Balotelli mi sta sul cazzo, su questo non ci piove. Anche se è sempre
meglio dell’altro Mario, quello che in combutta con un manipolo di ragionieri,
millanta di governare il paese, fottendo il futuro ad almeno due generazioni.
Potere delle banche e dell’ignavia di una classe politica di cialtroni, e per giunta ladri
di polli. Balotelli ha dalla sua, almeno concettualmente, l’idea di un’Italia
interregionale e multietnica, che si contrappone alla gretta contabilità di
Monti, grazie a una bella ipotesi di integrazione e tolleranza ( un nero italiano
che parla bresciano ed è nato a Palermo, da una coppia di ghanesi, trasmette
belle suggestioni ). E poi, almeno, Balo non dice proprio tutte le cazzate
prodotte dal suo unico neurone: talvolta qualcuno riesce a stopparlo
mettendogli la mano sulla bocca. Certo, viene da ridere.Quello che fino a due
giorni fa era considerato dall’opinione pubblica un emerito coglione, adesso
diventa d’un tratto il golden boy dell’unità nazionale. E’ chiaro che sul
talento del ragazzo non si discute : Mario il nero possiede un’arte pedatoria
di natura divina, è assimilabile potenzialmente a giocatori del livello di
Messi e Ronaldo, e se sarà capace, non dico di crescere, ma di arginare libido
e atteggiamenti guasconi, probabilmente entrerà nella ristretta cerchia dei più
grandi di sempre. D’altra parte, Mario è l’emblema della contraddizione degli
eccessi : un campo di letame da cui nascono rose profumatissime, genio (
calcistico ) immenso e inettitudine alla vita. Non capire questo, confondere le
afasie mentali con tecnica e fisicità del calcio, è da tromboni del bar sport, da
quelli che il calcio lo leggono solo sulla Gazzetta. Ma come il suo più sobrio
omonimo di governo, Mario non ci rappresenta, o almeno non rappresenta buona
parte degli italiani.
Che sono più fantasiosi, sensibili e meno ricattabili di
Monti, che pensano al prossimo e alle future generazioni, e che non passano le giornate
tra discoteche e zoccole, fra negozi d’abbigliamento e analfabeti di ritorno.
No, c’è anche una bella Italia che, bisogna ricordarlo, in condizioni di
normalità, non si identifica, e mai potrebbe farlo, con questa nazionale di pallonari
viziati dalla vita, interdetti alla civiltà, indagati e scommettitori per
indole. Ma la memoria nel nostro paese, si sa, ha le gambe cortissime e quello
che si diceva non più tardi di tre settimane fa a proposito della compravendita
di partite e scommesse a dir poco sospette, è stato spazzato via da un’impresa
calcistica che ha dell’incredibile. Allora, domani, come sempre accade, sarà lo sport a trionfare , e noi saremo
pronti a sventolare il tricolore e a cantare l’inno, ad abbracciarci e baciarci
dopo un eventuale goal di Mario, a riempire le piazze di lacrime e gioia nel
caso l’undici azzurro battesse la Spagna. Tutto bello e tutto ipocrita. Funziona
così il calcio, che è un romanzo avvincente solo se a scriverlo è la penna
della retorica. E allora, retorica per retorica, quando i nostri cuori domani
palpiteranno all’unisono, pensiamo almeno che a vestire i nostri colori, là a
centrocampo, dove la battaglia infuria, c’è un italiano che ci somiglia un pò
di più. Geniale, umile, discreto, coraggioso. L'understatement che inventa rabone e millimetrici assist. Si chiama Andrea Pirlo. Testa e
cuore della nazione che non si riconosce nella mediocrità umana di quei due
che portano il nome Mario.
Vamos a ganar!
Blackswan, sabato 30/06/2012