato per combattere quella estenuante battaglia che chiamiamo vita. Il gatto parla e si rivolge al suo padrone chiamandolo “signore”, esattamente come fanno i bimbi con gli adulti, gli dice che non ha mai capito nulla dei suoi “miao”, interpretandoli sempre in modo errato (siamo davvero capaci di ascoltare un bambino?), ma gli sta vicino, e lo consola con quell’affetto spontaneo e cristallino, di cui solo gli animali e i cuccioli di uomo sono capaci. Non solo. Il gatto è anche amore, amore per le persone che ci circondano e per quelle passioni (la musica, il cinema, etc) che danno un senso alla nostra vita.

Detto questo, cosa togliere all’umanità per vivere un giorno in più? In ciò consiste, soprattutto, l’originalità del racconto e la straordinaria misura narrativa di Genki, che ragiona sulle scelte del suo protagonista, soppesando i pro e i contro di un mondo senza cellulari, senza orologi o, Dio ce ne scampi, senza film. Forse si potrebbe fare a meno di tutto, ma si può vivere la propria vita senza l’amato gatto?  

Non anticipo nulla su quella che sarà la scelta del giovane protagonista del romanzo, facendovi solo presente che la parte finale del libro affronta con intenso lirismo (la chiosa fa battere ancora più forte il cuore) il tema del perdono e dell’amore verso i genitori. Sentimenti, questi, che rendono la vita degna di essere vissuta, e ci consentono di affrontare la morte fisica, per quanto ineluttabile, come un evento naturale, a cui ci si può preparare con serena rassegnazione. Perché la vera morte, quella che non fa sconti, è il vuoto dell’anima, è l’afasia affettiva, è la mancanza di memoria, di quei ricordi, cioè, dolci o tristissimi, che ci fanno dire: ho vissuto, è stato un bel viaggio, sono in pace col mondo.

 

Blackswa, venerdì 20/09/2024

Nessun commento: