Ci sono dischi che vanno ripescati nella memoria, perchè racchiusi in qualche file disperso nel cervello, oscurati dal tempo, legati indissolubilmente a un periodo della nostra vita quasi del tutto dimenticato. Poi, come spesso accade, un lampo, un pensiero, una sensazione, ed ecco che dal nulla riaffiora una musica antichissima, riprendono forma i titoli delle canzoni, le note si trasformano, tornano attuali, si riappropriano del quotidiano. A me è successo così con In The Hothouse, disco live dei The Sound, datato 1985, che mi è tornato alla mente all'improvviso, pescato non so bene come in qualche anfratto nascosto dei miei pensieri.
I The Sound sono senza ombra di dubbio uno dei più clamorosi torti che il destino abbia fatto alla musica. Un assaggio di celebrità in patria all'inizio degli anni '80, praticamente sconosciuti al resto del mondo, il gruppo di Adrian Borland ( personalità schizofrenica e voce da crooner ) nonostante gli sperticati elogi della stampa specializzata e un pugno di dischi tra i migliori rilasciati dalla scena post punk inglese, non è mai riuscito a levarsi di dosso l'etichetta di fenomeno musicale di nicchia. Un anonimato dovuto, con molta probabilità, a un look ben poco in linea con l'edonismo disperato di quei tempi e a una coerenza creativa che disdegnava mode e compromessi e che si eplicitava semmai attraverso il verbo della malinconia e del male di vivere. Nati e cresciuti musicalmente a Londra ( nonostante la casa discografica li spacciasse per un gruppo di Liverpool così da accostarli alla scena neo-psichedelica calcata dagli Echo & The Bunnymen e dei Teardrop Explodes, che là impazzava ), i The Sound diedero vita a una alternativa di rock che fondeva introspezione gotica e furore elettrico, la new wave dark alla Joy Division ( palese l'ispirazione del leader Adrian Borland al mito di Ian Curtis ) agli assalti " no future " che avevano caratterizzato l'appena conclusa epopea punk. In The Hothouse, penultimo capitolo della saga The Sound è una sorta di testamento, il canto del cigno di un gruppo, che dopo pochi anni cadrà in un oblio senza speranza, risucchiato nel vortice di una scena new wave che tutto tritava alla velocità della luce. Registrato dal vivo al Marquee di Londra nell'agosto del 1985, il disco ripercorre la carriera del quintetto, riproponendo i momenti migliori di una discografia con ben pochi cedimenti ( assolutamente imperdibile Jeopardy, cupo e psichedelico capolavoro post-punk del 1980 ). La scaletta di una forza emotiva dirompente ( il filotto iniziale Winning - Under You - Total Recall - Skeletons è tensione allo stato puro ), la presa diretta sporca e rabbiosa, l'essenzialità di arrangiamenti abrasivi, rendono questa performance live una tra le migliori di sempre. Eppure, nonostante l'energia primordiale di canzoni ferocemente spasmodiche, il disco suona anche ( e forse soprattutto ) struggente, cupo, evocativo. L'impatto elettrico della performance nulla toglie a una musica le cui suggestioni toccano le corde più profonde del nostro intimo, scavano solchi profondi di disperazione e tormento che ci scuotono come un accesso di pianto. In the Hothouse , per parafrasare Garcia Lorca, ricorda " un letto di malato e insonne ", un vagabondare inquieto in una notte di neon e periferia, un febbrile girovagare per fuggire ai propri demoni, cercando l'approssimarsi dell'alba e la salvezza di un primo raggio di sole. Le ellissi chitarristiche, costruite su distorsioni e dissonanze, il tappeto cupo di tastiere che si tengono discretamente in disparte per accennare melodie ossianiche, fanno di questo cd un lavoro malato e notturno, un'ipotesi di