Quando nel 2002 il prestigioso periodico Time
elegge Lucinda Williams miglior cantautrice d'America, nessuno si stupisce più
di tanto. L'anno prima, infatti, la Williams si era portata a casa il Grammy
per la miglior interpretazione vocale femminile in Get Right With God, terzo
grande riconoscimento, dopo quello vinto nel 1993 per la miglior canzone
country con Passionate Kisses (interpretata però da Mary Chaplin
Carpenter) e soprattutto quello vinto nel 1998 per il miglior album di folk
contemporaneo con Car Wheels On A Gravel Road. Ed è proprio da questo
disco che la carriera della Williams inizia a impennarsi: non solo
per vendite, statuette e plausi della critica, ma soprattutto per
un'eccellenza compositiva che, nonostante il tempo trascorso, si è mantenuta altissima
anche ai giorni d'oggi (dell'ultimo disco, The Ghosts Of Highway 20, scriveremo
a breve). Insomma, se si può parlare in senso compiuto di un "disco
della svolta" nella carriera della cantautrice della Louisiana, è d’obbligo
tirar fuori dallo scaffale Car Wheels On A Gravel Road. In queste tredici
canzoni, infatti, si racchiude il meglio di tutto il Williams pensiero.
Cantautrice, da un lato, legata alla tradizione (Bob Dylan e Robert
Johnson, il Texas e la frontiera rappresentano il suo abbecedario formativo),
dall'altro, però, capace di dotarsi anche di una
efficacissima strumentazione elettrica, la Williams, con Car Wheels
On A Gravel Road riesce a trovare il punto esatto di fusione di quel genere
musicale che siamo soliti chiamare Americana, e cioè la sintesi
fra sonorità roots (country, folk e blues) e rock. Benedetto in fase di
lavorazione da Steve Earle (che suona la chitarra anche in qualche brano)
e co-prodotto da Roy Bittan, il quinto album in carriera di Lucinda è
quello che si potrebbe definire apoditticamente un capolavoro: non c'è bisogno
di spiegare nulla, basta ascoltare. Tredici canzoni che raccontano la storia
del country rock a stelle e strisce, convogliando in sè decenni di musica
con una consapevolezza e una chiarezza d'intenti che lascia di stucco.
Si sente
molto l'ispirazione di Steve Earle (di cui la Williams può essere
considerata una sorta di controfigura al femminile), soprattutto per la
tendenza a un suono all'apparenza distaccato, ma vibrante e profondo
sottotraccia, e per il ricorrere al mood della ballata elettrica, in cui il
rock colora le visioni roots dell'autrice, senza tuttavia che mai la ritmica e
le chitarre oltrepassino le righe, esasperando così il pathos delle liriche
(spesso dedicate alla nostalgia per la terra, l'infanzia e i tempi
andati). A quello ci pensa la voce di Lucinda, una che canta con il cuore e si
rivolge al cuore di chi l'ascolta, con uno stile inusuale e un
timbro aspro, roco e tanto strascicato, da suggerire
quasi un effetto "dopo sbronza", che il passare del tempo
accentuerà ulteriormente. Car Wheels...è uno di quei dischi di cui si può
affermare, senza passare per fan incarognito, che non include un solo
filler: tutto suona, non solo coerente, ma anche essenziale, necessario,
decisivo. Difficile, quindi, trovare una canzone che faccia battere il cuore
più delle altre, sono tutte talmente belle che, anche volendo, è
impossibile saltare fra un brano e l'altro, e ogni volta che ci si
approccia all'ascolto, si finisce per metabolizzare l'opera intera. Ne
scelgo tre a casaccio, allora, solo per non perdere l'esercizio alla citazione,
tanto caro ai recensori seri. Drunken Angel, ad esempio, è dedicata a un
giovane cantautore texano, la cui vita al limite ha avuto un tragico epilogo: è
un country blues di un'amarezza profonda, che trova nella voce della Williams
un irresistibile potere ammaliante. Oppure, Joy, un sabba blues circolare, che
travolge l'ascoltatore con la potenza vorticosa di slide e distorsioni (eppure,
non c'è una nota fuori posto né una sbavatura). E per finire, l'iniziale
Right In Time, a mio modesto avviso, la pietra angolare del songwriting di
Lucinda: un ballatone appassionato, elettrico, evocativo, in cui una melodia di
facile presa trova il perfetto contrappunto nel timbro roco della
cantante. Insomma, siamo di fronte a un disco così ben riuscito, che da solo
basterebbe a nobilitare un'intera carriera e a farci parlare di un'artista
straordinaria, anche se in seguito non avesse più toccato quei picchi. Invece,
nonostante gli anni, la ghiaia e le sconnessioni del terreno, le ruote
hanno tenuto bene, e la macchina della Williams continua a percorrere le strade
dell'America con rinnovato incanto. E soprattutto, con grandi, imperdibili,
dischi.
Blackswan, mercoledì 10/02/2016
2 commenti:
uno dei miei dischi preferiti di sempre, "Drunken Angel" una delle mie canzoni da isola deserta, cos'altro da aggiungere? Solamente che la produzione del disco era meravigliosa, perchè riusciva ad esaltare ogni strumento pur lasciando la voce della Williams in primo piano. Piccolo aneddoto che so che apprezzi: quando abbiamo iniziato a registrare il nostro demo nel nostro studio privato, per i suoni di batteria ho portato questo disco e li abbiamo fatti suonare come "Right in time"....
@ Alessandro: una delle vette dell'Americana. Un disco perfetto e coinvolgente, di quelli che si tengono sotto il cuscino :)
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