E’ il 2001 quando il chitarrista Aaron Moreland e l’armonicista
Dustin Arbuckle fanno amicizia e decidono di tirar su famiglia musicale. Loro
vengono da Wichita, Kansas, e amano follemente il blues del delta, tanto da
mettere in piedi un repertorio e un set esclusivamente acustico, con cui si
fanno un nome nei locali della zona. Iniziano a fare sul serio però solo quando
raggiungono le finali dell’International Blues Competition di Memphis. Allora, si
autoproducono un disco (Caney Valley Blues del 2005) e poi arruolano un
batterista, trasformandosi da duo acustico in power trio elettrico che miscela
blues rurale, delta, rock e hard rock. Oggi, questi ragazzi hanno all’attivo
cinque album e negli States sono diventati una specie di leggenda per l’alto
tasso energetico di esibizioni live a dir poco incendiarie. 7 Cities è l’ultimo
lavoro in studio in ordine di tempo e nasce come una sorta di concept album
(almeno per il tema che unisce quasi tutte le canzoni in scaletta) in cui si narrano
le vicende di Francisco Vazquez de Coronado, un esploratore spagnolo che
cercava le sette città dell’oro dalla parti del Kansas (Quivira, la canzone con
cui si apre l’album è l’antico nome di Whicita, città di provenienza dei nostri
eroi). Moreland & Arbuckle ci danno dentro come se stessero jammando e
tutte le tredici canzoni in scaletta possiedono un suono decisamente “live” che
richiama alla memoria ZZ Top, Allmans Brothers Band, Buddy Guy e Steve Cropper,
per citare alcuni dei riferimenti più marcati. Quello che sorprende di 7 Cities
è soprattutto la varietà della proposta, decisamente più fresca della media.
Tall Boogie e Road Blind sono due speditissimi boogie ai quali è impossibile
resistere senza lasciarsi andare a scatenati headbagging; Broken Sunshine possiede
l’intensità e il passo di una ballata dei Pearl Jam; Kow Tow e Stranger Than
Most sono due granitici funky, mentre nell’acustica Red Bricks, forse la
migliore di un disco comunque di alto livello qualitativo, slide e armonica ci
conducono nel cuore dell’America rurale. C’è anche posto per una cover davvero
inconsueta, e cioè Everybody Wants To Rule The World dei Tears For Fears,
trasformata in un mid tempo blues senza che tuttavia venga snaturata la melodia che la
contraddistingue. In attesa di vederli sui palchi di casa nostra (difficile ma
non impossibile) non lasciatevi scappare 7 Cities, tra i migliori dischi rock
blues dell’anno.
VOTO : 7,5
Blackswan, domenica 24/11/2013
2 commenti:
Ma che bella!
Oddio, non disconosco i miei gusti primitivi ;), ma mi piace molto...
@ Gioia : una maestra non può avere gusti primitivi.Sono solo gusti diversamente rock :)
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