Nel breve volgere di poche ore, due episodi tra loro apparentemente distanti ed ininfluenti.
A Londra muore Amy Winehouse, a Oslo un matto uccide novanta ed oltre persone inseguendo un suo delirio politico-razziale.
Partiamo da Amy.
Un'artista lontana le mille miglia dalle mie corde, ma di cui ho ascoltato spessissismo il praticamente unico lavoro perchè aveva un modo di cantare secondo me senza pari.
Tecnicamente ha già detto tutto Blackswan e quindi taglio corto.
Ma ancora una volta l'anima era fragile, o troppo grande, chissà, per reggere il peso di un'esistenza.
E vale poco la considerazione banale che molti sviluppano in queste ore: "Aveva tutto, successo, fama, denaro, e si è buttata via così".
Successo, fama e denaro sono beni desiderabili per molti di noi, evidentemente non per lei.
Forse avrebbe avuto bisogno di essere più amata, forse di una guida, o forse questo era semplicemente il suo destino.
Di certo c'è che la sua breve esistenza è stata piena di vita, di voler dare emozioni agli altri, della volontà e del bisogno di toccare corpi ed anime.
E la morte, pur alimentando il rimpianto, non fa venir meno la forza vitale del suo talento.
Anzi, si può forse dire che persino nella sua morte c'è molta vita, in termini di emozioni che rimangono e di una serie di bei pezzi che continueranno a farci compagnia anche se lei non c'è più.
Per contro, ad Oslo un anonimo trentaduenne elabora per mesi e mesi un piano perfetto che gli permette di compiere una strage allucinante, e lo fa in nome di una sorta di rivendicazione dell'orgoglio bianco europeo contro l'Islam.
Catturato, non tenta di uccidersi ma anzi va lieto in carcere perchè vuole essere processato, vuole la ribalta dei media per dare il via alla fase della propaganda, vuole l'emulazione, vuole che parta una crociata.
E perciò vuole vivere, perciò si è arreso subito, proprio per non essere crivellato di colpi lui stesso.
Della sua vita ha fatto un contenitore di morte, e vuole prolungarla il più possibile per diffondere il suo messaggio e favorire così nuove stragi.
Una vita che contiene solo morte, e che celebra se stessa solo nella sofferenza altrui.
Dovesse campare cent'anni, da quest'uomo non uscirebbe altro che un fetore di cadavere.
Ora, io non so se tra i due episodi sia lecito od arbitrario individuare un tratto comune.
Di certo, però, la scomparsa di Amy Winehouse, nel suo casino esistenziale, nel suo essere perennemente strafatta, mi ha fatto pensare alla caduta di un angelo.
La comparsa di questo pazzo, normalissimo fino ad un secondo prima di dare il via alla mattanza, mi fa pensare all'apertura di una porta dell'inferno ed alla fuoriuscita di un demone che viene a mangiare alcuni di noi.
Non saprei come chiudere il cerchio di questi pensieri.
Però la loro quasi contemporaneità mi porta a ritenere che siano in qualche modo connessi, magari all'interno di uno strano equilibrio cosmico che possiamo solo immaginare.
Molti se ne vanno per mano di un pazzo, altri se ne vanno sotto il peso di se stessi.
Per il pazzo spero ci possano essere anni di incubi orrendi.
Alle sue vittime e alla piccola Amy, sia lieve la terra.
Ezzelino da Romano
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