Cosa succede quando il sogno di una nazione
arrugginisce accanto agli scheletri delle acciaierie dismesse e alle rovine
delle industrie abbandonate? Succede che la sua fine si ripete ogni giorno, nei
sogni infranti dei suoi abitanti. Come quelli di Isaac English: vent'anni,
timido, insicuro, ha il cervello di un genio, ma il college rimane un miraggio
da quando sua madre si è suicidata e lui ha tentato di imitarla. Sarebbe morto
se non l'avesse salvato Billy Poe, del quale si può dire tutto tranne che sia
sveglio. È grande e grosso, ma, se c'è da menare le mani, sa farsi valere. E
quando Isaac decide di scappare in California, si ritrova proprio Billy come
compagno di viaggio. È l'inizio di un'imprevedibile catena di eventi che
segneranno per sempre le vite dei due ragazzi e di un'intera comunità.
La fine del sogno americano è un acciaieria
dismessa, sono negozi che chiudono, strade deserte, case
abbandonate. Si chiama crisi, l'abbiamo conosciuta a nostre spese,
l'abbiamo vista negli occhi degli ultimi, vittime sacrificali dei poteri forti
e dei loro tornaconti. Così negli States, così in Europa, così in Italia. Ha
gioco facile Meyer a raccontarne gli effetti, a sezionare un angolo di
America che diventa lente d'ingrandimento per osservare il mondo: il
lavoro che non c'è, comunità falcidiate dai tagli orizzontali, una generazione
intera, quella cui appartengono i due protagonisti del libro, Poe e Isaac,
privata di progettualità e speranza. La ruggine si posa ovunque e si
mangia il futuro, la prospettiva. Tuttavia, la visione di Meyer non si
limita a sondare lo sfaldamento del tessuto sociale, ma si insinua
nell'intimo dei personaggi, ne scandaglia le ragioni, i ragionamenti, le
affettività. L'umanità di Meyer è un'umanità immobile, sconfitta dalla vita,
rassegnata a una precarietà che non incide solo sulle dinamiche sociali,
ma tocca soprattutto le relazioni interpersonali, i sentimenti. Incapaci di
prendere una strada, di fare scelte compiute, di abbracciare una qualche
rettitudine morale, i protagonisti di Ruggine Americana, vivono in un limbo dal
quale non sembra esistere via di fuga. Sarà un fatto di sangue,
un'inaspettata esplosione di violenza, a costringere tutti i personaggi
del romanzo a mettersi in gioco, a scommettere sul proprio futuro, a fare
i conti con le contraddizioni della propria anima. Meyer imbastisce una
lunga corale americana dai toni epici, illuminando con la sua prosa
asciutta e feroce l'impianto etico di un'umanità messa alle strette e
obbligata, finalmente, a scegliere. Si cammina sull'orlo del precipizio, in un
confine quanto mai sottile fra bene e male, fra giustizia e violenza, fra luce
e tenebra. L'ambiguo finale è aperto a ogni possibile interpretazione e forse
qualche lettore ottimista potrà scorgervi un barlume di speranza. Ma è una
fugace illusione: la sconfitta è dietro l'angolo, perchè, come cantava Neil
Young, la ruggine non dorme mai. Meyer ha scritto due libri e ci ha regalato altrettanti
capolavori. Due romanzi talmente coinvolgenti da farci sbilanciare e dire che è
uno dei più grandi narratori americani in circolazione.
5 commenti:
cavolo sembra uscito da Dustyroad..scherzo lo cerco
@ Bartolo: il libro è sicuramente da Dustyroad, come il secondo di Meyer, intitolato Il Figlio. Due libri epici di americana: proprio come piace a noi.:)
"Ruggine americana" è un romanzo straordinario mentre "Il figlio" l'ho trovato più
legnoso e statico.
@ Andrea: Anche per me, Ruggine Americana è leggermente superiore. Tuttavia,Il Figlio possiede alcuni spunti davvero notevoli, soprattutto nella parte dedicata a Peter, che incarna uno sguardo critico e disilluso sulle logiche del potere e sulla Storia americana. Resto concinto: due grandi libri :)
convinto.
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