Chi ha avuto modo di
ascoltare Rhythm & Blues, l’ultimo lavoro a firma Buddy Guy uscito nel
2013, sa esattamente cosa aspettarsi da questo nuovo Born To Play Guitar. E’
vero: sono passati due anni, e alla soglia degli ottanta (Buddy ne ha compiuti
settantanove a luglio), un biennio è un lasso di tempo così lungo che sarebbe
potuto accadere qualsiasi cosa (nel frattempo ci ha lasciati The King). Eppure
quel disco era pervaso da una vitalità così esuberante da apparire
assolutamente inconciliabile con le derive esiziali della vecchiaia. Oggi,
coloro che avevano nutrito dei dubbi sulla tenuta artistica di Guy, non possono
far altro che ricredersi, mentre chi aveva, invece, coltivato la propria
inesauribile fede nel potere taumaturgico del rock(blues) è stato premiato con
un disco bellissimo. Born To Play Guitar esibisce infatti lo stesso sfavillio
tecnico e creativo del predecessore, riconsegnandoci un arzillo vecchietto che
mette in riga, ancora una volta, tutti i suoi giovani scudieri, e che non si
limita a farci sentire che come la suona lui nessun altro è in grado, ma all’occasione
sa pure mostrare i muscoli, mulinando la Stratocaster come una durlindana (Wear
You Out, in duetto con Billy Gibbons degli ZZ Top viaggia ai confini dell’hard).
Accompagnato da un pugno di musicisti coi contro cazzi (in Turn Me Wild il
basso lo suona Billy Cox, non so se mi spiego), Guy sciorina tutto il suo
repertorio, che guarda alle radici (l’immensa e autobiografica title track),
rimastica in chiave moderna il sound di Chicago, e si concede anche qualche
azzeccato divertissement, come nello swing di (Baby)You Got What It Takes, in
cui duetta con una misuratissima Joss Stone. A voler cercare il pelo nell’uovo,
ci vien da dire che la produzione di Tom Hambridge (Re Mida del rock blues, qui
in veste oltre che di produttore anche di batterista) talvolta leviga un po’ troppo
il suono (Flesh & Bobe, ballad eseguita con Van Morrison e dedicata a B.B.
King, appare davvero fuori contesto), ma come detto, è solo un pelo. Born To
Play Guitar è, a tutti gli effetti, un disco vario, divertente e così vitale
che, anche dopo parecchi ascolti, si fa fatica a togliere dallo stereo. Cosicché,
vien da dire, che se Buddy è nato per suonare la chitarra, beh, noi siamo nati
per ascoltarla.
VOTO: 8
Blackswan, domenica 13/09/2015
4 commenti:
Un grande blues-man, come pochi attualmente ce ne sono.Grande tecnica ed espressività.Voto meritato!
Chiosa strepitosa ;)
Buddy Guy è rimasto l'ultimo esponente di un certo blues che nasce realmente dal campo di cotone. un mito, una leggenda, non so se sono parole inflazionate, però sono le uniche che lo descrivono. personalmente, da chitarrista, un eroe
@ Mr Hyde: Forse, l'ultimo rimasto.
@ Monty : :)
@ Alessandro: una delle poche chitarre che ancora sa infuocare l'anima.
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