Si votassero i dischi solo dalla copertina,
quest'ultimo lavoro di Anders Osborne, classe 1966, chitarrista nato in Svezia
ma americano di Lousiana, sarebbe da dieci. Una cover che non lascia
fraintendimenti: il volto paffuto di una bambina dallo sguardo torvo, che
esplicita il proprio dissenso con un dito medio che non ammette repliche. Salvo
poi trovare in circolazione la versione censurata con lo sticker che trasforma
il vaffanculo in un innocente segno di vittoria. Un gesto irriverente e di
rottura le cui motivazioni possono essere trovate nella storia recente di
Anders, uscito a fatica da un periodo di tossicodipendenza e giunto al
giro di boa dell'esistenza, quella spaventosa quarantina, che Gozzano chiamava
"l'età cupa dei vinti". Insomma, un bel vaffa' ci sta
proprio bene e accompagna il disco forse più duro e rock di Osborne. Parte
Peace e si capisce l'andazzo : un disturbante rumore di sottofondo che introduce
un ballatone elettrico che sembra uscito da un album di Neil Young, uno di
quelli suonati in condominio con i Crazy Horse. Chitarre ruvidissime, un tocco
di psichedelia e una canzone che da sola vale l'acquisto di un disco. Ma sono
tante le frecce all'arco di questo eclettico musicista. La successiva 47, ad
esempio, si colora di un groove leggero e molto radiofonico (non a caso è il
singolo estratto dall'album), e si chiude con un assolo di chitarra
spettacolare; in mezzo alla musica, invece, un’amara riflessione sul tempo che
passa e sugli anni appena compiuti da Anders ("...but nothing happens at
47...). Ma l'età non conta quando si hanno tante cose da dire e un piglio da
rocker di razza. Ecco allora due grandi brani rock che trasmettono buone
vibrazioni elettriche : Let It Go, che trova l'esatto punto di fusione fra ZZ
Top e White Stripes, e Five Bullets, ruvidissimo garage che si imparenta a un
cantato sgarbatamente rap. Osborne però trova ottimi argomenti anche
quando rallenta il passo, come nella conclusiva My Son e soprattutto in Sentimental
Times, una sorta di A Whiter Shade Of Pale 2.0. E non è finita : il meglio del
disco, a parere di chi scrive, è Windows, funky acustico dal groove trascinante
impreziosito da un inaspettato solo di sax. Ad accompagnare il nostro
nella lavorazione di Peace, due solidi musicisti, tanta sostanza e niente
fronzoli: Eric Bolivar alla batteria e Carl Dufrene al basso. Grande disco.
VOTO : 8
Blackswan, sabato 30/11/2013