Quando il critico e imprenditore musicale Leonard
Feather definì Art Tatum come "il più grande improvvisatore della
storia del jazz, a prescindere dallo strumento", non fece altro che
confermare una verità divenuta ormai leggenda. Non sono infatti pochi
i musicisti e gli addetti ai lavori che nel tempo hanno manifestato
un'ammirazione viscerale nei confronti del pianista originario di Toledo
(Ohio). Basti pensare che in un sondaggio effettuato tra
quarantasei pianisti due anni dopo la sua morte , trenta indicarono
Tatum come il loro pianista preferito. Numeri davvero eccezionali per uno
che ha vissuto solo quarantacinque anni. D'altra parte, non è un caso che un
altro fenomeno del pianoforte, Fats Weller, vedendo entrare Art Tatum
nel locale dove stava suonando, interruppe il concerto per rendere omaggio al
pianista presentandolo al pubblico come "il Dio vivente del
pianoforte". E se a dirlo era Fats Weller, un genio capace di scrivere
nove canzoni di getto, in piedi e appoggiato al bancone di un bar, solo per
ripagare i nove hamburger che aveva consumato senza avere con sè il becco di un
quattrino, c'è da starne certi. Tatum era così bravo che il grande compositore
russo Serghei Rachmaninov (quello del mitico Rach 3, per intenderci) dopo
averlo sentito suonare disse che si trattava del più grande pianista mai
ascoltato. E le stesse parole uscirono dalla bocca dal grande pianista classico
di origine ucraina, Vladimir Horowitz.
Leggenda vuole anche che un
adolescente Oscar Peterson, dopo che suo padre gli fece ascoltare per la prima
volta una registrazione di Tiger Rag, smise di suonare il piano per intere
settimane, tale fu la frustrazione e al tempo stesso l'ammirazione per il genio
di Tatum. Come è possibile riuscire a suonare così bene e così velocemente? E
pensare che Art Tatum (nato il 13 ottobre del 1909) non solo si approcciò al
pianoforte da autodidatta, ma ebbe anche una gioventù travagliata da gravi
problemi di vista. Fin da bambino, infatti, fu malato di cataratta, e solo
dopo numerose e dolorosissime operazioni riuscì a riacquistare il 70%
della vista. Purtroppo, all'età di 20 anni, subì un'aggressione a scopo di
rapina e fu brutalmente malmenato dai suoi aggressori, tanto da perdere
completamente l'uso dell'occhio sinistro e da aver quasi completamente
compromessa la vista in quello destro. Tutto ciò, tuttavia, non gli impedì
di continuare a studiare e a suonare (nel 1929 tiene la sua prima
esibizione per radio) e grazie al proprio talento innato, nel 1932 era già a
New York al seguito della grande cantante Adelaide Hall, pigmalione musicale di
Duke Ellington. Grande ammiratore di Fats Weller e Earl Hines, Tatum era capace
di misurarsi tanto con la musica classica (celebre la sua reinterpretazione
dell'Op. 101 Humoresque n.7 e della Elegie di Jules Massenet) quanto con lo
stride, lo swing e il boogie woogie. Suonava sempre a una velocità
fulmicotonica, ampliava i brani con lunghe improvvisazioni e abbelliva la
linea melodica con rapidissime scale, tanto ascendenti che discendenti. Mano sinistra
potentissima e muscolare nel tenere la ritmica, mano destra che improvvisava a
velocità non umane, la diteggiatura di Tatum era fenomenale perchè nonostante
bruciasse i tasti del pianoforte, il suono era sempre nitido, cristallino,
pulitissimo. Ambidestro, come testimoniano alcune immagini di repertorio, Tatum
era tanto geniale quanto sregolato: beveva come una spugna (morì per
un'insufficienza renale dovuta all'abuso di alcolici), amava la bella vita
e restava sveglio per giorni interi a suonare. Guascone, istrionico e
competitivo oltre misura, le cronache lo vedevano impegnato spesso e volentieri
nei cosiddetti cutting contests, sfide fra musicisti per stabilire chi fosse il
più abile a suonare un determinato strumento.
