Che Gabriel fosse un istrione e rubasse la scena, sia sul palco che in studio, al resto della band, è un dato di fatto sul quale sono già stati versati litri di inchiostro.L'arcangelo Gabriele, a dispetto dei modi cortesi e dell'innata simpatia del bel sorriso aperto, non era proprio quello che si può definire un tipo accomodante.La storia dei Genesis è infatti cadenzata dalle sue intuizioni, dalla sua creatività, ma anche dalle sue continue imposizioni, dall'assolutismo delle sue scelte (ad esempio, obbligò Collins a non chiudere le rullate sui piatti ), dalla sua natura di teatrante abituato a ritagliarsi sempre il ruolo di prima donna.E' per questo che "The Lamb ", se da un lato rappresenta l'apoteosi di un percorso musicale, per molti versi, gabriel-centrico, dall'altro sarà anche l'ultimo capitolo del cantante di Bath alla guida del quintetto inglese.Gabriel è stufo degli angusti limiti che la band inevitabilmente pone al suo sempre crescente desiderio di sperimentazione, gli altri quattro sono stanchi invece di stare al servizio di un padre padrone che impone e dispone, spesso senza nemmeno accettare contradittorio.Dopo
questo disco, ognuno se ne andrà per la sua strada: Gabriel a cercare fortuna con la sua World Music e il suo art-rock avanguardistico, Collins & co. a trascinare stancamente il marchio Genesis tra (pochi) alti ( "The Trick of the Tail" ) e ( moltissimi ) bassi.Concept album, opera rock, o come altro preferite definirla, primo doppio album nella discografia Genesis, " The Lamb Lies down On Broadway " non è solo il sesto ( e miglior ) disco in studio della band, ma è soprattutto un ponte artistico fra il passato e il futuro di Gabriel.Una sorta di anteprima di quello che sarà, nel quale l'ambiziosa progettualità sperimentale e il talento narrativo dell'Arcangelo superano per la prima volta le anguste barriere del progressive, gli orpelli e i barocchismi, l'idea ormai consunta di un rock romantico, fine a se stesso e senza più sbocchi crativi."The Lamb" è il (sublime e monumentale) canto del cigno del genere, la pietra miliare che segna la fine di un epoca, l'epitafio che chiude un movimento i cui adepti, ancora oggi, si crogiolano di nostalgia e ricordi.La storia di Rael ( Rael = Real = Re Lear ), teppista portoricano dei bassifondi newyorchesi che vede l'agnello sdraiarsi su Broadway, è narrativamente (e musicalmente ) complessa, a tratti perfino di difficile comprensione.Eppure, ciò nonostante è ricca di suggestioni, di visioni,di un potere evocativo, che nasce non solo dalla musica, ma soprattutto dalla voce di Gabriel, abile come di consueto a manipolare la lingua inglese, a suggerire tramite calembour, citazioni colte, metafore, a stupire con un brillante caleidoscopio di timbri diversi.C'è un abisso fra i precedenti lavori della band e questo concept: il suono Genesis si irruvidisce, acquista accenti più marcatamente rock, gli acquarelli della campagna inglese vengono sostituiti con i tratti decisi dei graffiti metropolitani di una New York sotterranea e malevola.I brani si fanno meno articolati e più stringati, la ritmica finisce spesso in primo piano, le canzoni mordono alla gola, sono aggressive, stanno addosso all'ascoltatore, rimandano ad un futuro ancora lontano,ma qui già preconizzato, anticipato.Si pensi al pulsare claustrofobico ed ipnotico dell'incipit di " In the cage ", con Banks che reitera un giro di tastiera, portando il progressive ai limiti estremi dell'ipotesi elettronica.Si pensi a " Back in NYC ", che è proto-punk, un gancio per il futuro che tre anni dopo cambierà la storia della musica, partendo proprio dal cuore di New York.Si pensi a tanti intermezzi, nei quali si esplora l'ambient fino ai confini del noise, o alle atmosfere hard-rock di "Lilywhite Lilith ", quasi embrione prog-metal ante litteram.Un'opera avanguardista, dunque, che certamente anticipa ma che gioca anche di rimando ai grandi capitoli della passata ( e presente ) storia della musica popolare.Così " Counting out time " ed " Anyway " ammiccano a sonorità beatlesiane, mentre la conclusiva " It " è un omaggio a " It's only rock and roll ( but i li ke it ) " degli Stones, uscito poco tempo prima. E poi, c'è il prog rock, superato, certo, ma non dimenticato, riproposto in un'accezione più scarna e diretta ,e proprio in virtù di questa nuova essenzialità ,capace di toccare vette di lirismo fino ad allora mai esplorate.Ne sono esempi clamorosi "Carpet crawl ", la title track, e soprattutto, la sofferta e ispiratissima " The Lamia ", in cui il pianismo liquido di Banks, lo struggente assolo finale di Hackett e il cantato dolente di Gabriel riescono ad aprire un varco spazio temporale fra le visioni notturne di Debussy ed il rock anni 70.Quasi superfluo, infine, soffermarsi sulla magnificenza tecnica del quintetto, all'ultimo e più esaltante capitolo del proprio periodo di grazia.Collins, ormai nel novero dei grandi batteristi , da vita alla sua prova migliore, tra tempi dispari e pirotecnici cambi tempo.Banks è ispirato come mai, si spoglia finalmente di ogni barocchismo, ricerca l'essenzialità, pur continuando a sviluppare, soprattutto al piano, trame affascinanti e complesse.Il basso di Rutheford pulsa di continuo e Hackett, dal canto suo, dispensa assoli fulminanti.Su Gabriel, difficile aggiungere altro a quanto già detto. Istrionico, geniale, sperimentatore, vocalist dalle doti tecniche immense, riveste qui per la prima ,ed ultima, volta nella sua carriera, anche i ruoli di rocker e poeta metropolitano.Dopo un ponderoso tour di 102 date, tra Stati Uniti e Europa, Peter saluta e se ne va, per iniziare una vita artistica che ancora oggi lo vede sulla cresta dell'onda, mentre i Genesis, all'apice del loro successo, iniziano a decadere, consumati dalle fregole pop-dance di Collins.
