Ann Arbor nel Michigan è nota per aver dato i
natali agli Stooges di Iggy Pop. Da lì, però, arrivano anche i Big Chief,
gruppo formato, sul finire degli anni '80, da Barry Henssler, già cantante
della punk band dei Necros, e da Matt O'Brien, pupillo di Michael Davis degli
Mc5, che gli insegnò i rudimenti del basso. Difficili da etichettare
stilisticamente, i Big Chief vengono, tuttavia, fatti confluire nel grande
calderone del grunge. In attività dal 1990, data di pubblicazione del loro
esordio Drive It Off, la band pubblicava, infatti, con la mitica etichetta Sub
Pop (quella dei Nirvana e dei Mudhoney, per intenderci) e teneva il classico
piede in due staffe, elemento distintivo del suono proveniente
da Seattle: da un lato, il punk (vedi la militanza di Henssler) e
dall'altro, un piglio hard mutuato dagli anni '70 (Black Sabbath su
tutti). E proprio l'esplicito riferimento alla premiata ditta proveniente da
Birmingham dava al suono dei Big Chief quelle cadenze dense e rallentate che i
libri di scuola fanno rientrare sotto la definizione di stoner. Eppure, grazie
anche alle influenze hip hop del batterista Mike Danner e alla vicinanza
geografica con Detroit (leggere Motown Records), i Big Chief cominciarono a
sviluppare anche una certa attenzione per la black music: incidentalmente nel
disco d'esordio, più marcatamente in Face, secondo album datato 1991, e
definitivamente in Mack Avenue Skullgame (1993), terzo album in studio, prima
di un conclusivo greatest hits (Platinum Jive del 1994), ultimo capitolo di una
discografia breve ma intensa. La passione per le sonorità funk soul
portò quindi i Big Chief a collaborare con la cantante r'n'b, Thornetta
Davis (anche lei di Detroit e all'epoca poco più che ventenne), che prestò la
propria voce per Face e pubblicò insieme ai Big Chief un Ep intitolato Shout
Out (1994), composto da tre brani originali scritti dal gruppo e due cover di
James Brown e Funkadelic. Il risultato fu talmente buono che due anni
dopo, nel 1996, la band e Thornetta Davis tornano in studio per un'altra
collaborazione. Il parto di quelle registrazioni è Sunday Morning Music,
uscito a nome della sola Davis, ma composto da materiale interamente a
firma degli ormai ex Big Chief. Pubblicato per l'etichetta Sub Pop (che in
quegli anni metteva sotto contratto più o meno tutti), Sunday Morning Music è
un eccitante impasto di rock e funky, suonato davvero alla grande da una band
che ha affinato i propri strumenti, pur lasciando nel suono una certa
asprezza ereditata dal grunge. La voce graffiante della Davis ci riporta ai
fasti del rhythm and blues d'antan targato Motown, in un susseguirsi
di rimandi che chiamano in gioco oltre ai citati Funkadelic di George
Clinton e James Brown, anche Betty Davis, Sly Stone e, perchè no, Jimi Hendrix.
Nonostante il tributo al passato, il suono di Sunday Morning Music resta personalissimo
proprio grazie alla performance dei Big Chief e, a distanza di quasi vent'anni,
non mostra nemmeno una ruga, dimostrando semmai un'inaspettata vitalità. Un
piccolo capolavoro misconosciuto che è un dovere (e un
piacere) recuperare dall'oblio.
Blackswan, giovedì 10/09/2015
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