Blackswan, grande amico e fratello di fede, scrive cose eccelse.
Integro con alcune mie osservazioni.
E' ovvio che tutti i club sportivi professionistici intrattengano rapporti telefonici e personali con i vertici dei loro arbitri.
E' altrettanto ovvio, quindi, che le telefonate di per sè non possano essere illecite.
Lo sono, caso mai, per i loro contenuti e soprattutto per gli effetti che sortiscono.
Sui contenuti, mi pare di poter dire che la memoria di Giacinto sia oggi più che mai degna di compassione.
Era talmente lontano da quei maneggi che non riusciva a dire nulla di significativo, farfugliava frasi senza senso, e parlava con lestofanti che cercavano di fare parlare lui, mentre tra loro si dicevano "Sai, non è un gran che intelligente", e mentre Moggi gli dava del "brindellone".
Quanto agli effetti, ho usato la parola "soprattutto" perchè è la stessa che avevano usato i giudici di Calciopoli, dicendo cinque anni fa quello che Palazzi ancora oggi non ha capito o finge di non capire, e cioè che se il vantaggio illecito non si realizza non c'è nulla di cui discutere.
E permettetemi di dire che se si ritiene l'Inter colpevole di avere truccato campionati che poi ha perso, siamo al paradosso e io me ne chiamo fuori.
D'istinto, io alla prescrizione rinuncerei, ma in questo caso il tempo che è passato rileva non in quanto tale ma perchè nel frattempo Facchetti è morto e non potrebbe più difendersi.
Da sportivo, di questo scudetto non me ne è mai importato molto, ma ora me ne importa un casino.
Perchè se dovesse essere revocato, andrebbero inevitabilmente in discussione anche i titoli successivi.
Così come, nel caso contrario, si rifarebbero una verginità squadre e personaggi francamente impresentabili.
E questo non può accadere, non deve accadere.
Facchetti non è mai stato uguale a Moggi, nemmeno di notte.
Facchetti era un uomo franco e leale, un cavaliere della tavola rotonda, e Gigi Riva, che lo è in pari misura, si è infuriato per le schifezze che stanno uscendo in questi giorni.
Nel mio piccolo, avendo piedi meno nobili, siedo a tavoli più plebei ma mi indigno anch'io.
Ezzelino da Romano
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