Blackswan, lunedì 17/10/2011
14 commenti:
il MIO gruppo, insieme agli ELP, ma sono "nato" coi Genesis. gran bell'articolo, niente da dire, tranne un piccolo refuso: "Carpet Crawlers" ;-)
bravissimo!!!!!
@ Robydick : grazie per la segnalazione:correggo subito il refuso.Chissà a che pensavo...Sono cresciuto anche io, a partire dai primi anni ottanta coi Genesis.Il libro di Armando Gallo fra le mani e Foxtrot in sottofondo.Ebbi modo di vederli,avevo 14 anni, nel 1982,a Roma.era il tour di Abacab,ma fecero ancora tanti pezzi mitici.
Mi sa che devo ri(scoprire) i Genesis.
io li vidi non ricordo bene se 86 o 87 a San Siro, e anche senza Peter f un gran vedere e sentire! ci fu una Los Endos interminabile che ci scatenò tutti
@ Overthewall :tra tanto prog privo di anima, loro per tre o quattro album ( facciamo cinque,va )avevano una marcia in più..
@ Roby : mi sta venendo un coccolone di nostalgia che non ti dico.Domani, rispolvero la discografia :)
Grandissimo disco,lo sento spesso ed è sempre un piacere.Comunque non ti pare che il comportamento di Gabriel ricordi moltissimo quello di Waters?Anche se in quel caso il volo magico durò ancora qualche anno
@ Massi : paragone azzeccatissimo.I due avevano una personalità, per così dire,esuberante.
All'epoca, non sono poi tanto giovane eh!, al contrario dei miei amici e coetanei, non segui molto i Genesis e il Progressive in generale, più per spirito di ribellione che per reale analisi. Gli "assaporai" dopo che il Peter se ne andò e fu amore. Cominciai ad ascoltare la loro produzione e capii il loro spessore artistico/musicale. Da quel momento non smisi più di seguire Gabriel che considero tra i più grandi e profondi musicisti di sempre.
Bella recensione
uno dei miei dischi preferiti
Grande disco e scelta di separarsi azzeccatissima, se fossero andati avanti così forse sarebbe stata la fine....
I Genesis del dopo-Gabriel non potevano essere gli stessi, Collins merita gran rispetto, ma quanto a carisma rispetto a Gabriel siamo proprio distanti anni luce....
Peccato che i lavori di Gabriel negli ultimi anni siano in calo perenne.... Dopo "So" non ricordo niente degno del vero Gabriel....
@Blackswan:Diciamo esuberante
ottimo album ,io parteggio piu per gli yes....
@ Novalis : ho sempre pensato che Gabriel sia un artista davvero all'avanguardia.Ha sempre avuto l'idea qualche anno prima che l'avessero gli altri.
@ Popale : anche per me.E' stato per anni al primo posto della mia top ten.E anche adesso resiste nei primi trenta.
@ Lozirion : I fans della vecchia guardia lo detestano.però,è stato un grande batterista.
A me di Gabriel non è dispiaciuto Scratch my back.Particolare...
@ Massi : e diciamolo pure :)
@ Face : niente da dire,gli yes sono stati un grande gruppo.Forse,in più i Genesis avevano quel tocco di malinconico romanticismo che me li ha fatti amare maggiormente.
Quando uscì questo disco io avevo circa 12/13 anni e il mio vicino di casa lo suonava in continuazione.
Io gli facevo visita solo per la soddisfazione di ascoltare "Carpet crawlers", "In the cage", "The Lamb lies ..." .
Da questo disco è praticamente iniziato il mio amore per la musica.
Per quanto riguarda quello che rimase dei Genesis, con gli anni ottanta si sono giocati tutta la credibilità residua. E' stato un disastro dietro l'altro.
Era meglio sciogliersi a tempo debito (dopo Wind & wuthering)
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