rock che forza la porta dei nostri cuori a sportellate elettriche. Adrian Borland canta come se ogni canzone fosse l'ultima della sua vita, cerca la tensione in un timbro tanto grave da ingenerare attacchi di panico, piega il cantato al senso di disperazione, si concede agli eccessi di una dannata teatralità goth-punk in cui rivive il fantasma di Ian Curtis. Le quindici perle in scaletta sono di una bellezza obliqua e dissennata, la distorsione elettrica è distorsione dell'anima, l'assolo folgorante è folgorazione emotiva. Silent Air, Skeletons, Burning Part Of Me e Missiles suonano come la deflagrazione musicale di un incubo, una ferita infetta che tormenta il cuore, la dolorosa e consapevole accettazione di un destino segnato. Destino che andrà a cercare Adrian Borland quattordici anni più tardi, facendolo cadere in una depressione tanto esiziale da spingerlo a togliersi la vita. La mattina del 26 aprile 1999, mentre lavora alla registrazione del suo ultimo album solista, Harmony And Destruction ( che uscirà postumo ), Adrian si reca alla stazione di Wimbledon e si getta sotto un treno. Ha solo 41 anni, essendo nato il 6 dicembre 1957 a Londra. Dei suoi The Sound restano un pugno di cd misconosciuti, qualche pagina nei libri specializzati e questo live, ripescato in un angolo della mia memoria grazie a un ricordo nato nel cuore della notte. Quando l'insonnia rende confusi e sbilenchi i pensieri, quando il buio reale spinge verso un altrove in cui una chitarra brucia note al kerosene e una voce, disperata, grida " No one can help me, no one can stop me ! ".
Blackswan, giovedì 15/03/2012
13 commenti:
parole sante......grande band e basta black:)
Bel pezzo...vagamente ( non dirmi che sono pazza ) mi ha ricordato le sonorità dei simple minds..non è che adesso mi bocci e devo ripetere l'anno?? Per quanto riguarda il ritirar fuori dischi dimenticati...per me è un classico ! Convivo con questa cosa da una vita..buona serata e ciauu
un inchino di anima e cuore, mio caro signore
Fitzcarraldo
Mai sentiti... vagamente ricordavo il nome del leader... Imparo sempre moltissimo! Grazie di cuore o mio fido cavaliere!!!
Ciao!...alcuni pezzi non tramontano mai, rispolverati sono ancora più belli.
Mi piace, non lo conoscevo, rilassante l'atmosfera. Mentre rileggo il tuo post, lo ascolto e ti auguro una buona serata!!!
Anche se il genere non è il mio preferito li ascolterò, grazie per la dritta
non li conoscevo...mi piace questo pezzo, pero' sono stata condizionata dalla tua musica descrittiva;)
Ora si va ad ascoltarli :)
Io ho creato la solita playlist, primo perché dopo due canzoni già mi piacciono, secondo perché mi sono convinta di conoscerli già senza saperlo e devo trovare la canzone che mi confermerà questo sospetto, terzo perché non voglio leggere in silenzio, e mi sembra l'album ideale per la notte, quindi non smetterò dopo la quindicesima canzone, ma proseguirò a ri-partire dalla prima.
Beh che dire? Buona serata Blackswan, io mi prendo la musica e me ne vo' ;)
Una scrittura così bella che non volevo vedere la fine di un racconto così intenso, che mi ha preso anche per la raffinatezza delle definizione. Infine, esprimo un sentimento di umana comprensione per vicende che, invero, non conoscevo.
sono un ignurant e non li conoscevo. studierò :)
bello il nuovo luc del blog
a presto
-m
Ebbene no, non conosco nessuna canzone, quindi (fooorse) nemmeno i The sound ma.
C'è sempre un ma.
Ma questo è un ottimo motivo per ascoltarli anche oggi! così imparo a conoscerli ;)
Diciamo che li amo, sono tra i miei gruppi preferiti di sempre, ti ringrazio di cuore per il post che gli hai dedicato, Black.
Posta un commento