20) EMINEM – THE MARSHALL MATHERS LP 2
L'impressione
è che Eminem sia tornato a fare quello in cui crede, che abbia smesso di
guardare solo alle classifiche e che ora usi un linguaggio espressivo più
articolato. Certo, il nostro è un conservatore dell'hip hop, non inventa nulla,
anzi evita redditizi barocchismi cool alla Kayne West e più che guardare
al pop sceglie la strada ruvida di un certo rock d'antan. Così, cita
smaccatamente i Public Enemy (Berzerk), piazza dei chitarroni nella
potente Survival, si diverte con gli anni '50 e Kendrick Lamar nell'incredibile
Love Game, azzarda un accenno agli anni '60 nella riuscitissima
Rhyme Or Reason. Insomma, è tornato cazzuto, Marshall, e a noi piace
così. Tanto che gli perdoniamo anche l'ennesimo duetto con Rihanna (The
Monster), innocuo sotto un profilo artistico ma, sono pronto a scommetterci,
una bomba a orologeria che nel giro di un mese imperverserà su tutte le
frequenze FM. The Marshall Mathers LP 2 non è un capolavoro,
certo, ma è quanto basta per metterli tutti di nuovo in riga. Eminem
is back e lotta ancora con noi.
19) SAVAGES – SILENCE YOURSELF
I riff claustrofobici della Thompson
e gli accenti presbiteriani di una sezione ritmica che alterna
cadenze marziali a slanci selvaggi, tessono infatti una scabra trama
di distorsioni su cui si muove la voce umorale della Beth. Che non è, ve ne
renderete conto subito, una cantante qualsiasi, bensì una sorta di zelig
gotico, capace di alternare un distonico baritono curtisiano alla irrequietezza
metrica della Patti Smith più punk. Il disco si apre con Shut Up ed è come
precipitare in un varco spazio-temporale, finendo fra le note di In The
Flat Field dei Bauhaus (e sfido chiunque a non riconoscervi un gemellagggio
eterozigote con Dark Entries) . Eppure, le distorsioni incalzanti del
basso della Hassan e la chitarra martellante della
Thompson non sembrano reperti di antiquariato, bensì le propaggini
sanguigne di un suono quanto mai vitale. Tutto già sentito, ma tutto
clamorosamente all'avanguardia. Se questo disco è sulla bocca di tutti
già da qualche mese (ed è uscito il 6 maggio), un motivo ci sarà. Per
scoprirlo, fate silenzio e ascoltate.
18) THE NATIONAL – TROUBLE WILD
FIND ME
Anche la voce di Berninger è cambiata, dal momento
che, come raccontano le cronache, ha smesso di fumare da un paio di anni. Il
timbro da crooner c'è ancora, ovviamente, ma il cantato si è fatto meno
scorbutico, più morbido, addirittura luminoso in certi passaggi che tempo
fa sarebbero risultati irrimediabilmente ruvidi. Eppure, nonostante questi
piccoli, ma niente affatto risibili cambiamenti, un disco dei The National,
come dicevo all'inizio, è qualcosa che ti aspetti e che sei felice di ritrovare
così come te lo immaginavi. La sensazione è un pò come quella che si prova
quando si incontra un vecchio amico, con il quale, nonostante il tempo
trascorso dall'ultima volta, si ricrea subito la medesima confidenza di
allora, le stesse dinamiche di coppia. Trouble Will Find Me, infatti, ci
conduce nuovamente là, dove i suoi predecessori ci avevano lasciati : nelle
terre di un romanticismo minimale e di un crepuscolo narrato con toni
dimessi e colloquiali, in cui tutto suona pacatamente sincero. Ed è curioso
constatare come, se il primo ascolto del disco ci lascia ancora, come sempre,
tiepidi, i successivi crescono invece inesorabilmente dentro di noi, portando
alla luce la diafana bellezza di gioielli come Pink Rabbits, Fireproof e Don't
Swallow The Cap. Insomma, Trouble Will Find Me è il solito, grande
disco, dei The National. Una band, una certezza.
17)
CLUTCH – EARTH ROCKER
Una sola ballata in acido, Gone Cold,
posta esattamente a metà dell’album, in cui Neil Fallon, si traforma in un
crooner di razza per dimostrarci che i “ragazzi” sanno rallentare i tempi con
la stessa intensità con cui sanno accelerarli. Il resto, invece, fila via con
la furia omicida di un serial killer assetato di sangue. Quindi, se cercate un
attimo di tregua e amate il profumo delle mammole sfiorate dalla rugiada,
girate al largo. Ma se volete farvi travolgere da uno tsunami hard, roba da
farvi venire la permanente se lo ascoltate in cuffia, sono certo che
consumerete il cd, perché in scaletta non c’è una sola canzone che non sia in
grado di tramortire anche il rocker più scafato. Stoner, hard rock e una spruzzata
di blues (la funambolica D.C. Sound Attack !: che goduria quel campanaccio
strapazzato a metà brano!) e un lotto di canzoni da togliere il fiato, come il
trittico iniziale (Earth Rocker, Crucial Velocity e Mr. Fredoom) che vince
l’Oscar per la miglior iniezione di adrenalina in circolazione da mesi a questa
parte. Roba che nemmeno Tarantino in Django Unchained.
16) ANDERS OSBORNE – PEACE
Sono tante le frecce all'arco di questo eclettico
musicista. La successiva 47, ad esempio, si colora di un groove leggero e molto
radiofonico (non a caso è il singolo estratto dall'album), e si chiude con un
assolo di chitarra spettacolare; in mezzo alla musica, invece, un’amara
riflessione sul tempo che passa e sugli anni appena compiuti da Anders
("...but nothing happens at 47...). Ma l'età non conta quando si hanno
tante cose da dire e un piglio da rocker di razza. Ecco allora due grandi brani
rock che trasmettono buone vibrazioni elettriche : Let It Go, che trova
l'esatto punto di fusione fra ZZ Top e White Stripes, e Five Bullets, ruvidissimo
garage che si imparenta a un cantato sgarbatamente rap. Osborne però trova
ottimi argomenti anche quando rallenta il passo, come nella conclusiva My Son e
soprattutto in Sentimental Times, una sorta di A Whiter Shade Of Pale 2.0.
E non è finita : il meglio del disco, a parere di chi scrive, è Windows, funky
acustico dal groove trascinante impreziosito da un inaspettato solo di sax. Ad
accompagnare il nostro nella lavorazione di Peace, due solidi musicisti,
tanta sostanza e niente fronzoli: Eric Bolivar alla batteria e Carl Dufrene al
basso. Grande disco.
Blackswan, giovedì 26/12/2013
3 commenti:
ANCORA OTTIMO ANDERS OSBORNE, BEN CALIBRATO E IRONICO COME LA COPERTINA DEL DISCHETTO.
Preziosità , comE sempre Blacky...Grazie!:::)))
ben 3 dischi presenti pure nella mia lista... mi sento male! :)
e dopo aver visto un disco rap nella tua top, a questo punto devo aspettarmi anche un album di musica elettronica o è chiedere davvero troppo? ;)
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