Sette anni, cinque dischi,
una carriera a cento all’ora, tra scimmie artiche, progetti paralleli (The Last
Shadow Puppets), colonne sonore e collaborazioni assortite. Sempre sul pezzo,
insomma, e nonostante ciò non invecchiare mai, non accusare la classica
stanchezza di chi arriva in alto e ha la pancia piena. Questa è la vita di Alex
Turner, ex enfante prodige del pop chitarristico made in England, oggi
affermato autore capace di adattarsi alle mode e resistere al logorio del tempo
con l’atteggiamento un pò cialtronesco e molto cool di chi la sa lunga a
dispetto della giovane età. Così AM suona esattamente a immagine e somiglianza
del nocchiere della nave, leader indiscusso di un gruppo che solo nel 2006
sembrava potesse cambiare il mondo e oggi, a questo mondo che schizza alla
velocità della luce lontano da ogni punto fermo, si è invece camaleonticamente
adattato. Con furbizia, è inevitabile, ma anche in virtù di un’intelligenza
artistica fuori dal comune. Così, la nuova fatica partorita dalla fantasia di Alex, sembra anni luce lontana dall’esordio
di Whatever People Say I Am, That’s What I’m Not , eppure nel contempo suona
ancora come un disco connotato in modo indelebile dal marchio di fabbrica Arctic
Monkey. Insomma la confezione cambia, il packaging si fa più esclusivo, ma la
qualità del prodotto rimane inalterata. Certo, quell’urgenza quasi punk, che ci
faceva zompare come indemoniati mentre pulsava rapida I Bet You Look Good On
The Dancefloor è forse perduta per sempre, anche se qui e là torna a fare
capolino per non costringerci a versare troppe lacrimucce di nostalgia (R U
Mine). Le canzoni di AM denotano invece un’architettura
sonora più riflessiva, che continua a mantenere un appeal giovanilistico e
modaiolo, ma che si fa al contempo più variegata, a tratti anche elusiva, ricca
di citazioni (Arabella va a pescare charleston e riff da War Pigs dei Black
Sabbath) e con sfiziosi ammiccamenti a certa musica nera, hip – hop e soul in
primis. Forse i fans della prima ora, memori del notevole passo falso di Suck
It And See (2011), troveranno più di una
ragione per considerare AM l’album del tradimento definitivo. Per coloro che
invece gettano uno sguardo più distaccato sulle vicende della band di Sheffield
, AM è un signor disco, di quelli da tenere in heavy rotation sullo stereo di
casa e nella libreria Itunes. Basterebbe un incipit folgorante come Do I Wanna
Know? (cazzo, sto consumando la traccia e il ritornello in falsetto non mi fa
dormire la notte) a giustificare euforici ascolti e stima imperitura nei
confronti del talentuoso Turner. Il resto delle canzoni è (prevalentemente)
buono, dannatamente buono. E questo, non me ne vogliano le frange ortodosse
della tifoseria, è il punto più alto della discografia degli Arctic Monkeys. Ipse Dixit.
VOTO : 7,5
Blackswan, venerdì 04/10/2013
4 commenti:
Ma quanto mi piace questo pezzo!!???
'Sta maestra, ha tutto da imparare... :))
Molto bello!!!
buon disco, però lontano dall'essere un capolavoro come si dice in giro.
per me alex turner ha fatto di meglio, se non con gli arctic monkeys, con i last shadow puppets e da solista...
@ Gioia : Sto pezzo piace un sacco anche a me, maestra :)
@ Badit : :)
@ Marco : Il disco con i The Last Shadow Puppets è davvero notevole. A mio avviso, questo nuovo disco non è certo un capolavoro, ma mi sembra il migliore dell'avventura di Turner con gli AM.
Posta un commento