martedì 24 maggio 2011

LIKE A ROLLING STONE


Settant'anni e non sentirli.O forse sentirli,ma fottersene beatamente e continuare a presidiare il palco,come se fosse un avamposto della vita al limitare degli inferi.Per i grandi rocker funziona così: o muori giovane e divieni leggenda, o la leggenda la costruisci anno dopo anno,continuando a tenere una chitarra in mano anche a quell'età crepuscolare in cui la maggior parte dell'umanità passa le proprie giornate tra il divano e la panchina di un parco.Non è una questione di denaro o di fama,perchè quando sei Dylan e hai settant'anni anni,di certi riconoscimenti non hai più bisogno.Semmai, in un circolo vizioso che si perpetua senza sosta, l'arte diventa come droga salvifica: suonare per sentirsi vivo,sentirsi vivo per pensare a un futuro di musica,e quindi tornare a suonare.Dylan di canzoni ne ha suonate tante,tutte importanti,come dimostrano quei cinquantotto lavori che ne costituiscono la mastodontica discografia e che stupiscono per numero ancor più della sua veneranda età.Una carriera forse non tutta centrata,costellata anche da momenti di impoverimento creativo e da una conversione religiosa al limite del grottesco,ma talmente decisiva nel suo complesso da far pensare a Dylan come l'icona più rappresentativa della storia della musica rock.Come spesso accade in questi casi,come è già accaduto ad esempio per Beatles e Rolling Stones,la leggenda finisce per sovrastare l'arte,il discorso su Dylan procede per stereotipi cristallizzati,si banalizza su episodi,su parole chiave,facendo perdere di vista il respiro artistico e il linguaggio universale di un'opera strabiliante.Il menestrello folk di Duluth,la creatività sbrigliata del Greenwich Village,la liaison sentimentale e artistica con Joan Baez,l'attivismo antimilitarista,la deriva rock di Newport,l'incidente in motocicletta e il mistero della presunta morte,l'inno di speranza di "Blowin' in the wind",il tormentone prossimo all'eternità di "Knockin'On Heaven's Door".Quante volte abbiamo focalizzato l'attenzione su questi mantra come fossero prova tangibile della grandezza dell'artista?Quante volte ne abbiamo accettato la celebrità in modo aprioristico,dando tutto per scontato,come se essere Dylan fosse un dogma evangelico ?Così tante volte,credo,da aver sbiadito la consapevolezza di ciò che Dylan è stato ed è tuttora per la cultura occidentale.Non solo un grande musicista,che ha tracciato le coordinate della musica americana partendo dal folk delle radici per giungere ad eleborare un'idea di rock a cui nessuno ha mai potuto sottrarsi;ma,soprattutto, il crooner,il narratore più attento e sensibile di cinquant'anni di storia a stelle e strisce.Una sorta di romanziere on the road,e non solo metaforicamente,in grado con la propria chitarra,l'armonica e la caratteristica voce aspra e sgraziata,di incarnare i turbamenti di più generazioni,di farsi portavoce della rabbia e delle frustrazioni di una gioventù stroncata dal fallimento del sogno americano,di essere la bandiera più sventolata dai movimenti culturali del 68,dei quali, grazie ad una sensibilità e ad intelligenza acuta come poche, è stato anche il lungimirante anticipatore.Quando Dylan,è il 1965,entra negli Studi A della Columbia di New York,per registrare " Highway 61 Revisited " non solo è una star di prima grandezza,ma ha già segnato irrimediabilmente la storia della musica americana.Ha scritto "Blowin' in the wind","Mr tambourine Man","Chimes of freedom","The time they are a- changin","Maggie's farm","It's all over now, baby blue".Un filotto di cavalli di battaglia così,basterebbe a chiunque per fermarsi e godere di un' imperitura gloria.Invece,Dylan non si sente arrivato,bensì solo all'inizio di un nuovo capitolo.Arruola i migliori musicisti in circolazione( Al Kooper e Mike Bloomfield,che saranno in seguito protagonisti assoluti della scena blues ) e registra in sei giorni il suo disco più bello,forse uno tra i più belli di tutti i tempi.Dylan non si limita a fare Dylan:da un colpo di spugna al passato,si crea una nuova identità,segue solo il suo istinto artistico perfettamente in sincrono con i tempi che cambiano.Imbraccia la chitarra elettrica,si prende gli insulti dei puristi a Newport,e traccia le coordinate della musica che sarà."Like a Rolling Stone",l'incipit del disco, è la vetta poetica più alta di un'ispirazione che sembra non avere limiti,il simbolo di una controcultura che da voce non più solo alla protesta giovanile ma soprattutto alla rancorosa ( o disperata )disillusione dell'intero universo umano."Miss Solitudine",protagonista del brano,è il simbolo di un America ricca e opulenta che cade in disgrazia,perde ogni riferimento culturale e ideologico e rotola,no direction home,pietra senza meta,verso un futuro su cui incombe la guerra,la miseria,il terrore nucleare.Un futuro che Dylan aveva intuito e preconizzato perfettamente, e nel quale oggi vive,ancora da protagonista,suonando la propria musica in Cina, l'ultima frontiera degli esploratori del rock.Come se a settant'anni ci fosse ancora un domani da costruire e qualcosa per cui rischiare.Grazie di tutto,Bob,grazie ancora.Buon compleanno.
Blackswan, martedì 24/05/2011

1 commento:

lozirion ha detto...

Bé, cosa si può dire di più? Io ho sempre considerato Dylan un grande uomo, prima ancora che un grandissimo artista, uno di quegli uomini che non ti aspetti, quelli che vedi solo nei film, convinti delle proprie idee tanto da battersi per difenderle, quelli che non si fanno prendere né dai soldi né dalla fama, ma continuano a fare quello che credono sia giusto, ecco, credo che al di là delle singole canzoni e dei singoli album (anche se nel caso di "Highway 61 revisited" la parola "album" mi pare riduttiva), Bob Dylan é questo, un artista vero, che ha 70 anni e ha raggiunto traguardi che forse una decina di persone al mondo possono permettersi di non invidiare, eppure quando scrive un pezzo, quando racconta una storia, lo fa come se tutto questo non ci fosse mai stato, con la convinzione di poter cambiare il mondo e l'entusiasmo di un ventenne....

Dicevi di aver scritto più o meno quello che avevo scritto io, ma il mio post in confronto a questo sembra da scuole elementari.... Davvero un bel post, complimenti! ^_^