Una volta, correva l'anno 1950,
durante una serata al mitico Birdland di New York, Bud Powell, completamente
ubriaco, sfidò Tatum, dicendogli:"...ti insegno io come si suona a tempo e
come si suona veloce!...". Tatum, gli rise in faccia (era Bud Powell, non uno
scalzacani!), invitandolo a ripresentarsi il giorno seguente, e
ovviamente sobrio: "...non ora fratello, ma vieni qui domani sera,
alla stessa ora, e tutto quello che tu suonerai con la mano destra io lo rifarò
con la mia sinistra". Powell, all'indomani, dopo essersi allenato tutta la
giornata, decise saggiamente di ritirarsi in buon ordine e di non presentarsi
alla sfida. Misurarsi con Art Tatum avrebbe voluto significare incorrere in un
figura barbina difficilmente emendabile: era troppo più abile, troppo più
veloce di chiunque altro si fosse mai seduto innanzi a un pianoforte. Lo sapeva
bene il produttore Norman Granz che, nell'inverno del 1953, lo volle al suo
fianco per realizzare il più grande progetto discografico per piano solo
della storia del jazz. Gli mise a disposizione uno studio di registrazione,
invitandolo a suonare per tutto il tempo che il pianista avesse voluto e tutte
le canzoni che desiderava. Ne nacque una sessione di registrazione ininterrotta
della durata di 48 ore il 28 e il 29 dicembre 1953. Tatum realizzò, senza
sbagliare alcun assolo, suonando giorno e notte, 70 brani che saranno poi
raccolti nella collana "Tatum Solo Masterpieces" pubblicate dalla Pablo
Records. La cosa incredibile è che alla fine del primo giorno, proprio durante
l'esecuzione di un assolo, il nastro di registrazione si esaurisce. Una volta
recuperata una nuova bobina, Tatum, invece di ricominciare il brano da capo,
ripartì a suonare esattamente da dove l'assolo si era interrotto, senza che
poi, in sede di mixaggio, si percepisse l'interruzione. Questa mitica raccolta,
pubblicata più volte negli anni '70, ha visto la luce anche nel 1991 in una
versione interamente rimasterizzata in digitale, e poi ancora, con
un'ennesima ripulitura, nel 2010. Il cofanetto comprende 8 cd
(trovate i cd anche separatamente, ma vale la pena, per ragioni di prezzo, di acquistare
l'intera raccolta) e una scaletta sontuosa di standard del jazz, tra cui Caravan
e In A Sentimental Mood (Duke Ellington), Begin the Beguine e Night And
Day (Cole Porter), Tea For Two (Inving Caesar), Stardust (Mitchell Parish)
e Someone To Watch Over Me (Ira Gershwin), tanto per citarne qualcuno. Se
amate il jazz e vi piace il pianoforte, questo cofanetto
è assolutamente imperdibile. Anche perchè, una volta ascoltato Tatum,
nessun altro pianista vi sembrerà più all'altezza. Mai più.
Blackswan, martedì 08/04/2014
3 commenti:
Tatum è riconosciuto ancora oggi come uno dei più grandi musicisti del secolo scorso. E non è certo un azzardo affermare che ancora oggi rimane inarrivabile.
Bel post. Giusto tributo ad una personalità del genere.
P.S.: Solo un refuso: è Fats Waller, non Weller.
Adoro le storie di jazz...
Il jazz continua a non dirmi nulla (e certamente è un mio limite) ed è superfluo precisare che dei nomi qui citati non ne conoscevo nemmeno mezzo.
Poi però ho cliccato sui due brani proposti e...porco giuda!
Musica a mio avviso un po' masturbatoria, del genere guardate quanto sono bravo (dico il jazz in genere, non lui) ma comunque...riporco giuda!
Voi che ne capite: il paragone tra Tatum e Petrucciani come si pone?
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