sabato 14 marzo 2015

JJ GREY & MOFRO – OL’ GLORY





JJ Grey. Chi era costui ?, direbbe l’ascoltatore che si imbatte casualmente in questo blog o in qualsiasi altro sito che recensisce Ol’ Glory. E non avrebbe nemmeno tutti i torti: a meno che uno non sia uno spasimante del genere, difficilmente gli sarà capitato di ascoltare un disco di questo cinquantenne chitarrista di Jacksonville (Florida). Il quale, peraltro, accompagnato da un manipolo di musicisti fedelissimi che prendono il nome di Mofro, è ormai in circolazione da quasi quindici anni e ha all’attivo la bellezza di nove album, compreso quest’ultimo. Niente da fare, però. Il buon JJ Grey resta un artista di culto anche in patria, figuriamoci quindi sul territorio italico, dove certe sonorità sono patrimonio esclusivo di una schiera ristretta di ascoltatori. Forse, come cerco di fare in questo blog, basterebbe diffondere il verbo, magari consigliando l’ascolto di Brighter Days, funambolico live datato 2011. O, più semplicemente, basterebbe mettere nel lettore questo ultimo lavoro, Ol’ Glory, per far si che tanti appassionati di rock e black music abbracciassero la causa di un musicista che fa della propria coerenza e sincerità uno straordinario punto di forza. Definita un po’ troppo frettolosamente southern rock (d’altra parte Jacksonville ha dato i natali a Lynyrd Skynyrd, Blackfoot e 38 Special), la musica di JJ Grey spazia in realtà fra molti generi, mantenendo semmai, come marchio di fabbrica, un piglio orgogliosamente blue collar. Se si vuole fare a tutti i costi un aggancio con la musica sudista, si può dire che Ol’ Glory frequenta non tanto l’ortodossia del genere, quanto semmai lo sbrigliato approccio fusion dei Widespread Panic, jam band con cui i Mofro hanno molto da condividere. Personalmente, però, trovo JJ Grey più vicino alla musica di Bob Seger, che contaminava il suo rock metropolitano con tonnellate di musica nera. A prescindere dal gioco degli imparentamenti, quello che però è lampante fin dal primo ascolto è che le canzoni di Grey sono geneticamente bastarde: nascono su una robusta impalcatura rock,  e crescono nutrendosi di tutto ciò che è nero: soul, funky, blues e r’n’b. Ecco allora, per arrivare al cuore della questione, che Ol’ Glory può essere definito la summa del JJ Grey pensiero: la musica di un rocker bianco che ha vissuto la propria vita ascoltando tutta la discografia Stax, e che ancora oggi gira in macchina con le cassette di Salomon Burke e James Brown sotto il cruscotto. Passatismo musicale? Nemmeno per idea. Le dodici canzoni in scaletta suonano freschissime, intense, immediate. Sia che il nostro si cimenti con i languori della ballata soul, sia che spinga il piede sull’acceleratore delle chitarre. L’inizio è morbido, con tre brani che ingolosiscono le orecchie con splendide melodie: Everything Is A Song, una sorta di Stand By Me 2.0,  The Island, lentone in punta di slide che scalda il cuore, e il primo singolo tratto dall’album, Every Minute, impreziosita da un assolo di Derek Trucks, ospite del disco. E poi, si prende il volo. Letteralmente. La voce graffiante di Grey si inventa un ballatone soul da strapparsi le mutande: Light A Candle è sesso puro, è Otis Redding che torna fra noi a lasciarci un ultimo saluto. Ho impiegato mezz’ora prima di passare alla canzone successiva, letteralmente rapito da tanto inaspettata gioia. Difficile tenere questo livello di meraviglia. Eppure, Grey ci riesce, dispiegando il meglio groove in circolazione, nel funk cazzoduro di Turn Loose. A questo punto, le coordinate sarebbero sufficienti per giustificare l’acquisto del disco. Poi, però, parte Brave Lil’ Fighter, welleriana fino al midollo e carica di ruvida malinconia, e vien da dire che forse c’è ancora un bel po’ di carne sulla griglia. Basta solo scegliere: il gospel di Home In the Sky, la frenesia chitarristica di Hold On Tight, il southern di Tic Tic Toe o il funky de-va-stan-te della title track, roba da James Brown impasticcato oltre il limite di guardia. Il disco si chiude con Hurricane che, a dispetto del titolo, è scarna, acustica, agrodolce. Un finale riflessivo, che ci aiuta a dare una risposta al quesito iniziale. JJ Grey. Chi era costui? Un grande, direbbe perfino Don Abbondio.


VOTO: 9 





Blackswan, sabato 14/03/2015

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