mercoledì 28 dicembre 2016

I MIGLIORI DISCHI DEL 2016: LA TOP TEN DI PORTER STOUT



 

1. Ultimate Painting – Dusk (Trouble In Mind)

Prendete i Belle and Sebastian di If You're Feeling Sinister, immaginateli nel vortice di soffusa psichedelia di cui erano capaci i Velvet Underground, aggiungete il chitarrismo irregolare di Tom Verlaine, gli stop and go dei Feelies e avrete un’idea del sound del gruppo inglese. Dusk è una raccolta di canzoni preziose che sanno dispensare suggestioni autunnali senza indurre alla tristezza, canzoni da ascoltare indossando la felpa più comoda che abbiamo per meglio assecondare la routine di certe mattinate ammantate di noia esistenziale. Fuori pioviggina, nella stanza affianco gli altoparlanti diffondono gli Ultimate Painting, lo smartphone è spento e va tutto bene. 

2. Spidergawd – III (Crispin Glover)
Partiti come progetto collaterale dei Motorpsycho gli Spidergawd, sono diventati in pochissimi anni una delle realtà più importanti nel panorama Rock mondiale e questo loro terzo album è forse il migliore per l’energia che riesce a sprigionare. Nel calderone delle affinità tutte le band che hanno saputo rinverdire il sound Heavy/Psych dei seventies QOTSA, Nebula e Pontiak giusto per fare qualche nome. Ingegno compositivo e verve melodica, un equilibrio vicino alla perfezione. E’ davvero difficile non riconoscere alla band norvegese qualità musicali così esplicite ed esaltanti. Imperdibili!






3. Parquet Courts - Human Performance (Rough Trade)
Chi ha a cuore un certo scompiglio creativo non potrà che gioire del ritorno dei Parquet Courts veri guastafeste Garage/Rock dell’infinito party modaiolo che ha corrotto l’anima sotterranea della Big Apple. In Human Performance è possibile rivivere la frenesia urbana dei Talking Heads, gli umori notturni di Lou Reed, la giocosità compiaciuta dei Modern Lovers, il Punk’n’Roll depravato di Jim Carroll e tanto altro ancora. New York ha finalmente ritrovato una grande, grandissima, Rock band, orgogliosamente legata al passato e ostinatamente controtendenza.



4. Thornetta Davis – Honest Woman (Sweet Mama Music)

Un nuovo album dopo vent’anni. Non ci sperava più nessuno. Forse neppure lei: Thornetta Davis, la cantante di Detroit che, con Sunday Morning Music, firmò da fuoriclasse uno degli esordi più folgoranti di tutti i ’90. Honest Woman offre 60 minuti di grande spettacolo R’n’B innervato di solido R’n’R, brani avvincenti e piacevolissimi oppure più introspettivi, intrisi di Gospel e fede religiosa. Disco splendido quanto inaspettato.

5. Car Seat Headrest - Teens Of Denial (Matador)

12 brani come i capitoli del romanzo di formazione di un giovane slacker perennemente sotto sostanze alcoliche e psicotrope nel quale i ritratti di Van Gogh sono utili nelle terapie antidepressive, la morte suona uno xilofono fatto di costole umane e gli ubriachi guidano sulle interstatali in cerca di orche assassine! Un “delirio” poetico/letterario che correda un album dal grande impatto sonoro. Piacerà ai fan di Pavement e Pixies ma anche ai ventenni di oggi che troveranno in Will Toledo un credibile quanto beffardo cantore in cui rispecchiarsi. 

6. Eli PaperboyReed - My Way Home (Yep Roc) 

Quinto capitolo nella discografia dello “strillone” del Massachusetts, My Way Home, segna l’esordio per l’indipendente Yep Roc che, dopo le esperienze non esaltanti con Capitol e Warner Bros, gli porta in dono una dimensione più adeguata, senza l’assillo degli esiti commerciali, per scavare ancora più in profondità nella tradizione musicale americana alle origini del suono delle comunità religiose di colore: Gospel, Funk, Soul e R’n’B. Eli “Paperboy” Reed è l’ultimo tra gli eroi romantici in missione per conto di Dio! Consigliato vivamente anche ai mangiapreti più incalliti!




7. Night Beats - Who Sold My Generation (Heavenly)

La foto di copertina fa pensare ai Ramones nel 1976 sulla macchina più sgangherata del Lower East Side subito dopo il celebre scatto di Roberta Bayley. La suggestione che ho scelto porta guai, mi rendo conto. I Night Beats sono solo in tre, provengono dal Texas, risiedono a Seattle e non suonano Punk! L’attitudine comunque è quella. Outsiders duri e puri che sembrano provenire da quell’epoca lontana. Rispetto ai due dischi precedenti Soul e Surf entrano più decisamente nelle composizioni, senza tuttavia snaturare l’essenza puramente psichedelica che sottintende il loro progetto musicale. Uno dei migliori dischi Garage dell’anno in cui volgere lo sguardo al passato e frequentarlo senza riserve è essenziale per andare oltre.

8. YAK - Alas Salvation (Octopus Electrical)

I londinesi YAK sono: Oli Burslem, frontman carismatico e belloccio (una certa somiglianza con il Mick Jagger di un secolo fa), Andy Jones e Elliot Rawson. Grazie all’Ep No del 2015 realizzato con la Third Man Records di Jack White e ad una intensissima attività live, hanno bruciato le tappe fino ad  aprire i concerti per band affermate come Peace e Last Shadow Puppets. Quando parte Victorious (National Anthem) difficile non saltare sulla sedia: chitarre grattuggiate, canto sguaiato, sezione ritmica da manicomio criminale, un anthem di straordinaria potenza. Hungry Heart è ancora più urticante, immaginatevi il Johnny Rotten più declamatorio istigato dal fuzz dei Mudhoney e più o meno ci siete… Insomma, debutto sulla lunga distanza memorabile!

9. Marta Ren & The Groovelvets - Stop Look Listen (Record Kicks)
 
La portoghese Marta Ren non è una debuttante assoluta: due dischi all’attivo (con la band The Bombazines) e gli anni passati sui palcoscenici dei festival più importanti del suo paese hanno contribuito a farne una stella del Soul lusitano. Il botto tuttavia lo farà con i Groovelvets in seguito all’uscita nel 2013 di 2 Kinds Of Men, stilosissimo singolo Northern Soul rilanciato da personaggi come Craig Charles della BBC e Andy Smith dei Portishead. Ora, con lo scintillante Stop Look Listen, la consacrazione internazionale. 




10. TUNS – TUNS (Royal Mountain)
 
Se pensate che i Beatles siano stati i più grandi geni della storia del Rock, i R.E.M. la migliore band americana degli ’80 e gli XTC quella inglese, i TUNS sono il vostro gruppo preferito del 2016. Anzi il supergruppo preferito perché Mike O’Neil, Chris Murphy e Matt Murphy hanno alle spalle una lunga militanza in alcune tra le Indie band più conosciute del Canada, rispettivamente, Inbreds, Sloan e Super Fiendz. Tutte provenienti dalla scena underground di Halifax della prima metà degli anni ’90. La formazione è il più classico dei Power Trio, chitarra (Matt), basso (Mike), batteria (Chris): l’ABC del Rock’n’Roll.


Porter Stout, mercoledì 28/12/2016 

2 commenti:

giuseppe ha detto...

VERAMENTE UNO PEGGIO DELLìALTRO - TUTTO BRUTTISSIMO E INASCOLTABILE

Blackswan ha detto...

@ Giuseppe: cambia sito, ti conviene. Il mondo del web è zeppo di gente che scrive di cagate. Ti troverai a tuo agio.