Ásgeir Trausti Einarsson, classe 1992, islandese di
Laugarbakki, è considerato in patria qualcosa in più di una semplice promessa
di talento. Il suo album d'esordio, Dyro ì Dauðaþögn, è infatti arrivato
al primo posto della Tonlist (autorevole classifica non ufficiale dei dischi
più venduti in Islanda) così come il secondo singolo estratto dal disco,
Leyndarmál (mentre il brano che ha lanciato l'album, Sumargestur, si attestato
alla seconda piazza). Un successo, quello conseguito da Asgeir, che non poteva
passare inosservato anche fuori dai ristretti confini della piccola isola di
ghiaccio. Così, John Grant, leader degli The Czars e autore dello splendido
Queen Of Denmark, si è accorto della bravura del giovanissimo genietto
nordico e l'ha preso sotto la propria ala protettrice. Grant, che compare anche
nel video di King And Cross, ha tradotto in inglese i testi dell'album e ha
sponsorizzato l'uscita del disco per il mercato internazionale, facendosi
accompagnare da Asgeir durante il suo tour europeo. La vicenda ha avuto una
notevole eco, tanto che di questo disco già si parlava da svariati mesi come
della next big thing scandinava. Rispetto all'opera in lingua madre, oltre alla
possibilità di comprendere i testi, le differenze sono
rappresentate soprattutto dagli arrangiamenti più equilibrati e più
adatti a un mercato europeo. Il lavoro da tramite tra cultura nordica e
occidentale messo in piedi da Grant (che non compare però fra i credits
dell'album) si sente, eccome: gli echi della terra dei ghiacci, le notti
buie, il sibilare del vento, la neve e il freddo artico sono il
sottofondo suggestivo e mai invadente di canzoni ben confezionate, le cui
melodie, immediatamente identificabili, rimangono impresse già dopo
pochissimi ascolti. Indie pop cantautoriale, un pizzico di folk (la chitarra
acustica è un ingrediente costante) e frequenti inserti elettronici sono
le caratteristiche principali di una proposta musicale gradevolissima ma che
risulta decisamente convenzionale. Le belle canzoni, infatti, non mancano e
così i languori malinconici che avevano già caratterizzato l'opera originale.
Tuttavia, l'impressione è quella di una musica che, soprattutto i fruitori
del circuito indie, non tarderanno a riconoscere come già ascoltata: Bon Iver,
Jonsi, Antony e lo stesso John Grant sembrano rappresentare qualcosa in più di
una semplice ispirazione artistica. Piccole ingenuità che tuttavia perdoniamo
ben volentieri: Asgeir è giovane e deve ancora crearsi una propria autonoma
identità. Nonostante ciò, In The Silence fa intravvedere indiscusse qualità
vocali e buone idee in fase di scrittura (Higher, King And Cross, Was There
Nothing?). Aspettiamo il seguito per un giudizio definitivo: al momento, una sufficienza
piena di tutto rispetto.
Voto: 6,5
Blackswan, mercoledì 05/02/2014
4 commenti:
questa volta sono incredibilmente d'accordo. °___°
un cantautore promettente cui manca ancora quel pizzico di personalità in grado di fare la differenza...
L'Islanda nella musica è un po' come l'Uruguay nel calcio, un paese piccolo con una percentuale di talenti elevatissima. Ho sentito solo 2 pezzi che non mi dispiacciono ma non mi fanno gridare al miracolo.
Giudizio ancora sospeso.
Appena preso. Da ascoltare. Ma quel che ascoltai mi piacque assai. Sui richiami all'identità islandese deciderò dopo averlo sufficientemente ascoltato.
Tu non immagini...mi hai dato lo spunto per un ragalo speciale che meditavo da un pò...
Super Black!! :)
Posta un commento